Impianti di videosorveglianza sui luoghi di lavoro per la tutela del patrimonio aziendale
Lavoro - Impianti di videosorveglianza installati sul luogo di lavoro - Difetto di accordo con le rappresentanze sindacali - Tutela del patrimonio aziendale - Reato - Esclusione - Condizioni.
Deve escludersi la configurabilità del reato concernente la violazione della disciplina di cui all'art. 4 della l. 20 maggio 1970 n. 300, quando l'impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre, però, che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti, o debba restare necessariamente riservato per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite degli stessi.
Corte di cassazione, sezione 3 penale, sentenza 27 gennaio 2021 n. 3255
Lavoro ed occupazione - Lavoro (in genere) - Statuto dei lavoratori - Uso di impianti audiovisivi - Controllo a distanza dei lavoratori - Installazione -Tutela del patrimonio aziendale - Sicurezza del lavoro.
Lo Statuto dei lavoratori vieta espressamente l'uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti che consentano il controllo a distanza dei lavoratori, permettendone l'installazione, se richiesti da esigenze organizzative e produttive o di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale, solamente previo accordo con le rappresentanze sindacali unitarie o con quelle aziendali, o, in mancanza di accordo, previa autorizzazione dell'ispettorato del lavoro.
Corte di cassazione, sezione 3 penale, sentenza 26 ottobre 2016 n. 45198
Prova penale - Inutilizzabilità - Luoghi di lavoro - Videoriprese - Controlli a difesa del patrimonio aziendale - Divieto probatorio - Esclusione - Ragioni - Fattispecie. (cpp, articoli 191 e 234).
Sono utilizzabili nel processo penale, ancorché imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro a opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori, perché le norme dello statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non fanno divieto dei cosiddetti controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio. (Nella specie il datore di lavoro aveva installato, tramite un investigatore privato, una telecamera nascosta nell'esercizio commerciale, ove risultavano ammanchi di denaro, e dalle videoriprese era risultato il comportamento dell'imputata, dipendente dell'esercizio, che aveva indebitamente prelevato denaro dalla cassa: la Corte, nel rigettare il ricorso avverso la sentenza di condanna per il reato di appropriazione indebita, ha escluso che i risultati delle videoriprese potessero considerarsi prove illegali, illegittimamente acquisite ex articolo 191 del Cpp, trattandosi, invece, di prove documentali, acquisibili ex articolo 234 del Cpp).
Corte di cassazione, sezione 2 penale, sentenza 22 gennaio 2015 n. 2890
Impianti e apparecchiature di controllo a distanza - Videosorveglianza con telecamere installate nel luogo di lavoro - Utilizzazione delle riprese a prova del reato di appropriazione indebita aggravata commesso dalla cassiera - Ammissibilità - Violazione dell'art. 4, co. 2, st. lav. - Insussistenza - Controlli difensivi – Sussistenza.
Atteso che ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori previsto dall'art. 4 della l. n. 300 del 1970, è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell'ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore, sono lecite ed utilizzabili le riprese che comprovano il reato di appropriazione indebita aggravata commesso dalla cassiera.
Corte di cassazione, sezione 5 penale, sentenza 1 giugno 2010 n. 20722