Società

Il valore eccedente la liquidazione non è condizione per l’omologazione forzosa del concordato

Il tribunale di Pavia fornisce alcuni chiarimenti sulle condizioni per la ristrutturazione trasversale

di Carola Pagliuca e Davide Di Marcantonio (*)

Il tribunale di Pavia si è di recente pronunciato nell’ambito di una procedura per l’omologa di un concordato preventivo in continuità, fornendo interessanti chiarimenti circa le condizioni per la ristrutturazione trasversale.

La fattispecie esaminata dal tribunale pavese ha riguardato una proposta di concordato in continuità indiretta, che aveva ricevuto l’approvazione solo della maggioranza dei creditori. Dunque, in assenza dell’unanimità richiesta dal Codice, la società debitrice ha chiesto al tribunale l’omologa forzosa del concordato ai sensi dell’articolo 112, comma II, CCII alla quale si sono opposti due creditori, tra cui l’Agenzia delle Entrate.

L’Amministrazione Finanziaria, in particolare, ha eccepito che la proposta concordataria non prevedeva un apporto di attivo generato dalla continuità, considerato che il valore eccedente quello di liquidazione (costituito, per la maggior parte, da una somma messa a disposizione da un soggetto terzo in caso di omologa del concordato e di aggiudicazione in suo favore dell’azienda e dell’immobile ove si svolge l’attività) doveva essere qualificato come finanza esterna.

Secondo la tesi dell’Agenzia, in tale circostanza il debitore non poteva beneficiare dell’omologa forzosa del concordato ai sensi dell’articolo 112 CCII, perché la deroga - costituita dalla ristrutturazione trasversale - alla regola generale in materia di approvazione del piano (articolo 109 CCII) sarebbe giustificata dall’intento del legislatore di favorire la continuità aziendale, funzionale all’ottenimento di risultati economici dell’impresa da mettere a disposizione dei creditori.

Le argomentazioni del creditore dissenziente si fondavano su precedenti arresti della giurisprudenza di merito e, in particolare, sulla sentenza del tribunale di Mantova del 14.3.2024, secondo la quale “ove non vi sia un surplus concordatario da distribuire non vi è ragione per derogare alle “ordinarie” regole di approvazione del concordato fissate dall’articolo 109 CCI”.

Il Collegio ha, però, rilevato che i precedenti giurisprudenziali citati dall’Agenzia delle Entrate fossero inconferenti rispetto al caso de quo, perché in quei casi, mancando la maggioranza dei creditori favorevoli alla proposta, la richiesta di omologazione era stata formulata con l’applicazione della previsione di cui alla seconda parte dell’articolo 112, comma II lettera d) (“la proposta è approvata da almeno una classe di creditori: 1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito; 2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”).

Solo in tali ipotesi, ha chiarito il Collegio, si richiede la sussistenza di una posta attiva generata dalla continuità, qualificabile come valore eccedente quello di liquidazione, poiché, in sua assenza, non potrebbe essere effettuata la verifica circa il rispetto della condizione alternativa sopra indicata.

Il tribunale ha concluso, quindi, affermando che la sussistenza del valore eccedente quello di liquidazione non è condizione di ammissibilità del concordato in continuità e neanche del cross class cram down ex articolo 112, comma II, CCII fatto salvo il caso in cui “debba farsi applicazione del raffronto dell’ultima parte della condizione di cui alla lett. d)”.

D’altra parte, la sentenza in commento precisa che neppure la presenza nell’attivo del valore di liquidazione costituisce un presupposto necessario per l’omologazione forzosa, poiché l’articolo 112, comma II, CCII, alle lettere a) e b), disciplina solo le regole di distribuzione di tale valore e del surplus generato dalla continuità (rispettivamente priorità assoluta e priorità relativa).

Il Tribunale indica che la ratio dell’imposizione ai creditori dissenzienti della proposta concordataria risiede non (solo) nella prospettazione che la continuazione dell’impresa generi utile da distribuire ai creditori, ma che tale prosecuzione possa preservare posti di lavoro, esecuzione di contratti e il generico indotto che l’esercizio di un’azienda genera, ove la maggioranza o almeno un creditore maltrattato abbia riposto fiducia nel progetto di risanamento.

In definitiva, sulla scorta del percorso argomentativo sopra delineato, il tribunale ha rigettato le opposizioni dei creditori dissenzienti e omologato il concordato, ritenendo che tutte le condizioni per la ristrutturazione trasversale fossero rispettate, ivi compresa quella prevista dalla prima parte dalla lettera d) (“approvazione dalla maggioranza delle classi di cui almeno una prelatizia”).

(*) Partner e Associate di CBA Studio Legale e Tributario

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