L’intelligenza artificiale che include: il progetto “Stefano” delle scuole Coletti di Treviso
L’innovazione, quando è costruita con cura e rispetto, non separa: unisce
In una scuola media di Treviso, un gruppo di docenti e studenti sta dimostrando che l’intelligenza artificiale può essere molto più di una promessa tecnologica: può diventare un linguaggio di solidarietà e crescita collettiva. È il cuore del progetto “Stefano”, nato alle scuole medie Coletti, un laboratorio educativo in cui l’AI viene sperimentata come strumento di inclusione e partecipazione, non di esclusione. Qui la tecnologia non sostituisce l’intelligenza umana, ma la amplifica, creando un ponte tra chi impara con facilità e chi ha bisogno di tempi e strumenti diversi.
L’iniziativa è stata resa possibile anche grazie all’impegno di Enia Ente Nazionale per l’Intelligenza Artificiale e della sua Presidente Valeria Lazzaroli e del rappresentante in Veneto, Avv. Alberto Bozzo e Verso La Luce ETS di Giovanna Patron, realtà profondamente radicata nel territorio.
Il contributo delle predette associazioni si esplica in una forma di cittadinanza attiva, un investimento nella comunità. Nel progetto “Stefano” si riflette una visione concreta di responsabilità: accompagnare la trasformazione digitale senza perdere di vista la persona, promuovendo un’innovazione che nasce dal territorio e che al territorio restituisce valore.
Stefano è una web app no-profit pensata per abbattere la “bolla dell’esclusione” scolastica, cioè quella condizione di isolamento in cui si trovano studenti stranieri, con disabilità o con bisogni educativi speciali (BES).
È stata ideata da Emanuele Marchiori e, e utilizza un motore proprietario di intelligenza artificiale chiamatoPaideIA.
Il suo scopo principale è favorire l’accesso allo studio e la partecipazione attiva di chi normalmente rischia di restare ai margini dell’apprendimento tradizionale. La piattaforma funziona come un assistente intelligente che “traduce” la lezione in tempo reale e la rende comprensibile a ciascuno, secondo le proprie esigenze. Prende un audio di una lezione o di un intervento, e lo riformula in varie modalità: versione semplificata e depurata del linguaggio, audio nella lingua madre dello studente, versione con immagini o pittogrammi CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa).
Il progetto si distingue anche per la cura posta alla compliance normativa e alla tutela dei dati personali. Tutte le attività avvengono su una piattaforma progettata nelpieno rispetto dei principi europei: anonimizzazione, minimizzazione dei dati, trasparenza degli algoritmi e sicurezza by design. In un momento in cui l’Europa si appresta ad applicare l’AI Act, il modello trevigiano dimostra che la compliance non è un ostacolo, ma un valore aggiunto, capace di garantire fiducia e sostenibilità. L’intelligenza artificiale, quando è costruita secondo le regole, può essere davvero una tecnologia “civile”, al servizio delle persone e delle istituzioni.
Il caso Coletti diventa così un simbolo di come la buona scuola e la buona impresa possano collaborare per costruire un futuro digitale etico e accessibile. Enia interpreta questa sfida con una logica di partenariato territoriale: non imporre strumenti, ma condividere conoscenze e favorire reti di collaborazione tra insegnanti, studenti e famiglie. La vera innovazione nasce dal dialogo e dal rispetto, non dalla velocità dell’algoritmo.
Nell’esperienza di “Stefano” c’è una lezione più ampia per tutto il Paese: l’intelligenza artificiale non deve spaventare né essere lasciata alle grandi piattaforme globali. Può e deve essere educata, regolata e umanizzata, integrata nella quotidianità scolastica come occasione di crescita critica. L’Italia ha la competenza giuridica e pedagogica per guidare questo percorso, unendo cultura, tecnica e responsabilità ed Enia è al servizio del Paese.
L’AI, se ben utilizzata, non è solo una tecnologia intelligente: è una tecnologia che fa bene. Fa bene alla scuola, che ritrova strumenti per includere. Fa bene ai ragazzi, che imparano a essere cittadini digitali consapevoli. Fa bene al territorio, che cresce intorno a un progetto condiviso. E fa bene al diritto, che dimostra come le norme europee — dal GDPR all’AI Act — possano essere non limiti, ma fondamento di fiducia.
Perché l’innovazione, quando è costruita con cura e rispetto, non separa: unisce.