Professione e Mercato

Avvocati, redditi fermi e preoccupazione per l’uso dell’I.A.

La fotografia viene fuori dal X Rapporto sulle libere professioni in Italia. La crescita nominale dei redditi erosa dall’inflazione

Avvocati e notai si confermano tra le categorie più stabili per numero di iscritti ma anche tra quelle che, più di altre, faticano a recuperare potere d’acquisto e guardano con maggiore inquietudine all’impatto dell’intelligenza artificiale. È il quadro che emerge dal X Rapporto sulle libere professioni in Italia appena pubblicato, che analizza nel dettaglio l’evoluzione dei redditi, le dinamiche anagrafiche e l’adozione tecnologica. Il dossier è realizzato sulla base dei dati della rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat dall’Osservatorio di Confprofessioni, di cui è responsabile scientifico il professor Tommaso Nannicini, ed è stato presentato questa mattina, a palazzo Altemps, a Roma, in un convegno promosso dalla stessa Confederazione presieduta da Marco Natali.

Più in generale nel nostro Paese gli occupati indipendenti superano i 5 milioni, dei quali oltre 1,378 sono liberi professionisti, una componente che, in questo scenario, mostra “una tenuta migliore, rispetto alle altre categorie, con una crescita complessiva dell’8% nel decennio 2014- 2024 (+97.000 unità)”, mentre “nello stesso periodo, gli autonomi registrano una contrazione marcata (-16%, pari a -521.000) e gli altri lavoratori indipendenti subiscono una riduzione ancora più accentuata (-26%, -192.000)”. Invece, gli imprenditori della Penisola “risultano l’unica componente in forte espansione, con un aumento”, nel medesimo decennio, del 90% (+194.000).

La distribuzione settoriale, si sottolinea, “mostra che le attività professionali, scientifiche e tecniche e l’area sanitaria e dell’assistenza sociale restano le aree prevalenti, con rispettivamente il 48,3% e il 17,6% dei professionisti, ma subiscono un ridimensionamento nell’ultimo quinquennio (-7,7% e -5,4%)”, invece salgono “comparti più legati alla trasformazione economica recente: i professionisti nelle costruzioni aumentano del 54,4% dal 2019, quelli nelle attività artistiche e culturali del 21,1%”. Stando al dossier, poi, c’è una “netta prevalenza delle professioni intellettuali, scientifiche e ad alta specializzazione, che nel 2024 rappresentano il 56,7% del totale, con un peso maggiore per quelle delle scienze umane, sociali, artistiche e gestionali (30,5%) seguite da ingegneri e architetti (12,5%) e dagli specialisti della salute (8,0%)”. E cresce la ’quota rosa’, giacché “tra il 2014 e il 2024, le professioniste aumentano da 425.000 a 510.000 unità (+19,9%), portando la percentuale dal 33,2% al 37,0%”.

Tornando alle professioni legali, il Rapporto evidenzia una dinamica reddituale moderata: il reddito medio dichiarato alla Cassa Forense passa da 40.180 euro nel 2020 a 46.950 nel 2024, con un incremento nominale del 16,8%. Ma una volta considerato l’effetto dell’inflazione, il risultato cambia radicalmente: in termini reali, infatti, il reddito 2024 vale praticamente quanto quello di quattro anni prima (–0,3%). La categoria rientra infatti tra quelle che, nel complesso, negli ultimi anni hanno visto erodersi il potere d’acquisto insieme a medici, biologi, chimici e giornalisti.

Non meno significativo è il divario di genere: gli avvocati mostrano una delle distanze più ampie dell’intero mondo professionale, con un gap di oltre 31 mila euro tra redditi maschili e femminili.

Anche per i notai i redditi più alti risultano concentrati nelle fasce più mature, con una forte eterogeneità interna e sensibilità crescente agli shock economici, soprattutto tra gli over 65.

Sul fronte numerico, gli avvocati restano una delle comunità più estese d’Italia con 245.359 iscritti all’Ordine e 233.260 alla Cassa nel 2024, mentre i notai mantengono una consistenza stabile attorno alle 5 mila unità. Il Rapporto sottolinea come in entrambe le categorie il ricambio generazionale proceda lentamente.

Sul fronte dell’IA, avvocati e notai la utilizzano soprattutto come supporto cognitivo: 67,8% la usa per la ricerca normativa e giurisprudenziale; 50,4% per la redazione o revisione di atti e documenti.

La quota di professionisti che esprime preoccupazione per l’impatto dell’IA è la più alta in assoluto, raggiungendo il 43,4%, un valore superiore a quello di tutte le altre categorie analizzate.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©