Società

Davanti a Consob deve essere assicurato il diritto al silenzio

Ma non sono giustificate tattiche dilatorie o ostruzionistiche

immagine non disponibile

di Giovanni Negri

Il diritto al silenzio deve essere garantito anche nei procedimenti davanti a Banca d’Italia e Consob, quando dalle risposte può emergere una forma di responsabilità amministrativa o a maggior ragione penale. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 84, scritta da Francesco Viganò. Di conseguenza è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 187-quinquiesdecies del Testo unico sulla finanza, «nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla Banca d’Italia o alla Consob risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato».

La questione esaminata dalla Consulta nasce dalla vicenda dell’amministratore di una società sottoposto a una pesante sanzione pecuniaria (350.000 euro, oltre alla confisca del capital gain di altri 150.000 euro) per non avere risposto alle domande della Consob su operazioni finanziarie sospette da lui compiute. L'interessato aveva impugnato la sanzione, sostenendo di aver semplicemente esercitato il diritto costituzionale di non rispondere a domande da cui sarebbe potuta emergere la propria responsabilità.

La Corte di giustizia Ue, chiamata in causa dalla medesima Corte costituzionale, ha chiarito, lo scorso 2 febbraio, che il diritto al silenzio è parte integrante dei principi dell'equo processo, così come riconosciuti dalla stessa Carta dei diritti fondamentali Ue. Questo diritto – hanno proseguito i giudici di Lussemburgo – opera anche nell’ambito dei procedimenti amministrativi suscettibili di sfociare nell’applicazione di sanzioni con natura fortemente punitiva, come quelle previste nell’ordinamento italiano per l’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate.

Confortata dal giudizio della corte Ue, la Consulta chiarisce anche la portata del diritto al silenzio, osservando che non può essere condivisa la lettura dell’Avvocatura dello Stato «secondo cui l’operatività di tale garanzia andrebbe riservata al momento della decisione circa la sussistenza dell’illecito, o comunque ad un momento successivo alla contestazione formale di esso». Infatti, «tale garanzia deve potersi necessariamente esplicare anche in una fase antecedente alla instaurazione del procedimento sanzionatorio, e in particolare durante l’attività di vigilanza svolta dall’autorità».

Peraltro, il riconoscimento del diritto al silenzio, precisa ancora la sentenza, non giustifica comportamenti ostruzionistici allo svolgimento dell’attività di vigilanza della Consob, come il rifiuto di presentarsi a un’audizione oppure l’omessa consegna di dati, documenti, registrazioni preesistenti alla richiesta della Commissione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©