Società

La gestione del debito concordatario durante la fase pandemica

Il debitore concordatario incolpevolmente inadempiente può ricorrere alla condizione assolutoria della forza maggiore al fine di ottenere la modifica del piano in corso di esecuzione a percentuali di proposta invariate e con mero allungamento dei tempi

immagine non disponibile

di Rossana Mininno


In ambito concorsuale la procedura concordataria si contraddistingue in quanto funzionalizzata alla risoluzione della crisi di impresa: consente all'imprenditore di evitare, mediante la regolazione dei rapporti in chiave recuperatoria e in modalità concertata con i creditori, che lo stato di crisi evolva in fallimento (ex multis Cass. civ., Sez. I, 30 settembre 2005, n. 19210).


La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto la meritevolezza dell'obiettivo del superamento dello stato di crisi, perseguibile mediante «soluzioni di composizione idonee a favorire, per quanto possibile, la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento» (Cass. civ., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521).


La vexata quaestio della natura giuridica del concordato preventivo è stata risolta dalla giurisprudenza di legittimità nel senso del riconoscimento di una «prevalente natura contrattuale», atteso il «decisivo rilievo della volontà dei creditori e del loro consenso informato» (Cass. civ., Sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860).


La causa concreta della procedura concordataria, «da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro» (Cass. n. 1521/2013 cit.).


Come chiarito dai Giudici di legittimità, l'istituto, tuttavia, non è qualificabile in termini di contratto a prestazioni corrispettive, in quanto «avente una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici e conduce, all'esito dell'omologa, alla cristallizzazione di un accordo di natura complessa ove una delle parti (la massa dei creditori) ha consistenza composita e plurisoggettiva» (Cass. civ., Sez. I, 13 luglio 2018, n. 18738).


Il Codice della crisi e dell'insolvenza ex decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che sarà in vigore dal 1 settembre 2021, ricomprende il concordato preventivo tra gli "Strumenti di regolazione della crisi", ma non tra gli strumenti propriamente negoziali.


La questione della natura giuridica del concordato preventivo ha di recente assunto rilievo dirimente nell'ambito della relazione tematica predisposta dall'Ufficio del massimario e del ruolo della Suprema Corte di cassazione in sede di approfondimento delle "Novità normative sostanziali del diritto "emergenziale" anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale" (relazione n. 56 datata 8 luglio 2020).


L'attuale (e perdurante) fase di emergenza sanitaria, legata all'epidemia da Covid-19, oltre a costituire una grave minaccia - a livello mondiale - per la salute pubblica, ha provocato un grave shock per le economie di tutti i Paesi coinvolti, inducendo i Governi dei vari Stati alla (reiterata) imposizione di misure restrittive e di contenimento, le quali hanno comportato per le imprese commerciali consistenti perdite di fatturato con conseguenti gravi ripercussioni declinabili in termini di impotenza finanziaria.


In ambito concorsuale tale situazione ha avuto un impatto immediato sulle procedure concordatarie omologate in epoca antecedente all'inizio dell'emergenza pandemica, interferendo con la relativa fase di esecuzione.


L'intervento del Governo è consistito nell'introduzione di una proroga semestrale dei termini di adempimento (cfr. articolo 9 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40) «onnicomprensiva e indistinta», non essendo stato richiesto alcun accertamento «circa le cause del ritardo, rispetto agli effetti della crisi Covid».


La norma emergenziale, tuttavia, non ha previsto «alcuna possibilità di modificare il piano omologato, con o senza il concorso dell'approvazione del ceto creditorio», a dispetto della «constatazione empirica» che «ben difficilmente il piano iniziale potrà essere portato a compimento per come inizialmente si è mostrato», attese le gravi (e perduranti) ripercussioni economiche prodotte dalle misure di contenimento imposte per fronteggiare la pandemia.


L'Ufficio del massimario ha, quindi, svolto un'indagine finalizzata all'individuazione dei possibili rimedi a disposizione del debitore concordatario per la gestione della variazione, intervenuta durante la fase esecutiva, delle modalità proprie del concordato, assumendo quale precipuo «riferimento valutativo» il soddisfacimento dei creditori, il quale, oltre a «essersi eretto a "clausola generale" in materia concordataria», «si connota quale componente che, accanto alla "regolazione della crisi", finisce per integrare la causa concreta della proposta di concordato».


Il soddisfacimento dei creditori ha «una funzione di orientamento generale nella materia concordataria-ristrutturativa, posto che in ciascuna sua fase o evoluzione non si può che tenere conto delle possibilità di soddisfazione, effettivamente alla portata dell'imprenditore, in funzione della migliore regolazione dei crediti».


La valutazione del «miglior soddisfacimento», benché già compiuta dai creditori in sede di omologa, «rimane in capo a ciascuno di loro – individualmente – nel contesto dell'esecuzione, ove semplicemente si esprime come apprezzamento ex latere creditoris dei presupposti di utilizzo dell'azione di risoluzione del concordato e di opportunità dell'esperimento di essa».


La valorizzazione dell'elemento della soddisfazione concorsuale dei creditori ha condotto l'Ufficio del massimario a ritenerlo un criterio idoneo a «sovrintendere» anche alla fase esecutiva «in rapporto alle modifiche di piano che dovessero rendersi ivi necessarie» in vista della realizzazione del risultato programmato del superamento della crisi.


A tal fine, attesa l'assenza di una disciplina specificamente dedicata all'esecuzione del piano concordatario per essersi il legislatore limitato «a delineare due tragitti – risoluzione e annullamento – finalizzati a comporre ogni conflitto possa manifestarsi nella fase attuativa», l'Ufficio del massimario ha ritenuto che la normativa di riferimento sia «a grandi linee» quella, in generale, del contratto e, in particolare, dell'adempimento delle obbligazioni: «[è] al lume delle norme generali sull'adempimento, sulle sopravvenienze e sulle modificazioni delle circostanze che possono essere filtrate le tematiche connesse alle modifiche in itinere del piano».


Sulla base del complesso delle disposizioni codicistiche dedicate all'esecuzione dei singoli contratti l'Ufficio del massimario ha ritenuto che «il termine di riferimento dell'esecuzione (rectius, dell'adempimento) non è il contratto, bensì l'obbligazione che ne discende».

Conclusione, questa, valevole anche per il concordato: «è alle obbligazioni e non al contratto che ne rappresenta la fonte, che va riferita l'attività esecutiva; in altri termini si dà esecuzione, non al negozio, ma agli obblighi che ne derivano».


Poiché «obiettivo pratico» del concordato è il pagamento dei crediti, correlato al superamento della crisi, «a venire in rilievo sono, pertanto, le obbligazioni nei confronti dei creditori, valendo il piano a tratteggiare una sorta di perimetro regolamentare, quasi un accordo-quadro dotato di una precisa causa – la regolazione della crisi in chiave recuperatoria dell'azienda – che finisce per permeare tutti gli atti che rendono possibile l'esecuzione del concordato».


L'Ufficio del massimario ha richiamato, in particolare, «i principi che reggono il sistema della revisione e dell'adeguamento dei contratti in caso di eventi sopravvenuti, non previsti dai contraenti» e, segnatamente, la disciplina codicistica dell'ipotesi di sopravvenuta impossibilità di adempiere alla prestazione contrattuale per causa non imputabile al debitore.


La possibilità riconosciuta dall'ordinamento «alla parte "vittima" di eventi pregiudizievoli» di ottenere una «rimodulazione della prestazione contrattuale divenuta inesigibile» è suscettibile, secondo l'Ufficio del massimario, di estensione anche al debitore concordatario nel senso che «ove le misure dei decreti legge non dovessero rivelarsi sufficienti a garantire la continuazione dei rapporti concordatari, è plausibile che il combinato disposto tra gli art. 1256 c.c. e 1467 c.c. consenta di fare ricorso alla condizione assolutoria della forza maggiore, al fine di ottenere la modifica del piano di concordato, a percentuali di proposta invariate e con mero allungamento dei tempi secondo le esigenze economico-finanziarie innescate dal temporaneo lockdown».


La soluzione conclusivamente prospettata, sul piano rimediale, dall'Ufficio del massimario è consistita nel riconoscimento della «possibilità per le imprese incolpevolmente inadempienti di addivenire a cornice normativa invariata alla modifica del piano», in quanto una «equa modificazione delle condizioni di piano è congegno che contempera l'esigenza del debitore (e del sistema) di tenere in piedi l'impresa e quella dei creditori a veder condotta innanzi la soddisfazione concorsuale dei propri crediti».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©