Civile

Suicidio assistito, nuovo rinvio alla Corte costituzionale sul “sostegno vitale”

La rimessione da parte del Gip di Bologna nel corso del procedimento contro Marco Cappato e altri, indagati per avere accompagnato nel 2023 in Svizzera la signora Paola, affetta da parkinsonismo avanzato

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Bologna, con ordinanza depositata il 29 settembre 2025, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del Codice Penale, sul caso della signora Paola, 89 anni, affetta da parkinsonismo irreversibile. Al centro, di nuovo il requisito del “trattamento di sostegno vitale”. Lo comunica l’Associazione Luca Coscioni.

Il procedimento riguarda Felicetta Maltese, Virginia Fiume e Marco Cappato, indagati per avere accompagnato nel 2023 in Svizzera la signora Paola, affetta da parkinsonismo avanzato, patologia irreversibile e fonte di intollerabili sofferenze. Pur lucida e consapevole, la signora non era dipendente da nessun trattamento di sostegno vitale e non avrebbe potuto morire neppure attraverso un semplice rifiuto delle cure, ma solo mediante suicidio medicalmente assistito.

Il GIP ha rilevato che il limite del requisito del trattamento di sostegno vitale, imposto dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, che ha legalizzato il “suicidio assistito” in Italia a determinate condizioni, crea una discriminazione tra pazienti, impedendo a chi soffre in modo irreversibile di esercitare pienamente il diritto all’autodeterminazione. La questione riguarda il rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza, libertà personale e diritto alla vita privata, nonché dell’articolo 8 della CEDU.

In particolare il Giudice nelle motivazioni scrive: “Il requisito dei trattamenti di sostegno vitale non contribuisce in alcun modo a misurare la capacità di intendere e di volere, la libertà e autonomia di scelta o le sofferenze fisiche o psicologiche dei soggetti malati, risultando irrilevante ai fini della dimostrazione della patologia e della sua irreversibilità. (..) La presenza di una patologia seria e irreversibile, unitamente a sofferenze fisiche o psicologiche gravi, è già pienamente assicurata dai requisiti previsti dalla legge. Pertanto, il dubbio di costituzionalità riguarda il fatto che solo le persone malate che si trovino a dipendere da un presidio medico o trattamento farmacologico di sostegno vitale possano legittimamente usufruire dell’aiuto al suicidio, mentre agli altri infermi è precluso ricorrere a tale pratica nei tempi e modi da loro scelti, dovendo attendere il peggioramento delle condizioni patologiche.” (p.8 ord.)”

Secondo l’avvocato Filomena Gallo, difensore di Marco Cappato e coordinatrice del collegio di studio e difesa: “Il GIP di Bologna ha confermato ciò che già altri giudici hanno evidenziato: il requisito del sostegno vitale non ha alcuna ragionevolezza. Le storie delle persone portano i Tribunali a riconoscere l’irragionevolezza di un requisito che si rivela arbitrario e lesivo dei diritti fondamentali”.

Per Marco Cappato, Presidente dell’associazione Soccorso Civile: “ In assenza di un intervento del Parlamento, è ora che la Corte costituzionale riconosca a tutte le persone, senza arbitrarie esclusioni, il diritto di scegliere come porre fine alle proprie sofferenze.

Il procedimento è stato sospeso e gli atti sono stati trasmessi alla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 580 del codice penale nella parte contestata.

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