Penale

Doppio gratuito patrocinio, il condannato paga allo Stato le spese processuali della parte civile

Il principio della soccombenza non esclude che il condannato al risarcimento difeso gratuitamente paghi i costi del processo alla parte civile costituita, ma se anch’essa è ammessa al gratuito patrocinio il versamento è fatto all’Erario

di Paola Rossi

La Cassazione penale ha ribadito aderendo all’orientamento ritenuto maggioritario che se tanto l’imputato che la parte civile sono stati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, al condannato non può essere imposto di rifondere le spese processuali in favore della parte civile. Ma il creditore di esse va individuato nell’Erario in quanto - in caso contrario - avverrebbe un’illegittima duplicazione in favore della parte civile vittoriosa che già gode del pieno sostegno statale per i costi del processo.

Per tali motivi la Suprema Corte - con la sentenza n. 33136/2025 - ha accolto parzialmente il ricorso della difesa contro la condanna a rifondere direttamente alla parte civile vittoriosa le spese processuali necessarie a far valere le proprie ragioni all’interno nel processo penale.

In effetti, il ricorso per cassazione sosteneva che andava esclusa a priori la possibilità di condanna dell’imputato a pagare le spese processuali alla parte civile per il solo fatto di essere entrambi difesi nel processo a carico dello Stato.

Secondo il ricorso l’unica previsione che consente la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile ammessa al gratuito patrocinio è quella contenuta nel comma 3 dell’articolo 110 del Dpr 115/2002 che indica come creditore appunto lo Stato. Mentre, in caso di doppio gratuito patrocinio - sempre secondo la difesa - la condanna in questione non sarebbe legittima.

La Cassazione quindi accoglie il ricorso nel senso che annulla la parte della condanna dove come creditore è indicata la stessa parte civile che già godeva della difesa gratuita. Ma non annulla la condanna sul presupposto che comunque va applicato il principio della soccombenza come stabilito dalla norma.

L’ammissione dell’imputato al patrocinio a spese dello Stato, del resto, non lo esonera definitivamente dal pagamento delle spese processuali (e non deroga alla responsabilità patrimoniale sancita dall’articolo 2740 del Codice civile), in quanto l’articolo 111 del Dpr 115/2002 prevede il recupero nei confronti dell’imputato delle spese di cui all’articolo 107 dello stesso Dpr, in caso di revoca dell’ammissione al patrocinio.

In conclusione, è legittima la condanna dell’imputato, pur ammesso al gratuito patrocinio, a pagare in favore dello Stato le spese processuali dovute alla parte civile (e, come precisa la Cassazione alla stessa erogate dall’Erario) e costituisce un titolo esecutivo azionabile qualora il beneficio sia revocato, in quanto siano verificate mancanti ab origine le condizioni per l’iniziale ammissione o siano sopravvenute modifiche rilevanti delle condizioni reddituali o se - anche dopo la definizione del processo - le condizioni di indigenza dell’imputato siano superate.

Quindi la Cassazione riafferma che anche in un simile caso di doppio gratuito patrocinio non viene meno l’applicazione del principio della soccombenza di cui all’articolo 541 del Codice procedura penale dove al comma 1 prescrive che “con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale” con la sola eccezione di individuare come creditore direttamente l’Erario.

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