Barbera: “Su fine vita interverrà la Corte costituzionale”
Così il Presidente della Consulta a fronte dell’inerzia del Parlamento e di una nuova ordinanza di rimessione alla consulta in merito al requisito dell’essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”
Nella Relazione annuale ha auspicato sia “un intervento del legislatore che dia seguito alla sentenza n. 242 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato), sul fine vita”, sia “un intervento che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso”. Rispondendo poi alle domande dei giornalisti, il Presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera ha precisato: “Sul fine vita le regioni vanno moltiplicando iniziative a supplenza del Parlamento il cui intervento non è avvenuto. Non posso anticipare nella maniera più assoluta un giudizio. Ma sottolineo un punto: il fatto che abbiamo coinvolto il Parlamento nella disciplina del fine vita, non è come talvolta si è detto che intendiamo fermarci e dire adesso è compito del Parlamento”.
La questione infatti è tornata di stretta attualità dopo una nuova ordinanza di rinvio firmata dal Gip del Tribunale di Firenze (Agnese De Girolamo) che ha riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale - già modificato dalla sentenza costituzionale 242 del 201 - nella parte in cui richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell’essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale” per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, e 117 della Costituzione.
“Noi chiamiamo il Parlamento – ha proseguito Barbera - a collaborare nella identificazione dei parametri che fanno riferimento a valori e che sono letture non così accertabili con ragionamenti di soli interessi, ma richiedono una lettura che deve essere integrata anche dalla opinione e volontà delle assemblee espressive della volontà popolare...Fermo restando - conclude - che se resterà inerzia la Corte non potrà che intervenire”.
A stretto giro la risposta di Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus: “Su Fine Vita e 'diritti Lgbt' la Corte Costituzionale ha emesso sentenze politiche esautorando il Parlamento e violando la separazione tra poteri dello Stato. Non è affatto vero che su temi come il suicidio assistito o lo status dei bambini nati da utero in affitto la nostra Costituzione imponesse norme diverse da quelle esistenti prima delle forzature ideologiche operate dalla Consulta, né che tali forzature impongano oggi ulteriori interventi legislativi in senso progressista".