Amministrativo

L'esatta deducibilità dei costi a presidio degli accertamenti tributari sull'inerenza

La giurisprudenza di legittimità, con l'ultima sentenza della cassazione n. 6368 del 8 marzo 2021, (ri)afferma la clausola dell'inerenza dei costi, ai fini della corretta determinazione del reddito, confermando l'orientamento dell'Ordinanza n. 450/2018

immagine non disponibile

di Monica Peta*


La giurisprudenza di legittimità, con l'ultima sentenza della cassazione n. 6368 del 8 marzo 2021, (ri)afferma la clausola dell'inerenza dei costi, ai fini della corretta determinazione del reddito, confermando l'orientamento dell'Ordinanza n. 450/2018.

Invero, il principio dell'inerenza, non è mai stato scevro di dubbi interpretativi, per effetto del dettato normativo dell'art.109, comma 5, del TUIR, che asserisce: "le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrano in quanto esclusi". Si ricorda che, la Cassazione, con l'ordinanza n. 450 del 2018, sopra citata, ha segnato una linea divisoria, rispetto la giurisprudenza fino ad allora tracciata, affermando che, il fondamento legislativo della clausola dell'inerenza non è riscontrabile nel citata disposizione.

Lo spessore del tema, deve riferirsi al metodo di determinazione del reddito: sottrazione dei costi dai proventi conseguiti, che misura la capienza contributiva dell'impresa. Il requisito che legittima la decurtazione del componente negativo dal reddito, assume rilievo cruciale, in quanto elemento che permette di ridurre la base imponibile fiscale. Il fatto che, la deduzione di costi "non inerenti" sottrae ricchezza al prelievo tributario, desta l'attenzione dell'Amministrazione Finanziaria.

L'iter motivazionale della sentenza in commento, offre importanti spunti di riflessione. La vicenda tributaria afferisce alla contestazione di costi per sponsorizzazione sostenuti dalla società contribuente SPA, che opera nel settore del pellame, e alla rettifica in aumento del reddito imponibile (ai fini ires, irap ed Iva), motivata dall'indebita deduzione per il mancato rispetto dell'inerenza. I giudici, di prime cure -prima- e di appello –dopo-, non hanno dato seguito ad una corretta applicazione e ad un buon governo del principio. In particolare, l'inerenza era stata trattata sull'assunto della sproporzione del costo rispetto al potenziale ritorno commerciale offerto dalle manifestazioni.

In questa occasione, la Suprema Corte, consolidando l'orientamento maggioritario degli ultimi anni (cfr Cass., Sez V, n. 902/2020; Cass., Sez. V, n. 559/2020; Cass., Ord. n. 450/2018; Cass., sez. trib., n. 28375/2018), ha (ri)affermato che: "la clausola di inerenza dei costi deducibili deve essere accertata nella correlazione del costo di cui si tratta, non in relazione dei ricavi, bensì in relazione all'attività imprenditoriale nel suo complesso".

Del resto, l'Amministrazione Finanziaria, a riguardo si è espressa già, con la C.M. n. 30/09/944 del 7 luglio 1983, in cui precisava: " il concetto di inerenza non è legato ai ricavi dell'impresa, ma all'attività della stessa, nel senso che si considerano deducibili anche costi e oneri sostenuti in proiezione futura, quali le spese ai fini promozionali e comunque quelle dalle quali possono derivare ricavi in tempi successivi". Ciò fortifica l'orientamento verso il principio che, l'inerenza si configura nella correlazione tra l'onere sostenuto e l'attività produttiva di reddito imponibile.

A questo punto, per presidiare il rischio fiscale, sarebbe utile individuare una linea guida, sia nel momento contabile, di assunzione del costo nel conto economico, che nell'eventuale fase difensiva in sede di contenzioso tributario, laddove si innesca anche l'argomento dell'onere della prova.

All'atto pratico, l'orientamento che conferma la correlazione dell'inerenza tra costi e attività d'impresa, potrebbe far sorgere equivoci circa il necessario legame ed il supposto nesso di causalità. A tale proposito, è doveroso richiamare quanto affermato dalla Cassazione, già nell'Ordinanza n.450/2018 (sopra citata), quando specifica che: "il requisito dell'inerenza trova applicazione ex ante, rispetto al momento di determinazione del reddito". Di conseguenza l'art. 109 del TUIR detta regole "specifiche" che, influiscono sul calcolo della base imponibile, in un secondo momento. Tale affermazione, è rivoluzionaria sotto il profilo giurisprudenziale ed anche applicativo, perché afferma il carattere di clausola "generale " dell'inerenza.

Da qui altro punto rilevante (che si rinviene nella sentenza in commento, e nella giurisprudenza di legittimità più recente), è che l'inerenza non attiene ai profili "quantitativi" del corrispettivo (e quindi al giudizio di "antieconomicità") ma alle caratteristiche "qualitative". Cosicché, il giudizio dell'inerenza qualitativa antepone il raffronto tra l'attività e l'atto che deve essere fatto, e che di conseguenza, implica il sostenimento del costo. L'antieconomicità e l'incongruità della spesa sono indicatori rivelatori della mancanza di inerenza, ma non si identificano con essa. Ciò rappresenta una precisazione fondamentale, che attribuisce alla clausola dell'inerenza l'interpretazione che meglio rispetta i criteri generali che attengono alle regole per la determinazione del reddito d'impresa e, al tempo stesso, i principi di libera iniziativa delle scelte dell'imprenditore di cui all'art. 41 Cost..

L'onere della prova, o meglio le argomentazioni che dimostrano all'amministrazione finanziaria, l'inerenza, la sussistenza dei presupposti per la deducibilità ai fini tributari dell'onere sostenuto, incombe in capo all'impresa. A riguardo non sorgono particolari problematiche giurisprudenziali. Piuttosto va detto che, l'erronea lettura del fenomeno contabile nella disciplina del reddito d'impresa, ed in particolare la contabilizzazione di un costo o una spesa nel bilancio esercizio e la sua deduzione a fini tributari non è una concessione che comporta una deroga alle regole di determinazione del reddito, ma rappresenta la modalità con cui quantificare l'imponibile. L'imputazione di un componente negativo, non può essere slegata dalla modalità di tassazione del reddito d'impresa, che prevede molteplici e differenziate componenti di segno positivo e negativo, il cui concorso di ognuna alla formazione del risultato d'esercizio è volto alla tassazione della reale capacità contributiva. A questo proposito, è immediata la riflessione per quanto attiene le funzioni e le garanzie che, il legislatore tributario conferisce alle regole in base alla quali il reddito imponibile dell'impresa discende dalle risultanze contabili, in osservanza alla disciplina del codice civile, dei principi contabili nazionali dell'OIC, internazionali IAS/IFRS, nonché al funzionamento dell'adeguato assetto contabile.

*Dottore Commercialista - Revisore Legale, PhD in Scienze Aziendali e Componente del Comitato Scientifico Nazionale Fondazione School University

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©