Penale

Carceri, task force Cnf e Ordini per emergenza sovraffollamento

Individuate 15 linee guida per una azione capillare sul territorio

Il Consiglio Nazionale Forense rilancia l’azione dell’avvocatura nel sistema penitenziario, con l’obiettivo di trasformare chi ha violato la legge in una risorsa per la comunità. Ieri, nella sede del CNF, si è tenuto un iniziale incontro operativo, promosso dalla Commissione per le persone private della libertà personale, con i referenti Carceri degli Ordini degli Avvocati per dare vita a una Rete nazionale capace di affrontare in modo sistemico le criticità dell’esecuzione penale. Rafforzare la presenza dell’Avvocatura in tutte le fasi, dal procedimento davanti al Tribunale di Sorveglianza fino ai tavoli regionali per la sanità penitenziaria, è il traguardo indicato: un presidio giuridico e civile per garantire diritti, legalità e dignità anche oltre le mura del carcere.

“L’avvocatura istituzionale - ha esordito il presidente del Cnf, Francesco Greco - deve dare risposte concrete per contribuire a risolvere un’emergenza insostenibile: dal sovraffollamento con oltre 10 mila detenuti in più rispetto alla capienza massima delle carceri italiane e un trend costante di suicidi inammissibile, già 37 dall’inizio dell’anno. Tutti gli avvocati devono essere in prima linea per garantire tutela della salute, socialità, trattamento ed affettività in carcere. Umanizzare la pena, difendere le garanzie, ricostruire il senso della giustizia: è questa la strada obbligata per uno Stato di diritto”.

Al centro del confronto, le 15 linee guida individuate che saranno presto diffuse a tutti gli Ordini forensi per armonizzare l’azione degli avvocati nei territori. Tra le priorità: monitoraggio costante delle condizioni detentive e sanitarie, protocolli per la prevenzione dei suicidi, uniformità nei colloqui difensore-detenuto, diritto all’affettività, inclusione sociale, e rafforzamento delle misure alternative.

“Lo Stato non può chiedere legalità se è il primo a violarla, come avviene oggi nelle carceri sovraffollate e inadeguate”, ha denunciato Francesca Palma, coordinatrice della Commissione CNF per le persone private della libertà personale, spiegando che “le pene, per Costituzione, non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Nel frattempo sono già 100 gli Ordini che hanno nominato referenti per le carceri e 24 quelli dotati di una commissione dedicata. Il Cnf punta ora ad estendere questo modello, con commissioni autonome ma coordinate, capaci di rispondere alle specificità locali adottando le linee guida nazionali.

Un’attenzione particolare è stata riservata al ruolo dell’avvocatura nei tavoli regionali per la sanità penitenziaria – come già accade in Veneto e Umbria – e alla necessità di istituire Osservatori distrettuali presso i Tribunali di Sorveglianza, per velocizzare l’esame delle istanze e rafforzare il diritto di difesa. Tra le proposte operative: convenzioni con imprese per l’inserimento lavorativo, sportelli per i diritti (dall’anagrafe all’INPS), percorsi di reinserimento anche attraverso borse-lavoro. Strumenti concreti per restituire dignità e opportunità a chi ha già pagato con la privazione della libertà.

Presente ai lavori anche Leonardo Arnau, componente della Commissione CNF, che ha tracciato un bilancio: “L’80% dei detenuti proviene da situazioni di grave marginalità: servirebbero politiche sociali, non solo penali. Ma c’è anche un dato che dà speranza: il 98,92% di chi ha avuto accesso a misure alternative ha rispettato le regole”.

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