Professione e Mercato

Sospeso per due mesi il legale che non paga la fattura del cantiere nautico

La Cassazione ha confermato la condanna del Cnf nei confronti di un legale ultrasettantenne che nonostante il procedimento monitorio subito non aveva saldato il debito

di Francesco Machina Grifeo

Sospeso per due mesi l’avvocato che non paga la fattura del cantiere nautico per i lavori di manutenzione del gozzo. Le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 30771/2025, hanno confermato la sanzione emessa dal Consiglio nazionale forense, nel settembre scorso, nei confronti di un legale che dopo quaranta anni di specchiata attività chiude così la carriera con una macchia.

In parziale riforma della decisione emessa dal Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD), il Cnf aveva dimezzato la sanzione nei confronti dell’avvocato reo di “non aver corrisposto al cantiere l’importo di 10mila per i lavori eseguiti sul natante di sua proprietà, arrecando così disdoro alla professione forense, compromettendone la dignità e l’affidamento del terzo”.

Secondo il Consiglio forense il fatto contestato rientrava nell’illecito deontologico previsto dall’articolo 64: “Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi”. Il legale si è difeso affermando di aver versato un acconto di “€ 2.500,00 in contanti, il cui saldo sarebbe stato versato al varo del natante, varo mai avvenuto”. Inoltre, egli, ormai ultrasettantenne, ed in precarie condizioni di salute, era stato sottoposto ingiustamente “dal 2005 al 2017 ad un processo penale definitosi con assoluzione piena”. Infine, la “natura voluttuaria” della spesa sarebbe irrilevante a fronte della “involontarietà dell’azione sanzionata”.

Il ragionamento non convince la Suprema corte. Per i giudici, l’inadempimento della “obbligazione estranea all’esercizio della professione” è “idoneo ad assumere, per modalità e gravità, carattere di illecito disciplinare, in quanto tale da compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi”. Del resto, l’avvocato aveva assunto l’impegno quando i suoi problemi di salute “erano già in parte presenti” ed aveva comunque “ad oggetto spese per un bene voluttuario”, senza che emergesse una “causa di forza [maggiore]” che potesse “escludere l’elemento soggettivo dell’illecito o attenuarlo”. Correttamente, invece, il Cnf ha accolto il ricorso sulla determinazione della sanzione, vista “l’assenza di precedenti in oltre quaranta anni di professione”.

Per la Cassazione affinché scatti l’illecito previsto dall’art. 64 del codice deontologico forense, in relazione all’obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi, “non è necessario che l’agente abbia coscienza dell’antigiuridicità della condotta, ma è sufficiente che quest’ultima sia volontariamente posta in essere”. E allora, se “può certamente venire in rilievo una assoluta impossibilità della prestazione derivante da causa obiettiva estranea alla sua volontà, caso fortuito o forza maggiore”, è pur vero - conclude la Corte - che “la valutazione in ordine alla sussistenza dell’elemento sia materiale che psicologico (concretantesi nella coscienza e volontarietà dell’azione o dell’omissione) dell’illecito disciplinare addebitato all’avvocato spetta al Consiglio Nazionale Forense”.

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