Amministrativo

Legittima l'esclusione del candidato tatuato dal concorso delle Forze armate

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 2615/2015, coglie l'occasione per fare una ricostruzione della normativa

di Camilla Insardà

La sentenza dell'8 aprile 2022 n. 2615 del Consiglio di Stato consente di riflettere sul rapporto esistente fra i tatuaggi e le Forze Armate e sul procedimento di verificazione.
Secondo una definizione comune, il tatuaggio è una tecnica di decorazione del corpo permanente o semi-permanente. Dovendo considerare la diffusa moda dei piercing e dei tatuaggi, lo Stato Maggiore dell'Esercito ha dettato una specifica disciplina, oggi contenuta nella "Direttiva sulla regolamentazione dell'applicazione di tatuaggi da parte del personale militare" del 2012. Obiettivi principali della normativa sono quelli di prevenire situazioni che possano compromettere il decoro dell'uniforme o causare pericoli per l'incolumità dei militari nello svolgimento di determinate operazioni richiedenti l'assoluta tutela della loro identità.

Il ruolo della divisa
Il primo aspetto viene subito spiegato dal paragrafo di apertura, che ricorda come la divisa sia l'emblema dell'uguaglianza e simbolo dei valori fondamentali dell'ordinamento e pertanto richiede la massima cura – anche esteriore – della persona. La varietà dei contesti in cui i militari possono intervenire, inoltre, obbliga a prendere in considerazione l'eventuale senso di diffidenza/discredito che la presenza di un tatuaggio può suscitare in culture diverse da quella italiana.
Il secondo aspetto, invece, è stato più volte messo in luce dalla giurisprudenza e dalla stessa sentenza 2615/2022 nel momento in cui viene affermato che il tatuaggio costituisce un potenziale segno di riconoscimento, in grado di esporre il militare ai rischi operativi legati al suo ruolo.
Il paragrafo successivo contiene un elenco delle divise a disposizione dell'esercito che devono costituire parametro di riferimento della regolamentazione in esame.

Tatuaggio possibile se "coperto"
Ai fini dell'arruolamento, la direttiva non prevede un divieto assoluto di applicazione del tatuaggio. Per costante giurisprudenza, la sua presenza sul corpo del candidato non è considerata condizione ostativa, trattandosi di un elemento "di per sé neutro". Tuttavia, come affermato in numerose pronunce (ad es. Tar Lazio – Roma nn. 9938/2012 e 13315/2019), esso assume rilevanza se visibile con l'uniforme o se deturpante o indice di personalità abnorme. Ciò si ricollega a quanto previsto dal paragrafo 3 della direttiva che vieta l'applicazione di tatuaggi che siano visibili con le uniformi elencate e a prescindere dalla loro visibilità quelli osceni, con allusioni sessuali, razziste o discriminatorie o che possano arrecare discredito alle istituzioni e alle stesse Forze Armate.
La visibilità del tatuaggio con gli indumenti d'ordinanza costituisce, anche per la consolidata giurisprudenza, sufficiente ragione di esclusione dai concorsi nell'esercito. A tal proposito, la direttiva dello Stato Maggiore prevede una dettagliata attività di controllo, imponendo in primo luogo a tutto il personale l'obbligo di sottoscrivere una dichiarazione sulla presenza o meno di tatuaggi, eventualmente integrata da una descrizione. Le procedure selettive sono affidate alla commissione medica, che dovrà verificare il possesso dei requisiti psicofisici e in caso riscontri un tatuaggio, la sua corrispondenza alle caratteristiche indicate nel regolamento. Il parere positivo o negativo reso all'esito degli accertamenti ha natura meramente tecnica e non valutativa, poiché, come ammesso dal Consiglio di Stato, la Pubblica Amministrazione non ha in questi casi alcuna discrezionalità, dovendosi limitare a prendere atto di quanto rilevato in tal sede.
La verificazione, nell'ambito del processo amministrativo, può essere assimilata alla consulenza tecnica d'ufficio del procedimento civile e penale. Secondo la definizione normalmente proposta dalla giurisprudenza, essa è un mezzo probatorio che richiede l'intervento di un sapere tecnico-scientifico per la soluzione di questioni complesse, dunque, con funzione consultiva/ausiliaria per l'organo giudicante che la predispone.

Possesso dei requisti al momento del concorso
Nel caso di specie, la II Sezione si è interrogata sull'effettiva visibilità di un tatuaggio sulla gamba dell'appellante con indumenti sportivi e sulla natura tecnica o valutativa del giudizio reso dalla Commissione esaminatrice del Comando dell'Arma dei Carabinieri, che per tale ragione lo aveva dichiarato inidoneo. Partendo dal presupposto che gli abiti seguono naturalmente i movimenti del corpo e che le modalità di svolgimento delle prove sono rimesse – queste sì – alla discrezionalità amministrativa, il Consiglio di Stato ha rammentato che lo scopo delle verifiche della commissione è l'accertamento dell'oggettiva visibilità del tatuaggio, a prescindere dalla sua removibilità, dovendo il candidato essere in possesso di tutti i requisiti sin dal momento del concorso.
Quest'ultimo aspetto trova una inequivocabile conferma nella Direttiva del 2012, che rinvia all'articolo 638 del Codice dell'Ordinamento Militare. La norma stabilisce che il candidato deve possedere i requisiti generali e speciali "dalla data indicata nel bando e sino a quella dell'effettiva incorporazione".
Alla luce di quanto descritto, non stupisce che la II Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza dell'8 aprile 2022 n. 2615, abbia concluso per l'infondatezza dell'appello. La decisione si inserisce perfettamente nel panorama normativo e giurisprudenziale precedente, confermando la legittimità di un provvedimento di esclusione del candidato tatuato da un concorso nelle Forze Armate, già dichiarata in primo grado.

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