Amministrativo

Consiglio Stato: Covid, è legittimo l'obbligo vaccinale per i sanitari

La III Sezione ha definitivamente escluso che i vaccini siano sperimentali, non abbiano efficacia o siano non sicuri

di Francesco Machina Grifeo

È legittimo l'obbligo vaccinale contro il virus Sars- CoV-2 per il personale sanitario, così come previsto dall'articolo 4, del Dl n. 44 del 2021. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7045 del 20 ottobre 2021 (Pres. Frattini, Est. Noccelli). Respinto dunque il ricorso di alcuni "esercenti professioni sanitarie" ed "operatori di interesse sanitario" della Regione a Friuli Venezia Giulia, non ancora sottoposti alla vaccinazione obbligatoria.

Ricordiamo che l'articolo 4, nel comma 1, dispone che, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, «al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza», gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2.

La III Sezione del Cds, in primis, ricorda che le conseguenze dell'inadempimento ingiustificato all'obbligo vaccinale sono gravi perché, come prevede espressamente l'articolo 4, comma 6, Dl n. 44 del 2021, decorsi i termini per l'attestazione, l'Asl accerta l'inosservanza e ne dà immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale di appartenenza. L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'Asl determina "la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2".

Ciò premesso, la Sezione ha escluso che i vaccini contro il Sars-Cov-2 siano "sperimentali" o non abbiano efficacia o, ancora, non siano sicuri, in quanto approvati senza un rigoroso processo di valutazione scientifica e di sperimentazione clinica che ne abbia preceduto l'ammissione. Così non è perché la CMA è una procedura in cui la maggiore rapidità e la parziale sovrapposizione delle fasi di sperimentazione – nel gergo medico: fast track/partial overlap – consentono di acquisire dati sufficientemente attendibili in ordine all'efficacia e alla sicurezza dei farmaci. E lo dimostra proprio l'ampio ricorso a questa stessa procedura – ben 30 volte – nel decennio tra il 2006 e il 2016 con apprezzabili risultati.

La circostanza che i dati acquisiti nella fase di sperimentazione siano parziali e provvisori, prosegue il ragionamento, nulla toglie al rigore scientifico e all'attendibilità delle sperimentazioni che hanno preceduto l'autorizzazione, pur naturalmente bisognose, poi, di conferma mediante i cosiddetti «comprehensive data post-authorisation».

Ad avviso della Sezione, dunque, sulla base non solo degli studi – trials – condotti in fase di sperimentazione, ma anche dell'evidenza dei dati ormai imponenti acquisiti, la profilassi vaccinale è efficace nell'evitare non solo la malattia, per lo più totalmente o, comunque, nelle sue forme più gravi, ma anche il contagio.

Sempre nei limiti del sindacato consentito sull'attendibilità razionale degli studi e dei dati acquisiti, il Collegio di Palazzo Spada infatti afferma, quanto al dubbio in ordine alla capacità di evitare i contagi, che la posizione della comunità scientifica internazionale è nel senso che la fase di eliminazione virale nasofaringea, nel gruppo dei vaccinati, è tanto breve da apparire quasi impercettibile, con sostanziale esclusione di qualsivoglia patogenicità nei vaccinati.

In punto di sicurezza, osserva la Corte: il vaccino, come tutti i farmaci, non può essere considerato del tutto esente da rischi. Da un punto di vista strettamente giuridico, tuttavia, in fase emergenziale, di fronte al bisogno pressante, drammatico, indifferibile di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione opera in modo inverso rispetto all'ordinario e, per così dire, controintuitivo, perché richiede al decisore pubblico di consentire o, addirittura, imporre l'utilizzo di terapie che, pur sulla base di dati non completi, assicurino più benefici che rischi.

E in un ordinamento democratico la legge non è mai diritto dei meno vulnerabili o degli invulnerabili, ma tutela dei più vulnerabili, dovendosi rammentare che la solidarietà è «la base della convivenza sociale normativamente prefigurata dalla Costituzione» (Corte cost., 28 febbraio 1992, n. 75).

E dunque anche il margine di incertezza dovuto al cosiddetto ignoto irriducibile che la legge deve fronteggiare in un'emergenza pandemica, non può giustificare, né sul piano scientifico né sul piano giuridico, il fenomeno della esitazione vaccinale.

Nel bilanciamento tra i due valori, quello dell'autodeterminazione individuale e quello della tutela della salute pubblica, compiuto dal legislatore con la previsione dell'obbligo vaccinale nei confronti del solo personale sanitario, non vi è dunque legittimo spazio né diritto di cittadinanza in questa fase di emergenza contro il virus Sars-CoV-2 per la c.d. esitazione vaccinale.

E ancora: l'obbligatorietà della vaccinazione è una questione più generale che investe lo stesso rapporto tra la scienza e il diritto e ancora più al fondo il rapporto tra la conoscenza – e, dunque, l'informazione e il suo contrario, la disinformazione – e la democrazia.

Del resto, conclude la deicisione, in un ordinamento democratico, come ha rilevato anche di recente la Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018 sulle vaccinazioni obbligatorie (re)introdotte dal Dl n. 73 del 2017, rientra nella discrezionalità del legislatore prevedere la raccomandazione dei vaccini o l'obbligatorietà di questi e la scelta tra la tecnica della persuasione e, invece, quella dell'obbligo dipende dal grado di efficacia persuasiva con il quale il legislatore, sulla base delle acquisizioni scientifiche più avanzate ed attendibili, riesce a sensibilizzare i cittadini in ordine alla necessità di vaccinarsi per il bene proprio e, insieme, dell'intera società.

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