Vendita di beni: la nuova disciplina consumeristica
La disciplina applicabile ai contratti conclusi dopo il 1° gennaio 2022 La disciplina applicabile ai contratti conclusi dopo il 1° gennaio 2022
la QUESTIONE
La novella al Codice del Consumo, operativa dal 1° gennaio 2022, in che termini ha inciso sul contratto di vendita di beni? Come sono mutate le definizioni di "bene" e "venditore"? I diritti dei consumatori sono rimasti inalterati ovvero sono stati implementati? Come si atteggia la normativa riguardo beni e servizi digitali?
Dal 1° gennaio 2022 sono in vigore alcune modifiche intercorse sul Codice del Consumo, che trovano vigenza unicamente in favore dei contratti stipulati dopo la stessa data. Nel dettaglio, il D.Lgs. n. 170/2021, attuando una Direttiva UE, ha aggiornato il Codice del Consumo (di cui al D.Lgs. n. 206/2005), modificando gli articoli da 128 a 135, ed inserendo gli articoli dal 135 bis al 135 septies. La direttiva in questione è la (UE) 2019/771, che a sua volta ha modificato il Regolamento (UE) 2017/2394 e la Direttiva 2009/22/CE, ed abrogato la Direttiva 1999/44/CE. Le tematiche oggetto di emenda afferiscono alla vendita di beni tra venditore e consumatore, che non risulta più circoscritta ai beni di consumo. Più precisamente, la definizione di bene si è estesa, includendo i "beni con elementi digitali", ma anche gli "animali vivi". Sono state maggiormente specificate le norme in ordine ai requisiti di conformità, di indole soggettiva come anche oggettiva, e tuttavia persiste la presunzione che il difetto di conformità sussistesse già al momento della consegna del bene, ove si si manifesti entro il termine di un anno, mentre nella disciplina previgente il termine era pari a 6 mesi. Il legislatore della riforma lascia inalterate le quattro soluzioni (cd. "rimedi") già delineate dalla primigenia disciplina consumeristica: ripristino del bene, sostituzione del bene, riduzione proporzionale del prezzo, risoluzione del contratto. Al contempo è stato soppresso l'obbligo del consumatore di denunziare i vizi entro due mesi dalla scoperta. Inoltre, la disposizione di chiusura rinvia alla disciplina codicistica (e, quindi, del c.c.), per ciò che non risulta previsto dal capo in disamina, includendovi anche ciò che attiene al diritto al risarcimento del danno. Va tuttavia osservato che la disposizione primigenia non contemplava, in capo al consumatore, la facoltà di richiedere il ristoro del pregiudizio subito.
Le nuove definizioni
L'art. 128 Codice del Consumo circoscrive l'ambito di operatività, come pure modifica le definizioni, afferenti alla vendita di beni, che non vengono più qualificati "di consumo" bensì unicamente "beni". Nella definizione di "venditore" compare anche la dicitura "il fornitore di piattaforme se agisce per finalità che rientrano nel quadro della sua attività e quale controparte contrattuale del consumatore per la fornitura di contenuto digitale o di servizi digitali". Compaiono definizioni concernenti i "contenuti" e i "servizi digitali", la compatibilità, la interoperabilità e il supporto durevole. Con peculiare riferimento ai contratti di fornitura di contenuti, ovvero servizi, digitali, le nuove norme sono operative nei confronti dei contenuti digitali o dei servizi digitali incorporati o interconnessi con beni, e forniti col bene stesso in forza del contratto di vendita, e a prescindere dalla circostanza che tali contenuti o servizi digitali siano forniti dal venditore, ovvero da soggetti terzi. Inoltre, all'interno della nozione di bene, quale "bene mobile materiale", anche da assemblare, vengono ricompresi finanche gli animali vivi, come pure l'acqua, il gas e l'energia elettrica, nelle ipotesi in cui debbano essere confezionati per la vendita in un volume delimitato, oppure in quantità determinata. Il succitato art. 128, tra le varie definizioni, contempla anche quella di "produttore". La novella ha quindi intaccato la definizione di produttore, inteso quale fabbricante di un bene, importatore di un bene nel territorio dell'UE, ovvero qualsiasi altro soggetto che si presenta come produttore apponendo sul bene il suo nome, marchio o altro segno distintivo.
Operatività della disciplina novellata
La normativa in questione, così come novellata, si applica anche ai beni usati, nella delimitazione fornita dallo stesso legislatore. Viene confermata l'equiparazione del contratto di vendita a permuta, somministrazione, appalto, contratto d'opera, e a ogni ulteriore contratto indirizzato alla fornitura di beni da fabbricare o produrre. Tuttavia, la disciplina in esame non trova operatività:
al supporto materiale che funge unicamente da vettore al contenuto digitale,
ai beni oggetto di vendita forzata.
I requisiti di conformità
La "conformità al contratto", di cui all'articolo 129 Codice del Consumo, è stata novellata in "conformità dei beni al contratto", elencando i requisiti soggetti e oggettivi di conformità. Quanto ai primi, i bene deve possedere:
la corrispondenza alla descrizione, alla tipologia, alla quantità e alla qualità contrattuali;
la funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità e le ulteriori caratteristiche previste dal contratto di vendita;
l'idoneità ad ogni impiego particolare voluto dal consumatore, che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al più tardi al momento della conclusione del contratto di vendita e che il venditore abbia accettato;
la completezza, ossia deve essere fornito assieme a tutti gli accessori, alle istruzioni, anche inerenti all'installazione, previsti dal contratto di vendita;
l'aggiornamento, così come previsto dal contratto di vendita.
Quanto ai requisiti oggettivi, si contempla:
l'idoneità agli scopi per i quali si utilizzano beni di quella tipologia, tenendo conto di quanto disposto dalla normativa nazionale ed europea, dalle norme tecniche ovvero, in difetto, dai codici di condotta dell'industria applicabili allo specifico settore;
la qualità e la corrispondenza alla descrizione del campione, ovvero modello, che il venditore ha messo a disposizione del consumatore prima della conclusione del contratto;
la completezza, ossia deve essere consegnato unitamente agli accessori, compresi imballaggio, istruzioni per l'installazione. ovvero ulteriori istruzioni;
le qualità e altre caratteristiche, anche in termini di durabilità, funzionalità, compatibilità e sicurezza, ordinariamente presenti in un bene dello stesso tipo, e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, in base alle dichiarazioni pubbliche rese dal venditore, ovvero da altri, incluso il produttore, in particolare nella pubblicità o nell'etichetta.
Gli obblighi del venditore e la condotta del consumatore
L'art. 130, già rubricato "diritti del consumatore", è stato novellato in "obblighi del venditore e condotta del consumatore". Nella versione attuale il venditore non risulta vincolato alle dichiarazioni pubbliche ove comprovi, in via alternativa, che:
non conosceva tale dichiarazione, né poteva conoscerla usando l'ordinaria diligenza,
la dichiarazione è stata corretta, prima della conclusione del contratto, impiegando le medesime modalità con cui è stata resa,
la dichiarazione non ha influenzato il consumatore nell'acquisto del bene.
Il venditore, sempre nella nuova versione normativa, soggiace a obblighi di aggiornamento per i beni con elementi digitali. Ove il consumatore non dia seguito alla loro installazione entro un congruo periodo, il venditore non risponde per i difetti di conformità derivanti dall'omesso aggiornamento qualora:
abbia informato il consumatore della disponibilità dell'aggiornamento e degli effetti dell'omessa installazione,
l'omessa installazione non dipenda da carenze informative imputabili al venditore.
La responsabilità del venditore
La nuova versione dell'art. 133 contempla norme sulla responsabilità del venditore, il quale risulta responsabile per qualsiasi vizio di conformità del bene sussistente al momento della consegna, e che si manifesta entro due anni. Tale regola opera anche verso i beni con elementi digitali. L'azione preordinata a far valere i difetti non dolosamente occultati ad opera della parte venditrice, trova la propria prescrizione in 26 mesi decorrenti dalla consegna e, nell'ipotesi di beni usati, le parti possono convenire un termine di prescrizione non inferiore a un anno. Per l'effetto, risulta soppresso l'obbligo, già posto a carico del consumatore, di denunziare i vizi entro due mesi dalla scoperta.
Il diritto di regresso
E' la nuova dizione dell'art. 134 a regolamentare il diritto di regresso, statuendo che il venditore finale, qualora responsabile nei confronti del consumatore per un difetto di conformità dipendente dalla condotta di un soggetto, in ordine ai passaggi precedenti, intercorsi nella stessa catena di transazioni negoziali, inclusa l'omissione di fornire gli aggiornamenti per i beni con elementi digitali, vanta il diritto di regresso verso la persona, o le persone responsabili, nella predetta catena.
L'onere della prova
L'art. 135 del Codice del Consumo contempla una presunzione: il difetto di conformità sussiste già al momento della consegna del bene, compresi quelli digitali, ove si manifesti entro un anno da tale momento, mentre prima della novella detto termine era pari a 6 mesi. Quanto ai beni con elementi digitali verso i quali il contratto di vendita preveda la fornitura continuativa del contenuto digitale, ovvero del servizio digitale per un periodo di tempo, l'onere della prova sulla circostanza che il contenuto o il servizio digitale fosse conforme, compete al venditore per i difetti di conformità che si manifestino entro detto termine. Infine, si rinvia all'art. 133 c. 2, norma ove il venditore risulta responsabile per il difetto di conformità entro due anni, o più di due anni, termine distinto in base alla durata della fornitura continuativa del prodotto o servizio digitale oggetto del contratto di vendita.
I diritti del consumatore in ipotesi di vizi del bene
A norma dell'art. 135 bis del Codice del Consumo, in ipotesi di difetto di conformità del bene il consumatore ha diritto al ripristino della conformità, oppure alla riduzione proporzionale del prezzo, oppure alla risoluzione del contratto. Inoltre, nel caso di ripristino alla conformità del bene, il consumatore può optare tra riparazione e sostituzione, purché l'opzione manifestata non risulti impossibile, ovvero eccessivamente onerosa in capo al venditore, e tenuto conto del valore del bene in assenza del difetto, dell'entità del difetto, come pure della possibilità di esperire il rimedio alternativo senza inconvenienti per il consumatore. Inoltre, il consumatore ha diritto alla riduzione proporzionale del prezzo o alla risoluzione del contratto se:
il venditore non ha provveduto alla riparazione o sostituzione del bene,
si manifesta un difetto di conformità malgrado il tentativo di ripristino del bene,
il difetto di conformità è così grave da giustificare la riduzione del prezzo o la risoluzione,
il venditore ha dichiarato, ovvero risulta dalle circostanze, che non procederà al ripristino della conformità entro un termine ragionevole.
Viene inoltre specificato che il consumatore non vanta il diritto alla risoluzione del contratto ove il difetto di conformità sia lieve e spetti al venditore dimostrarlo. Il consumatore può rifiutare di eseguire il pagamento di qualsiasi parte di prezzo finquando il venditore non abbia adempiuto agli obblighi previsti dalla normativa in disamina. Infine, è precisato che restano salve le disposizioni del Codice Civile che disciplinano l'eccezione di inadempimento, come anche il concorso del fatto del consumatore.
La riparazione o la sostituzione
E' l'art. 135 ter a disporre che la riparazione o sostituzione devono avvenire senza spese, entro un congruo lasso di tempo, e senza notevoli inconvenienti in capo al consumatore. Infine, il consumatore non è tenuto a corrispondere alcunché per il normale impiego del bene sostituito nel periodo precedente la sostituzione.
I rimedi della riduzione del prezzo e della risoluzione del contratto
L'art. 135 quater contempla la normativa volta a disciplinare i rimedi della riduzione del prezzo e della risoluzione del contratto. Il consumatore ha diritto ad una riduzione del prezzo proporzionale alla diminuzione di valore del bene. La risoluzione del contratto viene esercitata tramite dichiarazione diretta al venditore. Ove il difetto di conformità afferisca a solo alcuni dei beni consegnati, il contratto può essere risolto limitatamente agli stessi. In ipotesi di risoluzione, il consumatore vanta l'obbligo di restituire il bene al venditore a spese di quest'ultimo, e il venditore deve rimborsare al consumatore quanto già pagato per il bene al relativo ricevimento, ovvero delle prove fornite dal consumatore in ordine alla circostanza di aver restituito, ovvero spedito, il bene.
Il carattere imperativo delle norme
L'articolo 135 sexies, rubricato "Carattere imperativo delle disposizioni", facendo salvo quanto altrimenti disposto dallo stesso capo normativo, statuisce la nullità di ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, preordinato a escludere o limitare a danno del consumatore, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dalle norme del medesimo capo. La nullità può essere fatta valere unicamente dal consumatore, e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Si precisa, inoltre, che il venditore può sempre offrire al consumatore condizioni contrattuali di maggior tutela rispetto a quanto previsto dalle stesse disposizioni in disamina. Infine, è sancita la nullità di ogni clausola contrattuale la quale, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di uno Stato non appartenente all'UE, sortisca l'effetto di privare il consumatore della protezione garantita dalle norme in esame, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento col territorio di uno Stato membro dell'UE.
Il diritto al ristoro patrimoniale
Il nuovo art. 135 septies rinvia, per quanto non previsto, alle norme del Codice civile in tema di formazione, validità ed efficacia dei contratti, incluse le conseguenze della risoluzione del contratto e il diritto al risarcimento del danno. Prima della novella non risultava contemplata la facoltà, in capo al consumatore, di richiedere il ristoro del pregiudizio patito. La stessa norma conclude chiarendo che, per gli aspetti disciplinati dallo stesso capo del Codice del Consumo, non sono operative ulteriori norme aventi l'effetto di garantire al consumatore un diverso livello di tutela.
I chiarimenti dettati dalla Cassazione riguardo la disciplina ante 2022
Ai sensi dell'articolo 130 del Codice del Consumo (vecchia versione), le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta, e non devono arrecare notevoli inconvenienti al soggetto consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato lo stesso. Inoltre, la riparazione, come anche la sostituzione del bene non conforme, devono essere effettuate non solo senza spese ed entro un lasso di tempo ragionevole, ma pure senza notevoli inconvenienti per il consumatore. Secondo la Cassazione, nella fattispecie esaminata con l'Ordinanza n. 3695 del 6 febbraio 2022, dove operava la disciplina anteriore alla novella in vigore dal 1° gennaio 2022, la circostanza che l'autovettura fosse stata portata in concessionaria per riparazioni in garanzia, costituiva una valida forma di denuncia dei vizi, essendo palese che il ricovero non fosse determinato da controlli di routine previsti dopo l'acquisto del veicolo. I ricoveri dell'automobile, per riparazioni in garanzia, testimoniano il tentativo di riparazione e sostituzione del bene, presupposto per l'applicabilità dell'articolo 130 del Codice del Consumo (ante novella). E in quella vicenda, oggetto di disamina da parte dei giudici ermellini, erano stati richiesti 2.700 euro per le riparazioni dell'impianto frenante, di una vettura originariamente acquistata per 22.000 euro. Spese che la Cassazione ha posto a carico del venditore, avendo riscontrato i diritti dell'acquirente elencati dal Codice del Consumo (ante novella operativa dal 2022). Pertanto, è stato osservato che la denuncia dei vizi da parte del consumatore può essere fatta con qualunque mezzo che, in concreto, si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati sull'auto, e che la riparazione e la sostituzione di una vettura non conforme devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore. Con specifico riferimento al settore automotive, se ne ricava che il venditore di autovetture è responsabile nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del veicolo, allorché il difetto si palesi entro il termine di due anni dalla consegna. Il difetto di conformità consente al consumatore di esperire i vari rimedi elencati all'articolo 130 del Codice del Consumo (in pratica riconfermativi dalla riforma), e che risultano graduati, secondo un preciso ordine: in primo luogo potrà proporre al venditore la riparazione o la sostituzione del bene, solo in secondo luogo, e alle condizioni contemplate dal comma 7 (dell'articolo 130 Codice Consumo, versione ante novella), potrà richiedere una congrua riduzione del prezzo, oppure la risoluzione del contratto. Tuttavia, nella finalità di poter usufruire di detti diritti, sul soggetto consumatore è addossato l'onere di denunciare al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi decorrenti dalla data di scoperta del vizio. Il collegio ha inoltre osservato che il Codice del Consumo prevede una presunzione in favore del consumatore, ovvero si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene risultino sussistenti già a tale data. Tuttavia, detta presunzione risulta superabile anche tramite una prova contraria: ove il difetto si appalesi entro tale termine, il consumatore beneficia di un'agevolazione probatoria dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio, mentre grava sul venditore l'onere di provare la conformità della vettura consegnata rispetto al contratto di vendita e, inoltre, ove sia superato il termine di sei mesi, il consumatore che agisce in giudizio deve fornire la prova che il difetto dell'automobile fosse stato presente già nel mezzo, in quanto il vizio ben potrebbe qualificarsi come sopravvenuto e dipendere da cause indipendenti dalla non conformità del prodotto. Come ulteriore effetto, il consumatore deve provare l'inesatto adempimento, ad opera del venditore, mentre il venditore deve comprovare di aver consegnato un'auto conforme alle caratteristiche della tipologia prodotta, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione dell'autoveicolo. Solo dove detta prova sia stata fornita, spetta all'acquirente dimostrare la sussistenza di un vizio, di un difetto intrinseco dell'auto, imputabile al venditore. È evidente che, il venditore, a differenza del consumatore, può avvalersi più facilmente di mezzi organizzativi che consentono di effettuare la necessaria diagnosi del problema, nella finalità di appurare la sussistenza del difetto. La Cassazione, nella stessa occasione, ha messo in luce che risulterebbe esageratamente oneroso, in capo al consumatore, assolvere l'onere probatorio tramite l'allegazione del vizio specifico di cui è affetto il veicolo, in quanto ciò richiederebbe l'accesso a dati tecnici del veicolo, come anche a un'assistenza tecnica specializzata che, al contrario, si trovano nella più agevole disponibilità del venditore. Nella stessa Ordinanza la Cassazione ha richiamato la Sentenza della Corte di Giustizia del 4 giugno 2015, dove erano stati forniti una serie di ragguagli in ordine all'interpretazione della Direttiva 1999/44/CE in tema di vendita e garanzia dei beni di consumo: in quella specifica occasione i giudici di Lussemburgo avevano precisato che l'acquirente deve far valere, e fornire la prova, che l'automobile venduta non è conforme al corrispondente contratto poiché, ad esempio, non presenta le qualità convenute in quest'ultimo, ovvero non è idonea all'uso che ci si attende abitualmente per detto genere di mezzo. Deve essere dimostrata la sola sussistenza del difetto, senza necessità di provarne la causa, e neppure un'origine imputabile alla parte venditrice. A ciò si era aggiunto che il consumatore ha l'onere di provare che il difetto di conformità si sia manifestato, ossia si sia palesato concretamente, entro il termine di sei mesi dalla consegna del mezzo. In tal modo viene dispensato dall'obbligo di provare che il difetto di conformità sussisteva alla data di consegna del bene, posto che il manifestarsi di detto difetto, nel breve periodo di sei mesi, consente di supporre, come ha precisato la Corte di Giustizia, che, per quanto si sia rivelato solamente dopo la consegna del bene, era già presente allo stato embrionale, e cioè nell'auto stessa al momento della consegna. In tal modo, viene a gravare sulla parte venditrice l'obbligo di produrre, se del caso, la prova che il difetto di conformità non fosse presente al momento della consegna del bene, e la dimostrazione che lo stesso difetto trova origine, ovvero causa, in un atto ovvero in un'omissione susseguente rispetto alla consegna del bene. L'Ordinanza in disamina ha offerto molteplici chiarimenti, tuttavia l'interprete dovrà verificare, ipotesi per ipotesi, se per la singola fattispecie risulterà operativa la disciplina ante o post 2022.
Considerazioni conclusive
Dal 1° gennaio 2022 sono in vigore talune modifiche intercorse sul Codice del Consumo, la quali hanno trovato vigenza solo in favore dei contratti posti in essere a seguito della stessa data. Il D.Lgs. n. 170/2021, attuando una Direttiva UE, ha aggiornato il Codice del Consumo, modificando gli articoli da 128 a 135, ed inserendo gli articoli dal 135 bis al 135 septies. La Direttiva (UE) 2019/771, a sua volta, ha modificato il Regolamento (UE) 2017/2394 e la Direttiva 2009/22/CE, inoltre ha abrogato la Direttiva 1999/44/CE. Le tematiche novellate afferiscono alla vendita di beni tra venditore e consumatore, non più circoscritta ai beni di consumo: la definizione di bene si è dilatata, includendo i "beni con elementi digitali". Sono state in maggior misura specificate le norme sui requisiti di conformità, di indole soggettiva come anche oggettiva, anche se persiste la presunzione che il difetto di conformità sussistesse già al momento della consegna del bene, ove si si manifesti entro il termine di un anno, mentre nella disciplina previgente il termine era pari a 6 mesi. Il legislatore della riforma ha lasciati inalterati i quattro rimedi già delineati dalla disciplina consumeristica: ripristino del bene, sostituzione, riduzione proporzionale del prezzo, risoluzione del contratto. Al contempo è stato soppresso l'obbligo del consumatore di denunziare i vizi entro due mesi dalla scoperta. A fronte della novella operativa dal I gennaio 2022, la Cassazione nel febbraio 2022 è intervenuta sulla vecchia disciplina, comunque applicabile ai contratti stipulati fino al 31 dicembre 2021. Chi vende un bene non può rifiutare di riconoscere la garanzia sostenendo che l'acquirente non abbia fornito la prova del difetto di cui si duole, bensì risulta sufficiente che il consumatore si limiti a denunziarlo, in quanto la normativa, di stampo europeo, va interpretata alla luce del fatto che il venditore, rivestendo la qualifica di professionista, presenta una più elevata facilità a eseguire le verifiche tecniche sul veicolo. La II Sezione Civile della Corte di Cassazione (Ordinanza 3695/2022, del 7 febbraio 2022) ha osservato che il Codice del Consumo (all'articolo 129, vecchia disciplina) presume che un difetto sussista fino dalla consegna, se si manifesta entro sei mesi (che sono diventati un anno per i contratti conclusi dal 1° gennaio 2022, a norma del D. Lgs. n. 170/2021) e viene denunciato dal consumatore entro due mesi dalla scoperta (condizione che è stata al contrario soppressa ad opera del D.Lgs. n. 170/2021 per i nuovi contratti). Il venditore, tuttavia, rimane responsabile per i difetti che si appalesino entro due anni dalla consegna, solo che dopo sei mesi l'onere della prova trasmigra in capo al consumatore. Inoltre, per il consumatore, in considerazione della posizione di contraente debole, è sufficiente "denunciare" e non anche dimostrare, per cui fa fede qualsiasi mezzo idoneo. Da detta importante pronuncia discende che, ai sensi dell'articolo 130 del Codice del Consumo, le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta, e non devono arrecare notevoli inconvenienti al soggetto consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato lo stesso. Inoltre, la riparazione, come anche la sostituzione del bene non conforme, devono essere effettuate non solo senza spese, ed entro un lasso di tempo ragionevole, ma pure senza notevoli inconvenienti per il consumatore.