Professione e Mercato

Intelligenza artificiale e processo civile: istruzioni per l’uso

L’AI offre strumenti capaci di accelerare ricerche giuridiche, ottimizzare la gestione dei dati e supportare l’analisi delle strategie processuali. Tuttavia, la sua efficacia dipende dalla capacità dei professionisti di integrarla con senso critico, responsabilità e piena consapevolezza dei limiti etici e giuridici che ne derivano

di Lavinia Lipari*

La portata rivoluzionaria e innovativa dell’intelligenza artificiale è innegabile. Per un avvocato, l’uso degli strumenti di intelligenza artificiale ha velocizzato e semplificato diversi processi del lavoro quotidiano. Primo fra tutti la ricerca dei precedenti giurisprudenziali. Non vi è dubbio, infatti, che è certamente vantaggioso, in termini di tempo, poter accedere ad un sistema che selezioni tutte le sentenze utili alla redazione di un atto o di un parere. Allo stesso modo è indubbiamente utile avere un sistema che permetta in pochi secondi di mettere a fuoco i punti salienti della difesa avversaria e di predisporre, altrettanto velocemente, la bozza dell’atto di replica. Né può negarsi l’utilità di ricevere immediatamente una bozza di contratto contenente clausole a tutela degli interessi e delle esigenze di un cliente. E questi sono solo alcuni esempi dell’uso quotidiano degli strumenti di intelligenza artificiale nell’esercizio della professione forense.

Tuttavia, sebbene siano noti a tutti i vantaggi derivanti dall’uso dell’intelligenza artificiale, non possono esserne sottovalutati gli aspetti negativi. Si pensi, ad esempio, a quanto accaduto davanti al Tribunale di Firenze quando, nel corso di un processo per contraffazione di un marchio, uno dei difensori ha dichiarato di aver depositato delle note redatte con l’uso dell’intelligenza artificiale che “avrebbe inventato dei numeri asseritamente riferibili a sentenze della Corte di Cassazione (…) frutto della ricerca effettuata da una collaboratrice di studio mediante lo strumento dell’intelligenza artificiale ChatGPT” (cfr. Trib. Firenze, Sez. Imprese, Ordinanza del 14 marzo 2025). Nel caso di specie, il Giudice, viste le circostanze evidenziate dalla difesa che ha chiesto lo stralcio delle note ritenendo già sufficientemente fondata la propria tesi difensiva, non ha assunto alcun provvedimento specifico, limitandosi a contestare genericamente l’uso, o meglio l’abuso, dei sistemi di intelligenza artificiale.

Di diverso avviso è stato, invece, il Tribunale di Torino che, in un procedimento di opposizione all’ingiunzione di pagamento, ha condannato il ricorrente per lite temeraria. A sostegno della decisione assunta il Tribunale di Torino ha ritenuto che il ricorso fosse redatto “in termini del tutto astratti, privi di connessione con gli specifici titoli impugnati e che, pertanto, risultano in larga parte inconferenti” (cfr. Trib. Torino, Sez. Lavoro, Sentenza n. 2120 del 16 settembre 2025). Infatti, il Giudice ha rilevato che il ricorso proposto era stato “redatto col supporto dell’intelligenza artificiale”, costituito da un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti, senza allegazioni concretamente riferibili alla situazione oggetto del giudizio” (cfr. Trib. Torino, Sez. Lavoro, Sentenza n. 2120 del 16 settembre 2025) e ha contestato alla parte ricorrente di aver agito in giudizio con malafede o, quantomeno, con colpa grave dal momento che la pretesa avversaria era ampiamente fondata.

Tutto ciò ha portato il legislatore italiano ad intervenire nel tentativo di disciplinare l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale anche allo scopo di evitarne l’abuso. Il 25 settembre 2025, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 132/2025 in materia di Intelligenza Artificiale (in seguito anche “AI”) che si è andata ad affiancare al Regolamento UE 2024/1689 (“AI Act”). La nuova legge promuove “un utilizzo corretto, trasparente e responsabile” dell’intelligenza artificiale con l’obiettivo di coglierne le opportunità in una dimensione antropocentrica nel rispetto dei principi generali quali la trasparenza dei sistemi informatici, la non discriminazione e la protezione dei dati personali.

Per quanto riguarda l’esercizio della professione forense, la prima norma che merita di essere esaminata è l’articolo 13, rubricato “Disposizioni in materia di professioni intellettuali”, il quale, al primo comma, consente l’impiego dei sistemi di AI purché questo sia limitato alle funzioni strumentali e di supporto all’attività del professionista che dovrà, comunque, mantenere un ruolo centrale. Pertanto, per quanto attiene alla professione forense, l’uso dell’AI dovrà essere circoscritto ad attività ancillari quali le ricerche giurisprudenziali e l’analisi dei documenti; al più potrà essere usato per redigere la prima bozza di un atto ma non potrà sostituire in alcun modo il pensiero critico né la valutazione giuridica del professionista. Al secondo comma, il legislatore ha inteso, sotto concorrente aspetto, tutelare il rapporto fiduciario che lega il professionista al proprio cliente. In tal senso, la legge introduce un obbligo di “trasparenza operativa” che impone al professionista che utilizza l’intelligenza artificiale per redigere la bozza di un contratto o di un atto giudiziario di informarne preventivamente il proprio cliente. Questo obbligo di trasparenza entra a tutti gli effetti tra i doveri deontologici dell’avvocato inserendosi nell’alveo del più ampio dovere di lealtà e correttezza professionale.

Se con l’articolo 13 sono state dettate le linee guida per un uso consapevole dell’AI da parte del professionista, con il successivo articolo 15, rubricato “Impiego dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria”, il legislatore si è rivolto ai Giudici. Anche in questo caso, si pone l’accento sull’importanza della psiche umana delegando all’AI un ruolo meramente ausiliario e di supporto. Restano, quindi, di esclusiva competenza del Magistrato tutte le decisioni sostanziali da assumere nel corso di un giudizio, compresa anche l’interpretazione preliminare della legge e la valutazione dei mezzi istruttori. Con il secondo comma dell’articolo 15, il legislatore ha introdotto un ulteriore obbligo in capo al Giudice. Si tratta di un obbligo di trasparenza rafforzata che impone di segnalare nei provvedimenti ogni apporto che sia derivato da sistemi di AI affinché le parti in causa ne siano debitamente informate e possano valutarlo in fase di impugnazione.

Tuttavia, sebbene siano chiare le esigenze che hanno spinto il legislatore ad adottare la legge in commento, è bene precisare sin da subito che il percorso di attuazione non è terminato e richiederà ancora diversi mesi. Infatti, l’articolo 24 contiene alcune deleghe per il Governo, tra cui quella di adottare, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, dei decreti legislativi di adeguamento dell’ordinamento nazionale. Tra gli interventi delegati al Governo vi sarà anche quello di prevedere dei percorsi di formazione sull’uso dei sistemi di intelligenza artificiale. La formazione dovrà essere garantita dagli Ordini Professionali e dalle associazioni di categoria e dovrà promuovere l’uso consapevole e conforme ai dettati normativi (nazionali ed europei) dell’intelligenza artificiale. Per quanto attiene alla posizione della Magistratura e del sistema giudiziario, invece, è lo stesso articolo 15 che demanda al Ministero della Giustizia la disciplina delle modalità di impiego dell’AI nell’ambito dei sistemi giudiziari e sarà proprio il Ministero a dover autorizzare eventuali sperimentazioni di sistemi di AI negli uffici.

In conclusione, l’intelligenza artificiale non rappresenta più una prospettiva futura, bensì una realtà già radicata nella quotidianità della professione forense. Essa offre strumenti capaci di accelerare ricerche giuridiche, ottimizzare la gestione dei dati e supportare l’analisi delle strategie processuali. Tuttavia, la sua efficacia dipende dalla capacità dei professionisti di integrarla con senso critico, responsabilità e piena consapevolezza dei limiti etici e giuridici che ne derivano.

La sfida, dunque, non è resistere al cambiamento, ma governarlo: solo così l’avvocatura potrà trasformare l’innovazione tecnologica in un alleato prezioso, mantenendo saldo il ruolo centrale della competenza, dell’esperienza e del giudizio umano.

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*Avv. Lavinia Lipari, Senior Associate, RÖDL

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