Lavoro

Delega gestoria e di funzioni: i confini tracciati dalla Cassazione

La Corte chiarisce caratteristiche e differenze dei due affidamenti

di Sandro Guerra

Con la sentenza 8476, depositata il 27 febbraio 2023, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha tracciato i confini tra l’istituto della delega gestoria, disciplinato dall’articolo 2381 cod. civ. e attinente «alla ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità nelle organizzazioni complesse», e quello della delega di funzioni, contemplato dall’articolo 16 del DLgs 9 aprile 2008, n. 81 (Testo unico in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro), con il quale il datore di lavoro «trasferisce i poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto».

La Corte, preso atto di una «confusione di piani che invece vanno tenuto distinti», ha precisato che nelle società di capitali la cui governance sia affidata ad un consiglio di amministrazione tutti i suoi componenti – in assenza di specifiche deleghe di gestione – sono investiti degli obblighi inerenti la prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro (Cassazione, sezione quarta penale, 20 febbraio 2017, n. 8118; sezione quarta penale, 9 dicembre 2013, n. 49402).

Su questo versante si muove l’articolo 2381, comma 2, del Codice civile, quando consente che l’organo amministrativo deleghi le proprie attribuzioni o alcune di esse ad uno o più componenti o a un comitato esecutivo (il board), ammettendo l’attribuzione ad uno specifico soggetto di poteri relativi agli obblighi prevenzionistici e delle responsabilità del datore di lavoro (Cassazione, sezione quarta penale, 19 gennaio 2022, n. 2157).

La delega di funzioni prevista dall’articolo 16 del Dlgs 81/2008 opera su tutt’altro piano. Essa è lo strumento attraverso il quale il datore di lavoro «trasferisce i poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad un altro soggetto: questi diventa garante a titolo derivativo, con conseguente riduzione e mutazione dei doveri facenti capo al soggetto delegante» ed è la norma del testo unico a prescriverne i requisiti.

La delega, anzitutto, deve risultare da atto scritto con data certa; deve essere conferita a soggetto in possesso di idonei requisiti di professionalità ed esperienza; deve attribuire al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, nonché l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento di queste ultime; deve essere accettata per iscritto dal delegato (articolo 16, comma 1).

Per essere operativa, deve inoltre essere resa conoscibile mediante adeguata e tempestiva pubblicità (articolo 16, comma 2). Permane sempre in capo al delegante, in ogni caso, il c.d. dovere di “alta vigilanza”, cioè l’obbligo di sorveglianza in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite, obbligo che si intende assolto in caso di adozione ed attuazione efficace del modello di verifica e controllo previsto dall’articolo 30, comma 4, Dlgs 81/2008 (articolo 16, comma 3).

Ove validamente conferita, la delega di funzioni – come chiarito dalle sezioni unite penali della Corte di Cassazione, nella sentenza ThyssenKrupp (38343 del 18 settembre 2014) – «opera una traslazione dal delegante al delegato di poteri che sono propri del delegante medesimo», determinando «la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità».

Il datore di lavoro potrà essere chiamato a rispondere degli eventi illeciti in caso di culpa in eligendo o di culpa in vigilando che abbia avuto un ruolo eziologico rispetto agli accadimenti, con la precisazione che il predetto obbligo di alta vigilanza deve riguardare non il merito delle singole scelte, ma il complessivo adempimento del debito di protezione e controllo affidato al delegato (Cassazione, sezione quarta penale, 19 marzo 2012, n. 10702; sezione quarta penale, 31 maggio 2016, n. 22837).

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