Orari ridotti e niente autovelox automatici: i paletti del ministero ai sindaci-vigili
I sindaci dei piccoli centri possono anche svolgere funzioni di polizia stradale, sostanzialmente al posto dei vigili. Ma possono farlo limitatamente all’accertamento delle infrazioni e alla rilevazione degli incidenti. E nemmeno di continuo: devono fissare un orario “di servizio”. Inoltre, quando si tratta di usare l’autovelox, non è possibile avvalersi di postazioni fisse che funzionano in automatico: occorre che l’apparecchio sia presidiato.
Sono i vincoli posti dal ministero delle Infrastrutture ai sindaci dei paesi in cui manca del tutto la presenza di corpi di polizia nazionali (Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia di Stato). Tale assenza dà loro la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, come stabilisce l’articolo 57, comma 1, lettera c del Codice di procedura penale. E chi ha questa qualifica abilita anche all’espletamento dei servizi di polizia stradale, come prevede l’articolo 12, comma 2 del Codice della strada. Però si poneva il problema di capire se le funzioni di polizia stradale fossero “piene” (cioè comprendessero tutte le attività tipiche della qualifica, elencate dall’articolo 11 del Codice della strada, sostanzialmente accertamento e prevenzione delle infrazioni, rilevazione incidenti, il dirigere il traffico, i servizi di scorta e la tutela dell’infrastruttura stradale) o limitate. Così la Regione Piemonte ha posto un quesito alla direzione generale Sicurezza stradale del ministero delle Infrastrutture, che ha risposto con il parere 1039/2015.
L’ufficio ministeriale è quello che normalmente riceve i quesiti sull’applicazione del Codice della strada, ma in questo caso precisa che la competenza su questi aspetti è del ministero dell’Interno, cui proprio l’articolo 11 (al comma 3) affida il coordinamento dei servizi di polizia stradale. Dunque, la risposta è da ritenersi solo indicativa e potrebbe essere smentita dal dipartimento Pubblica sicurezza del Viminale.
Premesso questo, le Infrastrutture ritengono che le funzioni espletabili dai sindaci siano solo accertamento/prevenzione delle infrazioni e rilevazione degli incidenti. Quest’ultima attività - si chiarisce - è obbligatoria; in altre parole, non ci si può limitare a fare multe, ma si deve anche prestare la propria attività sui sinistri e se non la si svolge si è colpevoli di omissione. Dai poteri di accertamento discende l’obbligo di fermare i trasgressori quando possibile, per contestare loro l’infrazione immediatamente come l’articolo 200 del Codice della strada richiede a chiunque abbia la qualifica di agente di polizia stradale.
Il tutto, comunque, in un orario determinato. Quindi il sindaco non si può ritenere in servizio permanente effettivo come lo sarebbe un appartenente a un corpo di polizia nazionale (su quelli di polizia locale ci sono controversie e di recente il Tribunale di Parma ha riconosciuto i poteri anche agli agenti fuori servizio).
In quest’orario, il sindaco dovrà rendersi riconoscibile come ogni agente di polizia stradale. Ciò significa che, non indossando una divisa, dovrà fare come tutti gli agenti in borghese: portare con sé una paletta regolamentare.
Ma il punto più delicato è l’uso degli apparecchi di rilevazione della velocità. Dalle norme sulla riconoscibilità, il ministero deduce che l’unica modalità ammissibile sia quella «presidiata». Esplicitando il concetto, pare di dover concludere che il sindaco dovrebbe piazzarsi accanto all’apparecchio, anche se esso fosse di modello approvato per l’utilizzo anche automatico in postazione fissa. Restano fissi gli altri limiti imposti dal Codice della strada ai controlli di velocità, tra cui la diretta disponibilità dell’apparecchio da parte dell’amministrazione comunale (il ministero precisa che è vietata l’acquisizione a titolo di persona fisica).
Ministero delle Infrastrutture, direzione generale Sicurezza stradale - parere 1039/2015