Insider trading, no a retroattività sanzioni amministrative se più afflittive
La Cassazione, sentenza 21700/2019, ha parzialmente accolto il ricorso di Ettore Lonati, sanzionato nel marzo 2007 dalla Consob per insider trading per aver rastrellato (tramite la Banca Popolare di Milano) 320mila azione C.M.I. (Cantieri Metallurgici Italiani) dopo aver ricevuto informazioni privilegiate da Emilio Gnutti consistenti nella imminente cessione della società del gruppo Falck prima alla I.I.L. (Investimenti Immobiliari Lombardi) e poi alla Hopa di cui Gnutti era indirettamente proprietario (tramite la GP Finanziaria). In particolare, la Seconda Sezione civile, Relatore Varrone, ha accolto il ricorso annullando la confisca per equivalente di beni del ricorrente fino alla concorrenza di due terzi della somma di 3mln corrispondente al valore delle azioni CMI di proprietà di Tiberio e Fausto Lonati, mentre ha mantenuto ferma la confisca di un terzo delle azioni di sua proprietà (confisca diretta). A Lonati era poi stata applicata anche la sanzione amministrativa di 1,5 mln di euro nonché l'interdizione per 6 mesi dagli incarichi direttivi. La decisione arriva a valle della sentenza n. 223 del 2018 della Consulta che ha ritenuto illegittima la legge 62/2005 laddove si stabilisce che la confisca per equivalente (art. 187-sexies del Tuf) si applica (quando il procedimento penale non sia stato definito) anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge, quando il complessivo trattamento sanzionatorio conseguente all'intervento di depenalizzazione risulti in concreto più sfavorevole di quello applicabile in base alla disciplina previgente.
«L'impatto della sanzione amministrativa sui diritti fondamentali della persona – scrive la Cassazione - non può essere sottovalutato: ed è, anzi, andato crescendo nella legislazione più recente». «Apparati sanzionatori come quello relativo all'abuso di informazioni privilegiate - prosegue la Corte -, rappresentano un esempio paradigmatico dell'elevatissima carica afflittiva di talune sanzioni amministrative». Oltre alle ingenti somme previste come sanzione pecuniaria (oggi fino a 5 milioni di euro), infatti, si deve tener conto anche delle sanzioni di carattere interdittivo previste dall'art. 187-quater del Dlgs n. 58 del 1998, che «limitano fortemente le opzioni professionali e, dunque, il diritto al lavoro - dei soggetti colpiti dalla sanzione; e sono destinate a essere applicate congiuntamente alla confisca, diretta e per equivalente del prodotto e del profitto dell'illecito». «Tutte queste sanzioni - continua la sentenza - sono oggi destinate, almeno di regola, a essere pubblicate - "senza ritardo e per estratto" - nei siti internet della Banca d'Italia o della Consob, con conseguente, e tutt'altro che trascurabile, effetto stigmatizzante a carico dei soggetti che ne sono colpiti». Con l'ulteriore peculiarità che nessuna di queste sanzioni può essere condizionalmente sospesa, a differenza di quanto accade per le pene. Senza considerare che «in ogni caso, avrebbe dovuto essere applicato ratione temporis l'indulto previsto dalla legge 31 luglio 2006, n. 241 (Concessone di indulto)».
Corte di cassazione - Sentenza 26 agosto 2019 n. 21700