Civile

Bocciato il Campidoglio per mancato riconoscimento di un figlio a coppia gay

L'ufficiale di stato civile che riceve una richiesta di annotazione da altro ufficiale dello stato civile non può effettuare una autonoma e diversa valutazione

di Simona Gatti


Il tribunale di Roma boccia il Campidoglio sul mancato riconoscimento di un figlio a una coppia gay. I giudici della prima sezione hanno accolto il ricorso presentato da due donne contro l'ufficio di stato civile della Capitale che si era rifiutato di annotare sull'atto di nascita della minore la dichiarazione di riconoscimento di una delle due.

Al centro della vicenda c'è la storia di una coppia formata da due donne che dopo essere andata in Spagna (Paese dove è consentita la pratica medica anche a coppie dello stesso sesso) per sottoporsi alla procreazione medicalmente assistita eterologa (fecondazione con seme di donatore terzo) aveva il desiderio di avere un figlio e crescerlo come genitori legalmente riconosciuti. In Spagna avevano entrambe espresso il relativo consenso e deciso che alla metodica si sottoponesse una delle due. Dopo la nascita della bimba , avvenuta in Italia, nel nostro paese è stato formato l'atto di nascita con l'indicazione della madre, cioè la donna che l'aveva partorita. Successivamente l'altra ha presentato presso gli uffici dello stato civile del Comune di Cerveteri la dichiarazione prevista dall'articolo 254 del Cc, riconoscendo come propria figlia la neonata, ma la pratica non è stata mai completata perché una volta giunta presso l'ufficio dello Stato civile del Comune di Roma, competente per la relativa annotazione, il riconoscimento è stato rifiutato. L'oggetto della opposizione è dunque il rifiuto dell'ufficiale di stato civile romano di provvedere a indicare sul documento di nascita la dichiarazione di riconoscimento, già iscritta nel registro anagrafico di altro Comune.

Per il collegio , non trattandosi di atto formato all'estero, bensì in Italia, a esso viene applicata la disciplina interna . Pertanto le annotazioni a cura dell'Ufficiale di Stato Civile costituiscono atti aventi natura amministrativa, "che devono certificare situazioni soggettive conseguenti a sopravvenienze o accadimenti giuridicamente rilevanti al fine di provocare un adeguamento nella sfera giuridica soggettiva della persona interessata; stando così le cose, gli adempimenti degli Uffici preposti si traducono in atti dovuti nell'interesse del titolare della posizione soggettiva". Ne consegue –prosegue il Tribunale- che l'ufficiale di stato civile che riceve una richiesta di annotazione da altro ufficiale dello stato civile che abbia iscritto la dichiarazione di riconoscimento non può effettuare una autonoma e diversa valutazione ma deve limitarsi a eseguire l'annotazione dell'atto stesso: non c'è discrezionalità sull'annotazione a margine dell'atto di nascita della dichiarazione di riconoscimento già ricevuta e iscritta nei registri di altro Comune.

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