Overtourism, la Consulta conferma i limiti alle strutture ricettive della Toscana
La Consulta, sentenza numero 186 depositata oggi, salva il testo unico del turismo della Regione Toscana
La Corte costituzionale, con la sentenza numero 186 depositata oggi, ha esaminato le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento a diverse disposizioni della legge della Regione Toscana numero 61 del 2024, recante il testo unico del turismo.
La Corte ha dichiarato infondate le questioni sollevate, per violazione degli articoli 3 e 41 della Costituzione, con riferimento all’articolo 22, comma 6, che prevede la possibilità, per gli alberghi, di associare nella gestione, in aumento della propria capacità ricettiva e nei limiti del 40 per cento della medesima, unità immobiliari residenziali nella loro disponibilità, ubicate entro duecento metri, ma attribuisce ai comuni il potere di stabilire una percentuale inferiore. Secondo la Corte, la norma impugnata conferma la generale funzione comunale di regolare gli insediamenti sul proprio territorio e fa salva la possibilità per il singolo comune di temperare l’espansione delle attività alberghiere, tenendo conto delle esigenze del proprio territorio.
La Corte ha poi esaminato diverse questioni relative alle disposizioni concernenti le «strutture ricettive extra-alberghiere con le caratteristiche della civile abitazione».
Ha respinto le questioni relative all’articolo 41, comma 3, secondo il quale l’attività ricettiva extra-alberghiera è consentita esclusivamente in unità immobiliari aventi, ai fini urbanistici, destinazione d’uso turistico-ricettiva, con esclusione di quelli aventi destinazione d’uso residenziale. La Corte ha sottolineato che, in base agli articoli 42-45, le strutture in questione devono essere gestite in forma imprenditoriale: dunque, se un immobile è utilizzato in modo stabile ed organizzato come struttura ricettiva extra-alberghiera, la previsione della destinazione d’uso turistico-ricettiva non può essere considerata irragionevole.
La Corte ha dichiarato infondata anche la questione relativa alla norma transitoria (articolo 144, comma 3), secondo la quale «[l]e disposizioni di cui all’articolo 41, comma 3, si applicano a far data dal 1° luglio 2026». La violazione dell’articolo 3 della Costituzione non sussiste perché l’articolo 144, comma 3, non distingue tra diverse categorie di proprietari ma a tutti consente di mantenere la destinazione d’uso residenziale fino al 1° luglio 2026 e a tutti impone di passare alla destinazione turistico-ricettiva da tale data.
La Corte ha respinto anche le questioni relative all’articolo 41, comma 4, in base al quale «[l]’attività di affittacamere, o di bed and breakfast, o di residenza d’epoca svolta da uno stesso soggetto […] in più strutture ricettive nell’ambito del medesimo edificio non può comunque superare il numero di camere e la capacità ricettiva di una singola struttura». Tale norma, per la Corte, non viola l’articolo 41 della Costituzione, in quanto alcune strutture sono caratterizzate da una dimensione “familiare”, alla quale sono connaturati limiti dimensionali, e rientra nella discrezionalità del legislatore regionale la scelta del modo in cui evitare possibili elusioni delle singole norme che fissano i limiti dimensionali delle diverse strutture.
La Corte ha dichiarato infondate anche le questioni sollevate, per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), e dell’articolo 42 della Costituzione, con riferimento agli articoli 42-45, secondo i quali le strutture ricettive turistiche extra-alberghiere con le caratteristiche della civile abitazione devono essere gestite «in forma imprenditoriale». Per la Corte, l’obbligo di gestione in forma imprenditoriale rappresenta una condizione che attiene alle modalità di esercizio della struttura ricettiva, il cui rispetto è necessario per poter gestire una struttura “classificata”. Le norme che stabiliscono tale obbligo, dunque, risultano estranee all’ordinamento civile e sono riconducibili alla materia del turismo, spettante alla competenza piena regionale ex articolo 117, quarto comma, della Costituzione. Quanto all’articolo 42 della Costituzione, la Corte ha ritenuto che gli articoli 42-45 determinino un’ingerenza nelle libere scelte dei proprietari, ma che essa sia giustificata in quanto volta a perseguire una funzione sociale in modo proporzionato, in particolare la finalità di limitare la proliferazione delle strutture ricettive extra-alberghiere e gli effetti negativi dell’overtourism.
Infine, la Corte ha dichiarato infondate le questioni relative all’articolo 59, concernente le locazioni turistiche brevi. In base a tale disposizione, i comuni ad alta densità turistica e i comuni capoluogo di provincia «possono, con proprio regolamento, individuare zone o aree in cui definire criteri e limiti specifici per lo svolgimento, per finalità turistiche, delle attività di locazione breve di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 […], esercitate anche in forma imprenditoriale» (comma 1). Nei comuni dotati del regolamento di cui al comma 1, «l’esercizio dell’attività di locazione breve, per le zone o aree interessate, è subordinato al rilascio al locatore di un’autorizzazione di durata quinquennale per ciascuna unità immobiliare che si intende locare» (comma 4).
La Corte ha escluso l’invasione della materia “ordinamento civile”: l’articolo 59 detta una disciplina amministrativa che interseca in via prevalente le materie del governo del territorio e del turismo, in quanto prevede un potere regolatorio comunale - che riguarda un’attività economica di tipo turistico e si riflette sull’assetto del territorio - e istituisce un (possibile) regime amministrativo autorizzatorio. La Corte ha dichiarato infondate anche le questioni relative all’articolo 3 e all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.







