Civile

Opposizione agli atti esecutivi, l'udienza per la fase sommaria non è soggetta a comunicazione

Il questo caso secondo la Cassazione (ordinanza 41748/2021) non vale il principio fissato dalla Consulta con la sentenza 197/1998

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di Mario Finocchiaro

In tema di opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi, il decreto con il quale il giudice dell'esecuzione fissa davanti a sé l'udienza per la fase sommaria, assegnando un termine perentorio per la notificazione del ricorso e dello stesso decreto all'opposto, non è soggetto a comunicazione, a cura della cancelleria, al ricorrente, sicché ove quest'ultimo lasci scadere il termine perentorio fissato, incorre nella declaratoria di inammissibilità dell'opposizione, senza potere beneficiare della rimessione in termini. Questo il principio espresso della Cassazione con l'ordinanza 41748/2021. Al riguardo non può trovare applicazione il principio enunciato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 197 del 1998) secondo cui in materia di impugnazioni o opposizioni nessuna decadenza può mai essere prevista dalla legge, o dichiarata dal giudice, se la parte interessata non sia stata posta in condizioni di conoscere la decorrenza del termine per compiere l'atto processuale senza sopportare oneri eccedenti la normale diligenza. Ciò atteso che se, all'epoca della ricordata pronunzia, costituiva un onere eccedente la normale diligenza verificare periodicamente l'avvenuto deposito di un provvedimento giudiziale del quale la Cancelleria non aveva dato avviso alle parti, attualmente, con il processo civile telematico, deve escludersi tale circostanza, potendo qualunque persona autorizzata, in qualunque parte del mondo e in qualunque momento del giorno consultare, da remoto, i registri di cancelleria degli uffici giudiziari in pochi secondi.

I precedenti
Sulla prima parte della massima, pressoché in termini, Cassazione, sentenza 12 giugno 2020, n. 11291 (secondo cui, se il ricorso è stato regolarmente notificato, la mancata comparizione delle parti non incide sull'ammissibilità della domanda e non preclude la possibilità di pervenire ad una pronuncia nel merito, in quanto la regolare instaurazione del contraddittorio pone le condizioni minime per l'attivazione dei poteri officiosi del giudice dell'esecuzione in ordine alla verifica dei presupposti di procedibilità dell'azione espropriativa).
Sulla seconda parte della massima non risultano precedenti.
Corte cost., sentenza 3 giugno 1998, n. 197, in Guida al diritto 1998, fasc. 24, p. 60 (con nota di Sacchettini E., In assenza di un regime di decadenza dall'azione restano salvi i diritti del consulente tecnico) - in particolare - ha enunciato la regula iuris ricordata in massima nel dichiarare infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29 legge 13 giugno 1942 n. 794, come richiamato dall'art. 11, 6º comma, legge 8 luglio 1980 n. 319, nella parte in cui, nel caso di ricorso avverso la liquidazione del compenso spettante al perito, per le operazioni peritali espletate a richiesta dell'autorità giudiziaria, non prevede la comunicazione al ricorrente del decreto del presidente del tribunale in calce al ricorso, con cui viene fissata la comparizione delle parti davanti al collegio in camera di consiglio ed è determinato il termine per la notificazione del decreto e del ricorso stesso alla controparte interessata, in riferimento agli articoli 3 e 24 cost.
A seguito della ricordata pronunzia la Corte di cassazione (che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale) ebbe, in particolare, ad affermare che in tema di opposizione contro il decreto di liquidazione del compenso ai periti, la norma di cui all'articolo 11, 6º comma, legge n. 319 del 1980 (che richiama l'articolo 29 legge n. 794 del 1942) va interpretata, alla luce della sentenza n. 197 del 1998 della corte costituzionale, nel senso che, sull'opponente, grava il solo onere del «tempestivo deposito» del ricorso dinanzi al giudice competente entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione del provvedimento impugnato, con la conseguenza che l'eventuale decadenza dall'impugnazione così proposta non può prescindere dalla conoscenza, in capo al ricorrente stesso, del momento iniziale del termine entro cui egli sia tenuto a procedere ad adempimenti successivi (nella specie, impugnato ritualmente il decreto di liquidazione del compenso da parte di un perito, il presidente del tribunale fissò la comparizione delle parti all'udienza camerale per una data stabilita, con onere di notifica di tale provvedimento a carico del ricorrente un mese prima della data stessa; non avendo questi adempiuto, per mancata comunicazione del provvedimento presidenziale nei suoi confronti, il procedimento venne archiviato dal giudice di merito nonostante la richiesta del perito di fissazione di una nuova udienza, fondata sulla circostanza della mancata comunicazione del decreto presidenziale, decisione cassata, peraltro, dalla suprema corte che ha, nella specie, enunciato il principio della necessità di comunicazione al ricorrente del provvedimento de quo quale presupposto imprescindibile per la successiva declaratoria di archiviazione (Cassazione, sentenza 26 gennaio 1999, n. 695).
Sempre in questo ultimo senso, altresì, Cassazione, sentenze 12 dicembre 2002, n. 17710; 5 giugno 2005, n. 12851, secondo cui il termine perentorio di venti giorni, stabilito dall'articolo 11 della legge n. 319 del 1980 per proporre ricorso avverso il provvedimento di liquidazione del compenso del consulente tecnico di ufficio, decorre dalla comunicazione del provvedimento stesso a cura della cancelleria, e non dalla notifica del medesimo a istanza di parte, nonché 26 maggio 2008, n. 13553, ove la precisazione che poiché il termine perentorio di venti giorni, stabilito dall'articolo 11 della legge 8 luglio 1980 n. 319 - ratione temporis applicabile nella specie - per proporre ricorso avverso il provvedimento di liquidazione del compenso del consulente tecnico di ufficio, inizia a decorrere solo dalla sua comunicazione da parte della cancelleria, nel caso in cui l'impugnazione sia avvenuta in data anteriore, non può derivarne l'inammissibilità, risultando provato documentalmente che non vi è stata inosservanza del termine.

La giurisprudenza "limitrofa"
Sempre in argomento si è precisato, altresì:
- in tema di opposizione agli atti esecutivi, in caso di inosservanza del termine per la notificazione del ricorso e del decreto, il giudice dell'esecuzione, ove non sussistano i presupposti per una rimessione in termini ex articolo 153 Cpc, non può fissare una nuova udienza di comparizione per la fase sommaria, stante la perentorietà del termine di cui all'articolo 618, comma 1, Cpc, né può pronunciare l'inammissibilità dell'opposizione, ma, dichiarata definita la fase sommaria, deve assegnare in ogni caso un termine perentorio per l'inizio del giudizio di merito, in quanto l'inosservanza del primo termine è rilevante solo ai fini della fase sommaria, non potendo precludere che sull'azione di opposizione agli atti debba aver luogo lo svolgimento della cognizione piena con il giudizio di merito, Cassazione, sentenza 6 ottobre 2016, n. 20018;
- la preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all'inizio dell'esecuzione) davanti al giudice dell'esecuzione (ai sensi degli articoli 615, comma 2, 617, comma 2, e 618, nonché 619, Cpc) è necessaria ed inderogabile, in quanto prevista non solo per la tutela degli interessi delle parti del giudizio di opposizione ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e regolarità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso ordinario; la sua omissione, come il suo irregolare svolgimento, laddove abbia impedito la regolare instaurazione del contraddittorio nell'ambito del processo esecutivo ed il preventivo esame dell'opposizione da parte del giudice dell'esecuzione - non solo in vista di eventuali richieste cautelari di parte, ma anche dell'eventuale esercizio dei suoi poteri officiosi diretti a regolare il corso dell'esecuzione - determina l'improponibilità della domanda di merito e l'improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena, Cassazione, sentenza 11 ottobre 2018, n. 25170, in Corriere giuridico, 2019, p. 533, con nota di Asprella C., L'inderogabilità della fase sommaria delle opposizioni esecutive, nonché in Giurisprudenza italiana, 2019, p. 1843, con nota di D'Alberti D., E' derogabile la fase preliminare sommaria dell'opposizione agli atti esecutivi?;
- il termine per la riassunzione del processo esecutivo, sospeso a seguito della proposizione di un'opposizione all'esecuzione a norma dell'articolo 627 Cpc, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell'opposizione (senza che assuma rilievo al riguardo la comunicazione del provvedimento a cura della cancelleria), anche nel caso in cui il giudicato consegua ad una decisione nel merito resa ai sensi dell'articolo 384, 2° comma,Cpc dalla corte di cassazione, Cassazione, ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29188.

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