Penale

La bancarotta fraudolenta “impropria” può essere aggravata

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di Paola Rossi

La bancarotta fraudolenta cosiddetta “impropria”, cioè commessa attraverso reati societari, può essere “aggravata” dalla circostanza di una pluralità dei fatti che hanno determinato il dissesto. La Corte di cassazione con la sentenza n. 50489 di ieri ha aderito all'orientamento che afferma l'applicabilità dell'aggravante prevista dall'articolo 219 della legge fallimentare anche nell'ipotesi prevista dalla stessa legge all'articolo 223.

La vicenda
Nel caso specifico le false comunicazioni sociali che avevano determinato il dissesto e la conseguente richiesta di ammissione al concordato preventivo avevano nascosto l'esistenza di costi a carico della società determinando la falsa rappresentazione di utili, in base alla quale la società continuava a ottenere prestiti e fidi. Aumentando così la propria esposizione debitoria.
La circostanza che alla falsificazione del bilancio sia seguita la richiesta di ammissione al concordato non esclude la volontà colpevole di portare al dissesto la società. Volontà rinvenibile - nel caso specifico - sicuramente in capo all'amministratore di fatto, ma anche all'amministratore di diritto per non aver posto alcuna azione di controllo sulle risultanze contabili. Questi avrebbero chiaramente agito in concorso visto il decorso di circa quattro anni dell'attività di falsificazione del bilancio. I due amministratori imputati sostenevano che dopo la riforma fallimentare alla base del concordato preventivo non vi è il dissesto societario come per la dichiarazione di fallimento, bensì una mera crisi aziendale alla quale con atteggiamento collaborativo la società tenta di porre rimedio.

Le motivazioni della Suprema corte
La tesi difensiva della mancanza dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta impropria aggravata non era sostenibile - per i giudici di legittimità - perché i reati societari erano molteplici e proseguiti nel tempo. Reati che hanno consentito la prosecuzione dell'attività di impresa evitando la ricapitalizzazione o la liquidazione con accumulo di ulteriori perdite.

Per la Cassazione l'apparente solidità della Srl fallita aveva determinato nei suoi confronti la prosecuzione di rapporti commerciali con terzi e a nulla vale affermare che ciò ha in primis determinato la crisi perché ne è comunque derivato il pieno dissesto “fallimentare”.

Chiarisce poi la Corte che non era ravvisabile l'attenuante di “speciale tenuità” prevista sempre dall'articolo 219 della legge fallimentare in quanto sussisteva un danno patrimoniale di particolare gravità che emergeva dall'entità obiettiva del danno rapportata alla diminuzione patrimoniale a danno dei creditori.

Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 7 novembre 2018 n.50489

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