La Cassazione torna su dichiarazione infedele e fatture soggettivamente inesistenti
Nota a Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 12 gennaio 2022 n. 471
Con la recente decisione 471/2022 la Corte di Cassazione (IV sezione) prende in esame il tema della dichiarazione infedele che appare sempre come un tema importante ed in questo caso si unisce alla problematica delle fatture soggettivamente inesistenti.
La vicenda processuale ha natura molto complessa e possiamo riassumere il tutto dicendo che in prima istanza la Corte di Appello di Brescia aveva "… parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo nei confronti di D.S., qualificando il reato originariamente ascritto - delitto di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74/2000 - ai sensi dell'art. 4 del citato decreto e, ritenuta la contestata recidiva ed esclusa la continuazione, ha rideterminato la pena inflitta in due anni sei mesi di reclusione nonché rideterminato la durata delle pene accessorie in due anni e sei mesi, con la conferma di ogni altra statuizione. Il D.S. era stato tratto in giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74/2000 perché, quale legale rappresentante di una impresa, aveva indicato nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto del 2010 elementi passivi fittizi per euro 1.118.994 ai fini delle imposte dirette ed iva per 223.799 euro, con sottrazione di imposta sui redditi e di iva. Il Tribunale di Bergamo aveva dichiarato l'imputato colpevole del reato continuato a lui ascritto. La Corte di appello aveva parzialmente riformato la sentenza riqualificando il fatto ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 74/2000, confermando la pena inflitta e applicando la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per tre anni…".
Il condannato aveva presentato un ricorso per Cassazione la quale aveva cassato la decisione della Corte di Appello e quindi rinviato alla stessa in quanto la Cassazione metteva in luce che "…i giudici di merito avevano accertato la fittizietà delle poste passive afferenti alle operazioni riferibili ai vari soggetti economici indicati nel capo di imputazione e annotate nella dichiarazione presentata dalla società di cui il ricorrente era il legale rappresentante e tale fatto poteva integrare il delitto di dichiarazione infedele punito dall'art. 4 del d.lgs. n. 74/2000, a condizione che fosse accertato il superamento della soglia prevista …".
L'iter processuale si sviluppa ed in questa ultima decisione, che dovrebbe chiudere la vicenda, la Corte di Cassazione mette in luce un punto fondamentale che distingue IVA e IRES ovvero che "…Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità, con riferimento all'IVA non assume rilievo che ci si trovi in presenza di operazioni 'solo' soggettivamente inesistenti perché l'indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è infatti circostanza indifferente ai fini dell'iva, dal momento che la qualità dei venditore può incidere sulla misura dell'aliquota e, conseguentemente, sull'entità dell'imposta che l'acquirente può legittimamente detrarre, fondandosi il sistema dell'Iva sul presupposto che tale imposta sia versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili, non entrando nel conteggio del dare ed avere ai fini Iva le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, per cui esporre dati fittizi anche solo soggettivamente significa creare le premesse per un rimborso al quale non si ha diritto (cfr. Sez. 3, n. 6935 del 23/11/2017, dep. 2018, Rv. 272814 e Sez. 3, n. 10394 del 14/01/2010, Rv. 246327). Per le imposte dirette, invece, assume rilievo la sola inesistenza oggettiva delle prestazioni indicate nelle fatture, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti. Tanto implica che i costi realmente sostenuti devono essere considerati ai fini dell'accertamento del reato di cui alla lett. b) dell'art. 4 d.lgs. n. 74/2000 …".
In ragione di questi principi il ricorso presentato non è manifestamente erroneo ed infatti la Corte di Cassazione afferma che "… sul punto la Corte di appello ha considerato l'intero ammontare dei costi indicati in dichiarazione come fittizi, e pertanto ritenuto superata la soglia del dieci per cento degli elementi attivi indicati in dichiarazione. Ciò ha fatto, tuttavia, senza dare conto delle emergenze probatorie in base alle quali ha affermato che tutti i costi erano fittizi, nonostante il tema fosse stato specificamente devoluto sia con il motivo che lamentava la mancata analisi delle varie voci di costo sia con quello che censurava l'entità della pena inflitta sul presupposto che si sarebbe trattato di fittizietà soggettiva e non di fittizietà oggettiva …".
Una decisione che a mio avviso deve essere presa in considerazione.