Professione e Mercato

Avvocati, per la pensione di vecchiaia conta la contribuzione effettiva sui redditi rivalutati

Lo ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza n. 29042 depositata oggi, accogliendo parzialmente il ricorso di Cassa forense

di Francesco Machina Grifeo

Per le pensioni di vecchiaia degli avvocati maturate dopo il gennaio 1982, i redditi vanno rivalutati applicando l’indice Istat dal 1980, partendo dal coefficiente di svalutazione 1979–80. Inoltre, il reddito da considerare è soltanto quello effettivamente coperto da contribuzione e se non è stato adeguatamente rivalutato, anche la pensione di vecchiaia ne dovrà risentire. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 29042 depositata oggi, accogliendo parzialmente il ricorso della Cassa di previdenza forense contro la sentenza della Corte di appello di Milano che aveva dato ragione a un gruppo di avvocati.

Per la Corte di merito i redditi pensionabili degli avvocati dovevano essere rivalutati a partire dal 1980, sulla base della svalutazione del 21,10 per il periodo 1979/1980, del 18,70 per il periodo 1980/1981, del 16,30 per il periodo 1981/1982 e del 15,00 per il periodo 1982/1983, secondo i successivi indici Istat, fino al momento della liquidazione. Per l’Istituto di previdenza, però, la Corte territoriale non ha tenuto conto che il trattamento previdenziale va determinato nei limiti dei redditi corrispondenti alla contribuzione effettivamente versata, adducendo un’omissione contributiva.

La Suprema corte ha accolto il motivo affermando che “non è condivisibile l’idea per cui la rivalutazione sia una componente per così dire neutra, ovvero irrilevante ai fini della modulazione dell’obbligazione contributiva”. “Essa - prosegue -, al contrario, è parte integrante del reddito, del quale condivide la stessa natura, con la conseguenza che, ai fini dell’obbligo contributivo, come ai fini del calcolo della prestazione secondo il metodo retributivo, è determinante non il reddito dichiarato, ma il reddito dichiarato ai fini Irpef rivalutato”. Dunque, essendo stati versati contributi inferiori a quelli dovuti (18,7%, anziché 21,1%), si deve concludere per l’esistenza di una violazione dell’obbligazione contributiva.

Il reddito da considerare ai fini del calcolo della pensione, e dichiarato ai fini Irpef, infatti, prosegue la decisione, è solo quello su cui si sono versati “effettivamente” i contributi. Non si rinnega così il metodo di calcolo retributivo, poiché la pensione si calcola pur sempre prendendo a base la media dei miglior redditi, ma con il limite per cui - non vigendo il principio dell’automatismo della prestazione pensionistica - la misura del reddito denunciato ai fini Irpef è da rapportare ai contributi effettivamente versati. Se, come nel caso di specie, sono stati versati contributi in misura parziale in ragione di una minore percentuale di rivalutazione del reddito, allora tale minore percentuale è quella da considerare ai fini pensionistici.

Né, così facendo, viene meno il principio di solidarietà che connota la previdenza forense. La pensione, infatti, continua a essere rapportata non in via sinallagmatica alla contribuzione, essendo modulata su un parametro indipendente, quale il reddito. Né infine il fatto che la Cassa abbia lasciato prescrivere il proprio credito contributivo, dà diritto alla prestazione pensionistica maggiorata.

In definitiva per la Suprema corte vanno affermati i seguenti principi di diritto: “In tema di previdenza forense, l’entità dei redditi da assumere per il calcolo della media di riferimento, ai fini delle pensioni di vecchiaia maturate dal 1° gennaio 1982, va rivalutata a partire dall’anno di entrata in vigore della legge n. 576 del 1980, ai sensi dell’art. 27, comma 4, della stessa legge, e, quindi, dal 1980, applicando l’indice medio annuo ISTAT dell’anno 1980, relativo alla svalutazione intercorsa tra il 1979 e il 1980”;

“In tema di previdenza forense, i redditi da prendere a riferimento per il calcolo della pensione di vecchiaia, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 576 del 1980, sono quelli coperti da contribuzione effettivamente versata sicché, in caso di applicazione su tali redditi di un coefficiente di rivalutazione Istat inferiore a quello dovuto, con corrispondente minore contribuzione versata ai sensi degli artt. 10 e 18, comma 4, della stessa legge, la pensione di vecchiaia va determinata prendendo a riferimento i redditi rivalutati secondo il minor coefficiente applicato, anziché secondo quello maggiore dovuto”.

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