Comunitario e Internazionale

I periodi di cura della prole maturati in altri Stati membri vanno calcolati ai fini della pensione di vecchiaia

La libera circolazione delle persone non consente di penalizzare chi ha svolto

di Paola Rossi

I periodi dedicati alla cura dei figli anche se trascorsi in un diverso Stato membro obbligano lo Stato membro tenuto a versare il trattamento pensionistico a tenerne conto come se fossero trascorsi sul proprio territorio nazionale.

Il diritto alla libera circolazione dei cittadini all'interno dell'Unione europea non consente, infatti, di escludere il riconoscimento a fini previdenziali di un diritto che sarebbe, invece, pienamente riconosciuto dall'ordinamento nazionale solo per il fatto che il periodo di cura della prole si sia svolto nello stesso Stato membro tenuto al pagamento della pensione.

Lo chiarisce la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza sulla causa C-576/20, confermando la propria giurisprudenza secondo cui lo Stato membro debitore della pensione nel quale la beneficiaria ha esclusivamente lavorato e versato contributi - tanto anteriormente quanto successivamente al trasferimento della propria residenza in un altro Stato membro - in cui si è dedicata alla cura dei figli, deve prendere in considerazione tali periodi di cura dei figli.

Il caso
Nel novembre 1987, dopo aver svolto un'attività autonoma in Austria, una donna si era stabilita in Belgio, dove erano nati due figli, di cui il secondo nel 1990. Fin dalla nascita del primo figlio, la cittadina Ue si era dedicata alla loro cura, senza esercitare alcuna attività lavorativa, senza maturare alcun periodo di assicurazione e senza percepire prestazioni per la loro cura. La stessa situazione si era replicata in Ungheria, dove aveva soggiornato nel dicembre 1991. Successivamente, al suo ritorno in Austria nel 1993, la madre aveva continuato a prendersi cura dei figli per tredici mesi, rimanendo al contempo iscritta obbligatoriamente e versando contributi al regime previdenziale austriaco. Aveva poi lavorato e versato i contributi in tale Stato membro fino al suo pensionamento per vecchiaia. Ma alla sua richiesta di concessione della prestazione previdenziale la donna si era vista riconoscere dall'amministrazione austriaca solo i periodi di cura della prole svolti in Austria (equiparati a periodi di assicurazione considerati ai fini del calcolo dell'importo della sua pensione) ma non quelli maturati in Belgio e in Ungheria. Da cui sorgeva la causa intentata dalla donna che sosteneva che i periodi dedicati alla cura della prole maturati in altri Stati membri dovessero essere assimilati a periodi di assicurazione sulla base dell'articolo 21 del Tfue che riconosce il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione, considerando che aveva lavorato ed era stata iscritta alla previdenza sociale austriaca prima e dopo tali periodi trascorsi negli altri due stati membri.

Il rinvio pregiudiziale
La Cassazione austriaca ha chiesto alla Cgue di chiarire la legittimità o meno della norma applicabile al caso concreto in base alla quale alla ricorrente mancava un presupposto per il riconoscimento dei periodi di cura svolti all'estero: alla data in cui era iniziato il primo periodo di cura della prole, ella non svolgeva alcuna attività lavorativa subordinata o autonoma in Austria.

Con la sua sentenza, la Corte respinge il carattere esclusivo di tale disposizione per quanto riguarda la presa in considerazione dei periodi di cura della prole maturati da una stessa persona in differenti Stati membri e conferma che tali periodi devono essere presi in considerazione, nel caso di specie, ai sensi dell'articolo 21 del Tfue.

L'obiettivo delle norme Ue di riferimento su un caso siffatto è quello di aumentare la probabilità per i cittadini Ue di vedere considerati nel modo più completo possibile i loro periodi di cura della prole.

Lo Stato membro debitore della pensione di vecchiaia e a cui sono stati versati i contributi previdenziali per essere stato l'unico Paese Ue in cui è stata svolta l'attività lavorativa non potrebbe negare la presa in considerazione dei periodi di cura della prole maturati in altro Stato membro. Di fatto la persona in una tale situazione si troverebbe in un'ingiustificata posizione di svantaggio per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.

Viene, infine, in rilievo il requisito dell'esercizio di un'attività lavorativa subordinata o autonoma per ottenere, ai fini della concessione di una pensione di vecchiaia, la presa in considerazione, da parte dello Stato membro debitore del trattamento previdenziale, dei periodi di cura della prole da essa maturati in altri Stati membri. Ai sensi dell'articolo 21 del Tfue lo Stato membro "debitore" è tenuto a prendere in considerazione tali periodi laddove la persona abbia esclusivamente lavorato e versato contributi in detto Stato membro (anteriormente e successivamente al trasferimento della sua residenza in altro Stato Ue).

La Corte rileva in conclusione che sussiste, nel caso concreto, un collegamento sufficiente tra i periodi di cura della prole maturati all'estero e i periodi assicurativi maturati a seguito dell'esercizio di un'attività professionale in Austria. Ciò impone di tenere in considerazione il tempo di cura dei figli trascorso all'estero ai fini del conteggio della pensione di vecchaia.

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