Comunitario e Internazionale

Il regime fiscale dei terreni espropriati illegittimamente alla Pa

di Guglielmo Saporito e Gian Lorenzo Saporito

Le imposte si pagano anche sui beni illegittimamente acquisiti dallo Stato o da enti pubblici. Lo conferma la Corte europea dei diritti dell'uomo, con due sentenze dell' 8 febbraio 2018 (in cause 50821/06 e 60633/16).

L'esproprio per pubblica utilità è fiscalmente equiparato, dalla legge 413/1991 (art. 11), ad un trasferimento volontario, e le somme percepite dagli ex proprietari sono soggette allo stesso regime fiscale del corrispettivo di una compravendita. Identico trattamento fiscale e' ora dovuto anche per gli importi che il privato ottiene all'indomani di procedure non corrette, quando cioe' si discute di “occupazione acquisitiva”, che produce importi a volte definiti come indennita', a volte qualificati come risarcimento. Di tutto ciò si è discusso a Strasburgo, in materia quindi di “diritti fondamentali” tutelati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1952. I giudici europei, dopo quelli nazionali (Corte costituzionale 71/2015, Cassazione Sez.Un. 1642/2017, Consiglio di Stato, Ad. Plen. 2/2016), pongono così termine a oltre trent'anni di controversie (dalla sentenza della Corte di cassazione 1464/1983), sul problema di come sanare gli errori nell'esecuzione di opere pubbliche.

Nei casi esaminati a Strasburgo, i Comuni di Canicattì e di Nuoro avevano iniziato procedure di esproprio senza poi concluderle, ed avendo gia' realizzato le opere edili, avevano emesso provvedimenti di acquisizione a norma dell'art. 42 bis d.p.r. 327 / 2001 (T.U. espropri). Tale norma prevede il pagamento del valore venale dell'area, con rivalutazione ed interessi, oltre un'ulteriore somma del 10% per “danni non patrimoniali”. Il tutto, peraltro, sottoposto a prelievo fiscale, come se vi fosse un reddito dell'ex proprietario. Questo prelievo fiscale del 20% è sembrato, ai soggetti cui era stata sottratta la proprietà, in contrasto con la tutela dei beni privati, garantita dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (primo protocollo addizionale, art. 1). Di qui il ricorso a Strasburgo, dove i giudici hanno ricostruito la tormentata vicenda dell'“occupazione acquisitiva”, cioè della conversione degli errori della pubblica amministrazione (progettazioni sbagliate, tempi non rispettati) in importi economici.

Dal 2011, con l'articolo 42 bis del T.U. 327/2001, agli ex proprietari di beni occupati senza titolo dalla pubblica amministrazione, spetta quindi poco piu' (10%) del valore venale aggiornato. Non spettano importi superiori, quali quelli potenzialmente ottenibili con ipotetici investimenti speculativi, ne' danni morali o esistenziali, e per di piu' vi si pagano le tasse. Eppure, era stata la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo ad alimentare nei privati speranze di maggiori introiti, perché in alcune occasioni si era statuito che il proprietario dell'area potesse ottenere, come indennizzo, non solo il valore dell'area sottratta, ma anche una parte del valore dell'immobile pubblico “abusivamente” realizzato sul terreno privato occupato (Grande chambre 21.10.2008 n. 58858/2000).

Altre volte, la Corte di Strasburgo aveva affermato che gli importi dovuti al proprietario dovevano intendersi “netti”, cioè esenti da qualsiasi imposta (16.3.2010 n. 72638/01). Ora invece le somme pagate ai privati sono completamente equiparate ad un corrispettivo, tant'e' che contribuiscono a formare il reddito imponibile dell'ex proprietario.

Testualmente, secondo la Corte di Strasburgo, il prelievo fiscale del 20% sugli importi non fa riprendere “con una mano” allo Stato, ciò che “con l'altra mano”, cioe' come indennizzo, lo Stato aveva appena riconosciuto. L'unica ipotesi in cui colui che sia privato del proprio immobile non è soggetto a ritenuta d'acconto sull'indennizzo (pur rimanendo obbligato a dichiarare l'entrata come “reddito diverso”), riguarda l'esproprio delle aree in zona “F” dei piani urbanistici (zone di interesse pubblico, aree stradali, attrezzature collettive): infatti tali zone “F” non sono richiamate nell'art. 11 comma 5 della legge 30 dicembre 1991 n. 413, e quindi gli espropri non generano somme soggette a ritenute fiscali. Per tutti gli altri tipi di espropri, più o meno legittimi, ciò che si percepisce da parte della pubblica amministrazione è considerato reddito ed è tassato con ritenuta alla fonte (d'acconto o d'imposta). Gli aspetti fiscali delle pronunce di Strasburgo si saldano quindi con l'orientamento della Corte costituzionale (25 luglio 2002 n. 395; 26 luglio 1996 n. 324; 29 dicembre 1995 n. 533), che riconosce legittima la tassabilità, come redditi diversi, degli importi percepiti da soggetti che hanno perso coattivamente la proprietà. Chi non vuole subire un esproprio per pubblica utilita', deve quindi concentrare le energie nel momento iniziale della procedura (approvazione del progetto), poiche' dopo l'inizio dei lavori si discutera' solo del valore venale (con parametri Imu, oppure Omi per i manufatti), pagandovi poi, come vuole anche la Corte di Strasburgo, le imposte dirette.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©