Casi pratici

Il dovere di agire informati degli amministratori privi di delega

La fonte della responsabilità post-riforma del diritto societario

di Alessandro D'Achille, Claudia Genuardi e Caterina Aparo di BLB Studio Legale

LA QUESTIONE
In cosa consiste l'obbligo degli amministratori di agire in modo informato? Siffatto obbligo può estendersi anche agli amministratori privi di deleghe?


Gli ampi poteri gestionali conferiti agli amministratori sono controbilanciati dalla previsione di una responsabilità, di natura contrattuale, che grava su quegli amministratori che essendosi resi inadempienti con rispetto ai loro doveri funzionali, legali o statutari, provochino un danno alla società. È bene sottolineare, sin dal principio, che detta responsabilità si declina in maniera diversa a seconda che il comportamento dannoso sia posto in essere da un amministratore delegato ovvero da un amministratore privo di delega.
La riforma del diritto societario del 2003 ha profondamente innovato l'impianto della responsabilità degli amministratori privi di delega eliminando il riferimento all'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione societaria e sostituendolo con una responsabilità solidale degli amministratori laddove, se venuti a conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società, «non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminare o attenuare le conseguenze dannose». Al contrario, il regime vigente anteriforma definiva una responsabilità per gli amministratori non esecutivi che non vigilavano correttamente sulla gestione societaria. Invero, l'orientamento interpretativo prevalente relativo all'articolo 2392 c.c., stabiliva che l'obbligo di vigilare sulla gestione societaria gravasse su ogni componente del Consiglio di Amministrazione e che, conseguentemente, al fine di andare esente da responsabilità, ogni singolo consigliere doveva attivarsi allo scopo di esercitare un controllo effettivo sull'operato degli altri membri del consiglio. Tale impostazione perciò non prendeva in considerazione l'affidamento di singoli e specifici compiti legati all'amministrazione societaria a solo alcuni degli amministratori al fine di valutarne la responsabilità. A fronte di una tale interpretazione, l'amministratore privo di delega, chiamato a rispondere in qualità di co-obbligato in solido per omessa vigilanza, non avrebbe potuto sottrarsi alla responsabilità adducendo che le operazioni, integranti l'illecito, erano state poste in essere autonomamente da un altro soggetto munito di delega.
A differenza della precedente disciplina, quindi, la legge ad oggi vigente non richiama più, con riferimento agli amministratori, la generica diligenza del mandatario, ossia quella calibrata sulla diligenza dell'uomo medio regolato e coscienzioso, ma prevede che gli amministratori, siano essi delegati o privi di delega, adempiano ai propri doveri derivanti dalla legge ovvero dallo statuto sociale con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico, in conformità con i poteri ricevuti, e dalle specifiche competenze che essi possiedono. La ratio sottesa alla riforma in parola consta nella volontà del Legislatore di prevedere la responsabilità degli amministratori non esecutivi per non aver fatto nulla per impedire il compimento di atti dannosi o, quantomeno, per eliminarne o attenuarne gli effetti.


Il dovere di agire informati per gli amministratori privi di deleghe
A fronte di quanto sinora descritto, il dovere di agire in modo informato gravante sugli amministratori non esecutivi si traduce nel dovere di controllo costante sulla gestione della società sia mediante l'assunzione di informazioni derivanti dai flussi informativi posti in essere da parte degli amministratori delegati, che con un'attività di verifica della corrispondenza tra la situazione descritta e la situazione reale, mediante l'attivazione di strumenti volti all'ottenimento di informazioni ulteriori ed esercitando i poteri - propri dell'intero Consiglio di Amministrazione - di direttiva e/o avocazione che afferiscono a tutte le operazioni rientranti nelle deleghe.
Declinando l'obbligo sinora descritto agli amministratori privi di delega di società bancarie, si può opportunamente affermare che il dovere di agire informati ex articolo 2381 comma III e VI e 2392 del Codice civile, non trova il suo limite nelle mere segnalazioni provenienti dalle informazioni o dai rapporti redatti dagli amministratori delegati, ma consta anche di un'ulteriore parte che richiede all'amministratore non esecutivo di esercitare tutti quei poteri che gli consentono di porre in essere un effettivo controllo della gestione della società, giacché tale obbligo ha un valore ancora più pregnante, dal momento che quando è in discussione la gestione di un ente creditizio, la natura degli interessi protetti dalla legge assume rango costituzionale. In particolare, secondo autorevole e costante giurisprudenza (ex multis Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 18 settembre 2020 n. 19556; Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 16 luglio 2018 n. 18846; Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza del 31 agosto 2016 n. 17441 ; Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 5 febbraio 2013 n. 2737) gli amministratori di società bancarie, siano essi esecutivi o non, devono possedere nonché manifestare una continua ed opportuna conoscenza del "business bancario" e devono essere partecipi delle decisioni strategiche adottate dall'organo amministravo poiché, in qualità di membri dello stesso, hanno anch'essi l'obbligo di promuovere e concorrere ad assicurare un'amministrazione efficiente dei rischi relativi a tutte le aree di attività della banca e di attivarsi al fine di esercitare un controllo effettivo e consapevole sulle scelte poste in essere dagli amministratori delegati. Difatti, l'aggravamento dei doveri e dei poteri e delle connesse responsabilità gravanti sugli amministratori privi di deleghe nelle società bancarie, è giustificato sulla base delle disposizioni contenute nella normativa secondaria di settore, secondo la quale «i consiglieri non esecutivi sono compartecipi delle decisioni assunte dall'intero consiglio e chiamati a svolgere un'importante funzione dialettica e di monitoraggio sulle scelte compiute dagli esponenti esecutivi. L'autorevolezza e la professionalità dei consiglieri non esecutivi devono essere adeguate all'efficace esercizio di queste funzioni, determinanti per la sana e prudente gestione della banca: è quindi fondamentale che anche la compagine dei consiglieri non esecutivi possegga ed esprima adeguata conoscenza del business bancario, delle dinamiche del sistema economico-finanziario, della regolamentazione bancaria e finanziaria e, soprattutto delle metodologie di gestione e controllo dei rischi. Si tratta di conoscenze essenziali per l'efficace svolgimento dei compiti loro richiesti»(In tal senso, Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 emessa dalla Banca d'Italia e relativa alle Disposizioni di Vigilanza per le Banca, e successivi aggiornamenti).


L'obbligo di agire informati degli amministratori nelle società di capitali in genere
L'articolo 2392 c.c., così come riformato dal Legislatore del 2003, non prevede più un generale obbligo di vigilanza gravante sui singoli amministratori, ma stabilisce al contempo che «in ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma III dell'articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza dei fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto era in loro potere per impedirne il compimento o eliminare o attenuarne le conseguenze dannose». Ciò posto, è evidente che il Legislatore ha previsto singoli obblighi valutativi con riguardo all'adeguatezza dell'assetto organizzativo, contabile ed amministrativo della società cui si aggiunge l'obbligo per tutti gli amministratori di agire in modo informato, inserito, dalla riforma, al comma VI dell'articolo 2381 c.c..
Da un impianto di responsabilità così disegnato ne consegue che gli amministratori non esecutivi rispondono delle conseguenze pregiudizievoli per la società causate dalle scelte gestorie operate dagli amministratori delegati qualora i primi siano rimasti inerti dopo essere venuti a conoscenza, per il tramite dei rapporti presentati dagli amministratori delegati ovvero mediante l'esercizio dei poteri di avocazione e direttiva loro spettanti, di fatti che necessitavano di un loro intervento proattivo, ovvero che abbiano omesso di richiedere informazioni necessarie ove sussistessero indici di allarme tali da rendere essenziale la richiesta di integrazione delle informazioni doverosamente fornite. Ciò posto, è evidente che la facoltà in capo agli amministratori non esecutivi di chiedere informazioni agli amministratori delegati si trasforma in un vero e proprio obbligo positivo di acquisire ulteriori informazioni in applicazione dei parametri di diligenza che discendono dalla natura dell'incarico e dalle specifiche competenza che ciascun amministratore possiede.
In altri termini, alla stregua del sistema ad oggi vigente, la responsabilità degli amministratori non esecutivi discende non da un mera condotta di omessa vigilanza, bensì dalla violazione dell'obbligo di agire informati sia sulla base delle informazioni derivanti dai flussi informativi intercorrenti con gli amministratori delegati, sia sulla base di quelle informazioni che possono essere reperite esercitando i poteri di direttiva ed avocazione in capo a tutti i membri del consiglio di amministrazione, giacché, se così non fosse, la responsabilità in parola si trasformerebbe in una responsabilità di tipo oggettivo (In tal senso, cfr. Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 18 aprile 2018 n. 9546; Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 31 agosto 2016 n. 17441; Cassazione, Sezione 1 Civile, Sentenza 9 novembre 2015 n. 2284).
In conclusione, secondo la giurisprudenza di legittimità citata, il codice prevede un dovere di agire informati che si estende lungo due diverse direttrici: per un verso, i consiglieri esecutivi sono tenuti a garantire che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e alle dimensioni della società e, per l'altro, i consiglieri deleganti sono tenuti a valutare l'adeguatezza di tale sistema. L'attività ora descritta è indispensabile a garantire il buon funzionamento delle dinamiche interne, poiché essa pone le scelte organizzative che andranno a riverberarsi e ad orientare le scelte di tutta la struttura societaria.


L'obbligo di agire informati degli amministratori nelle società bancarie
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che l'obbligo previsto all'articolo 2381, ultimo comma, del Codice civile, impone agli amministratori di società bancaria, anche allorquando siano privi di deleghe, di agire in modo informato. Secondo la Suprema Corte tale obbligo assume una duplice veste: da un lato, consta nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano o debbano essere a conoscenza e, dall'altro lato, in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (cfr. Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 18 settembre 2020 n.19556; Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 26 febbraio 2019 n. 5606; Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 5 febbraio 2013 n. 2737).
Analogamente, la Cassazione ha più volte sostenuto che il dovere di agire informati degli amministratori privi di deleghe delle società bancarie, disciplinato agli articoli 2381 commi 3 e 6, e 2392 c.c. non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dalle informazioni fornite dagli amministratori delegati, poiché anche i primi devono esprimere una continua ed appropriata conoscenza del "business" bancario e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio di amministrazione, hanno l'obbligo di contribuire a garantire una gestione efficace dei rischi relativi a tutte le aree della banca non solo attivandosi proattivamente al fine di monitorare concretamente le scelte operate dall'organo esecutivo ma anche esercitando i poteri di direttiva e avocazione spettanti al plenum del consiglio di amministrazione e concernenti le operazioni rientranti nella delega. Di conseguenza, l'amministratore privo di delega, concordemente con quanto stabilito all'articolo 2392 c.c. che concorre a tipizzare le funzioni gestorie tanto degli amministratori non esecutivi, quanto di quelli esecutivi, è solidalmente responsabile della violazione commessa quando non intervenga al fine di impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (In tal senso, cfr. Cassazione civile, sezione II, sentenza 4 ottobre 2019 n. 24851; Cassazione civile, sezione II, sentenza 27 marzo 2019 n. 8572; Cassazione civile, Sezione II, sentenza n. 8572; Cassazione civile, sezione II, sentenza 16 luglio 2018 n. 18846; Cassazione civile, sezione II, sentenza 18 aprile 2018 n.9546).
A fronte di quanto descritto sinora, si può ragionevolmente affermare che gli amministratori agiscono secondo diligenza qualora esercitino le loro funzioni essendo consapevoli dell'ambiente in cui operano e lasciando alla normale alea dell'ambiente in cui operano solo ciò che si sottrae da un loro concreto controllo. In altri termini, le sentenze sopra riportate ricordano che l'organo esecutivo nel suo plenum ha il potere/dovere di impartire direttive agli amministratori delegati e di avocare a sé, qualora lo ritenesse necessario, le operazioni rientranti nella delega. In aggiunta, gli amministratori sono gravati dall'obbligo di agire informati che si sostanzia, per gli amministratori privi di deleghe, non solo nell'attenta valutazione della relazione relativa al generale andamento societario o alle singole operazioni che si intendono porre in essere presentata dai consiglieri esecutivi, ma anche al dovere di chiedere, agli organi delegati, ulteriori informazioni e chiarimenti. Questa precisazione comporta che gli amministratori, esecutivi e non, sono solidalmente responsabili qualora, nonostante le informazioni a loro disposizione, siano rimasti inerti non adoperandosi al fine di evitare, eliminare o attenuare il prodursi di conseguenze dannose per la società.
Nel settore degli enti creditizi, quindi, gli amministratori privi di deleghe sono gravati di un dovere di agire informati che supera quello prescritto dal Codice civile, non potendo costoro limitare le proprie conoscenze alle sole comunicazioni che forniscono con cadenza periodica i consiglieri esecutivi né ai chiarimenti aggiuntivi che sono legittimati a richiedere. Invero, gli amministratori di società bancarie hanno un onere informativo più rigoroso e pregnante poiché devono ottenere le informazioni necessarie al fine di svolgere correttamente e consapevolmente il proprio incarico che gode di una importante rilevanza pubblicistica. Di conseguenza, l'amministratore non esecutivo seppur sprovvisto di autonomi poteri di intervento di imperio nella gestione societaria e pur essendo un singolo soggetto all'intero di un plenum che adotta le decisioni con metodo collegiale maggioritario, deve farsi parte attiva dell'amministrazione societaria e, a tal fine, è tenuto ad informarsi richiedendo informazioni agli amministratori delegati ed esercitando i poteri di direttiva ed avocazione.
La diligenza qualificata
Volendo approfondire maggiormente gli aspetti legati alla diligenza richiesta dagli amministratori di enti creditizi, va segnalato che la Cassazione ha specificato che la disciplina sancita dal Testo Unico Bancario, specificatamente all'articolo 53 lett. b) e d), prevede che la Banca d'Italia emani disposizioni aventi ad oggetto la limitazione dei rischi insiti nel governo societario di enti creditizi nonché la previsione di controlli interni inerenti alla gestione amministrativa delle società bancarie. Le disposizioni attuative della Banca d'Italia sono state recepite dalla circolare n. 229 del 21 aprile 1999, le quali prevedono doveri particolarmente segnanti e rigorosi in capo all'intero organo amministrativo di società bancarie, ivi compresi quindi i consiglieri non esecutivi, i quali sono tenuti ad agire in modo informato e, in ragione degli specifici requisiti professionali richiesti dalla normativa di settore, elencati all'articolo 26 del t.u.b., ad impedire, eliminare o limitare le conseguenze pregiudizievoli che una scelta amministrativa ha causato alla società (cfr. Cassazione civile, sezione II, sentenza 18 aprile 2018 n. 9546; Cassazione civile, sezione I, sentenza 9 novembre 2015 n. 22848).
Ciò posto, è evidente che per gli amministratori di società bancarie l'asticella del livello di diligenza dovuta si alza ulteriormente, poiché essa prende in considerazione anche le competenze specifiche e i requisiti di professionalità richiesti al fine di assumere la carica di amministratore in un ente creditizio. Pertanto, è evidente che i connotati dell'attività bancaria plasmino la natura dell'incarico amministrativo con la conseguenza che il grado di diligenza richiesto all'amministratore dipende anche dai rischi insiti all'attività bancaria. Sempre sotto il medesimo punto di vista, la normativa di settore istituisce l'obbligo di prevedere un sistema di controlli interni con lo scopo precipuo di assicurare un controllo effettivo dell'amministrazione e delle scelte gestorie. A tal proposito, va segnalato che in un ambito come quello bancario, in cui il rischio è parte integrante dell'attività che si svolge, il Legislatore è intervenuto di imperio imponendo l'adozione di sistemi ed accorgimenti preordinati a garantire un'azione informata da parte dell'organo esecutivo. Secondo l'orientamento prevalente adottato dai giudici di legittimità, il dovere di agire informati degli amministratori di società bancarie ha delle caratteriste peculiari che originano dalla natura delle attività svolte dalla stessa. Su questa linea, i giudici accentuano che l'aggravamento e l'irrigidimento del dovere di agire informati degli amministratori si giustifica alla luce del fatto che il business bancario è caratterizzato da fattori di rischio elevati i quali, oltretutto, si prestano a coinvolgere anche interessi costituzionalmente tutelati dall'articolo 47 della Costituzione.
La disciplina codicistica, letta in combinato disposto con la disciplina specifica in materia bancaria, segna un cambio di passo che esalta la differenza tra il dovere di agire informati degli amministratori non esecutivi di società di capitali e di società bancarie, giacché questi ultimi hanno un dovere particolarmente stringente in materia di organizzazione e di governo societario delle banche e risentono della natura dell'incarico loro affidato nonché alle specifiche competenze tecniche che possiedono. A ben vedere, quindi, la disciplina di settore influisce sulla struttura dell'incarico gestorio ridimensionando la discrezionalità amministrativa dei singoli consiglieri poiché, come ricordato nei paragrafi precedenti, la legge impone d'ufficio l'adozione di sistemi interni. In punto di risultato, la previsione dei sistemi interni in parola, non fa altro che responsabilizzare ancora di più gli amministratori di banca i quali devono seguire un iter ancora più regolato e finalizzato a limitare il più possibile i margini di incertezza e i rischi relativi all'attività svolta. L'ufficio amministrativo, dunque, comporta che il dovere di agire informati della compagine degli amministratori privi di delega sia particolarmente stringente in materia di organizzazione e governo societario delle banche, anche in ragione degli interessi protetti dall'articolo 47 della Costituzione, la cui importanza pubblicistica orienta inevitabilmente l'interpretazione delle norme codicistiche. (cfr. Cassazione civile, sezione I, sentenza 9 novembre 2015 n. 22848).
In conclusione, collegando tutti i nodi dell'iter logico sinora delineato, il principio generale che affiora è quello per il quale i consiglieri privi di delega debbano attivarsi con lo scopo di ottenere tutte le informazioni necessarie per svolgere correttamente i loro compiti non accontentandosi di quelle fornite dagli amministratori delegati ma andando oltre ed ingerendosi, tramite i poteri di direttiva ed avocazione, nell'amministrazione dell'ente creditizio.


L'onere probatorio
Si è già ampiamente affermato che il dovere di agire informati degli amministratori non esecutivi non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dalle informazioni fornite dagli amministratori delegati, poiché anche i primi devono esprimere una continua ed appropriata conoscenza del business bancario e, in quanto compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio di amministrazione, hanno l'obbligo di contribuire a garantire una gestione efficace mediante l'esercizio dei poteri di direttiva e avocazione propri di tutto l'organo amministrativo. Si badi però, che tale interpretazione, non intende accollare una responsabilità di tipo oggettivo ai consiglieri privi di delega, essendo gli stessi perseguibili solo ove ricorrano la condotta omissiva, così come descritta nei paragrafi precedenti, il fatto pregiudizievole, il nesso causale tra condotta e danno e la colpa, consistente nel non aver rilevato colposamente i segnali dell'altrui illecita gestione, che l'amministratore avrebbe potuto ravvisare agendo con la diligenza richiesta dall'incarico, e questo anche indipendentemente dalle informazioni doverose ex articolo 2381 c.c., e nel non essersi attivati allo scopo di limitare le conseguenze dannose dell'evento.
Dal punto di vista dell'onere della prova, ciò comporta che sarà il soggetto attore, ossia colui che lamenta una violazione del dovere di agire informato ovvero una mala gestio posta in essere dall'organo amministrativo, a dover allegare e provare l'esistenza di segnali d'allarme, siano essi espliciti o impliciti alla condotta gestoria, che avrebbero dovuto indurre l'amministratore avveduto ad esigere ulteriori informazioni o di attivarsi in altro modo. Al contrario, grava sull'amministratore l'onere di provare di avere mantenuto la condotta attiva richiesta dalla disciplina codiscitica e dalle norme di settore ovvero di provare che il danno alla società sia dovuto ad una causa esterna che abbia reso non percepibili i succitati segnali di allarme o impossibile l'adozione di condotte tali da limitare gli effetti pregiudizievoli dell'evento (cfr. Cassazione civile, sezione II, sentenza 18 aprile 2018 n. 9546; Cassazione civile, sezione I civile, sentenza 9 novembre 2015 n. 22848).


Considerazioni conclusive
L'assetto delineato dalla riforma societaria del 2003 ha sancito, di fatto, l'adesione del nostro ordinamento al modello del monitoring board, caratterizzato dal risalto della funzione di vigilanza del C.d.A. sulla gestione dell'impresa societaria.
La Cassazione si è trovata più volte ad esaminare il ruolo degli amministratori privi di deleghe.
Alla luce delle considerazioni finora svolte, è possibile concludere che la più recente giurisprudenza di legittimità aderisce all'orientamento secondo cui la responsabilità degli amministratori privi di delega sia da riconnettere non ad un generico obbligo di vigilanza, ma alla violazione del dovere di agire in modo informato, convertendosi in un obbligo positivo di condotta, e come tale fonte di responsabilità, in presenza di «segnali di allarme tali da indurre gli amministratori deleganti a richiedere dati informativi ulteriori altrimenti non disponibili» (cfr. Cassazione civile sez. I, sentenza 31 agosto 2016, n. 17441).
La sussistenza di tali indici di allarme, che prescrive agli amministratori di attivarsi, deve essere accertata, non in assoluto, ma distinguendo la posizione di ciascun membro gestorio alla luce della «diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze».
In conclusione, gli amministratori deleganti rispondono solidalmente delle conseguenze dannose della condotta dei delegati soltanto se erano a conoscenza dei necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento ovvero abbiano omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati.
Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha rinvigorito il principio secondo cui l'obbligo imposto dall'art. 2381, ultimo comma, c.c. agli amministratori delle società per azioni di "agire in modo informato", pur quando non siano titolari di deleghe, si declina, da un lato, nel dovere di attivarsi, esercitando tutti i poteri connessi alla carica, per prevenire o eliminare ovvero attenuare le situazioni di criticità aziendale di cui siano, o debbano essere, a conoscenza e, dall'altro lato, in quello di informarsi, affinché tanto la scelta di agire quanto quella di non agire risultino fondate sulla conoscenza della situazione aziendale che gli stessi possano procurarsi esercitando tutti i poteri di iniziativa cognitoria connessi alla carica con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Tali obblighi si connotano in termini particolarmente incisivi per gli amministratori di società che esercitano l'attività bancaria, prospettandosi, in tali ipotesi, non solo una responsabilità di natura contrattuale nei confronti dei soci della società, ma anche quella, di natura pubblicistica, nei confronti dell'Autorità di vigilanza (cfr. Cassazione civile sez. II, sentenza 18 settembre 2020, n. 19556).

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