Rimessione in termini, per la tempestività conta la consapevolezza non le eccezioni di controparte
Per la Cassazione, ordinanza n. 27626 depositata oggi, la reazione deve essere immediata rispetto al momento in cui la parte comprende la necessità di compiere l’atto ormai precluso, senza aspettare che l’altra parte sollevi la decadenza
Con riguardo alla impugnazione di un licenziamento per motivi disciplinari, la Cassazione, ordinanza n. 27626 depositata oggi, torna sull’istituto della rimessione in termini per ribadire la necessità della tempestività dell’istanza della parte decaduta, a prescindere da eventuali eccezioni sollevate dalla controparte. Se dunque una parte scopre di essere incorsa in decadenza (nel caso per un guasto informatico), deve reagire non appena ne ha conoscenza; non può invece attendere che l’altra parte sollevi formalmente l’eccezione di decadenza nel processo.
Il caso era quello di un uomo licenziato per aver simulato una malattia, o comunque per averne ritardato la guarigione. Il dipendente aveva impugnato il licenziamento e l’azienda eccepito la decadenza per aver depositato il ricorso oltre il termine di 180 giorni dall’impugnativa stragiudiziale. Il tribunale aveva dichiarato la domanda inammissibile. Successivamente, a seguito dell’opposizione del dipendente, aveva accolto l’istanza di rimessione in termini, ed anche ordinato anche la reintegra nel posto di lavoro. La Corte d’appello aveva poi confermato il giudizio. Secondo la Corte territoriale, la tempestività sussisteva poiché l’istanza di rimessione in termini “è stata formulata alla prima udienza utile successiva alla eccezione di controparte, in cui il lavoratore aveva allegato prova documentale della causa di forza maggiore (virus informatico) che aveva impedito il tempestivo deposito del ricorso”.
A quel punto, il dipendente ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto tempestiva l’istanza di rimessione in termini e sussistente l’impedimento dovuto a causa di forza maggiore. E la Suprema corte l’ha accolto.
La tempestività, ossia l’immediatezza della reazione della parte colpita da decadenza, afferma la Cassazione, va valutata “rispetto al momento in cui è maturata la decadenza, di cui abbia avuto consapevolezza la parte o il suo difensore”. In sostanza, prosegue, “la rimessione in termini richiede l’immediatezza della reazione rispetto al palesarsi della necessità di svolgere quell’attività processuale ormai preclusa” (n. 19290/2016). Ne deriva, prosegue, che essa non può essere condizionata o in qualche modo rapportata alla eventuale proposizione della eccezione di decadenza della controparte. Inoltre, “neppure può dirsi sempre tempestiva, come viceversa mostra di ritenere la sentenza impugnata, l’istanza anteriore alla decisione di improcedibilità, perché allora sarebbe sempre tempestiva purché anteriore a quella decisione di rito, in tal modo restando preclusa al giudice per ciò solo la valutazione della tempestività dell’istanza, che invece il legislatore gli riserva”.
La Suprema corte ha così cassato la sentenza rinviando alla Corte d’appello che nel decidere dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “Ai fini della rimessione in termini il requisito essenziale della tempestività dell’istanza della parte colpita dalla decadenza va valutato rispetto al momento in cui si è palesata la necessità di svolgere quell’attività processuale ormai preclusa ed alla consapevolezza acquisita dalla parte, a prescindere dalle eccezioni eventualmente sollevate a riguardo dalla controparte”.