Penale

Verdetto Sea cambiato, annullata la condanna del giudice del Tar

Per la Cassazione, decisione 31271 di oggi, il fatto non sussiste perché il Tar non aveva giurisdizione in merito e l'aggiunta non poteva in alcun modo ledere la fede pubblica<br/>

di Francesco Machina Grifeo

Colpo di scena nella vicenda che nella primavera del 2016 aveva portato alla condanna a due anni di reclusione per falso ideologico di Adriano Leo. L'ex presidente della Terza sezione del Tar Lombardia era accusato di aver depositato un dispositivo falso, perché diverso da quelle deciso collegialmente, con la finalità di favorire il comune di Milano nel procedimento avviato dal Governo per il recupero di circa mezzo miliardo di euro versato da SEA s.p.a., società partecipata dal comune, a SEA Handling s.p.a, somma qualificata dalla Comunità Europea (con decisione C.E. 19.12.12.) "aiuto di stato".

In particolare, il dispositivo della ordinanza (n. 553 del 2013) stabiliva la sospensione della decisione della Commissione e del recupero delle somme. Il Collegio, invece, si era espresso a maggioranza concordando a favore della sola sospensione degli atti interni di esecuzione della decisione europea.

Per la Cassazione, decisione 31271 de l 9 novembre , però il fatto non sussiste perché il Tar non aveva giurisdizione in merito dunque l'aggiunta non poteva in alcun modo ledere la fede pubblica.

Del resto, argomenta la Corte, la motivazione (non il dispositivo) era del tutto coerente con la decisione presa dall'organo collegiale. Il tema della sospensione del recupero dei fondi, infatti, era rimasto fuori investendo una "questione irriducibilmente estranea al procedimento cautelare davanti al giudice amministrativo", che "pacificamente" è sfornito di giurisdizione in ordine ai ricorsi volti ad annullare deliberazioni degli organo dell'Ue (potere attribuito al Tue).

"Una simile aggiunta - prosegue il ragionamento -, qualunque sia la causa ultima della sua comparsa nella redazione dell'atto, non integra l'elemento oggettivo del delitto di falso ideologico, essendo del tutto inidonea a vulnerare la fede pubblica, vale a dire l'affidamento dei terzi in ordine alla corrispondenza tra il contenuto dell'ordinanza e la decisione sulla lite cautelare assunta dall'organo collegiale".

Ciò, prosegue la decisione, "per la fondamentale ragione che, dovendo il provvedimento cautelare di cui si discute rapportarsi alla prospettazione della domanda cautelare del comune di Milano, limitata, ai soli provvedimenti della Pcdm, nessuna falsa rappresentazione della realtà risulta configurabile, in quanto l'ordinanza conclude esattamente per l'accoglimento, consacrato nel dispositivo, della suddetta istanza cautelare volta alla sospensione degli atti del procedimento amministrativo interno, sulla base della duplice valutazione positiva del fumus boni iuris e del periculum in mora svolta in motivazione, in assoluta coerenza, dunque, con la decisione assunta in camera di consiglio, che delimitava a tali atti l'effetto della tutela cautelare accordata".

La necessità di procedere ad una lettura non frazionata, ma unitaria ed inscindibile della parte motivazionale e della parte dispositiva dell'ordinanza cautelare, "in modo che il significato della seconda sia chiarito dalla motivazione del provvedimento giurisdizionale, di cui , rappresenta il necessario precipitato, in relazione al contenuto specifico della domanda cautelare proposta, appare l'unica strada percorribile", difettando nel codice del processo amministrativo disposizioni che sul modello del codice di procedura penale attribuiscano autonoma rilevanza al dispositivo, "nella sua dimensione di elemento concorrente con altri alla formazione di singoli atti del processo penale".

In questa prospettiva, conclude la sentenza, il riferimento alla sospensione del provvedimento della Commissione Europea "si pone del tutto al di fuori della struttura e della finalità dell'ordinanza cautelare di cui si discute, rappresentando un elemento spurio, privo di qualsiasi logica processuale, dotato, nell'economia dell'atto, di una irrilevanza talmente radicale da renderlo non tanto un falso innocuo, quanto, piuttosto, tamquam non esset , in quanto tale inidoneo a ledere la fede pubblica". Ragion per cui la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio.

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