La riforma del diritto farmaceutico UE: accordo più vicino e traguardo possibile entro dicembre 2025
Di seguito i principali cambiamenti introdotti dal Consiglio, in particolare in relazione al significativo ridimensionamento del modello “tripla A”
Il 17 giugno 2025 sono partiti ufficialmente a Bruxelles i negoziati trilaterali fra Commissione, Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea sui nuovi testi di Direttiva e Regolamento che compongono il pacchetto legislativo in discussione, approvati dal Consiglio il 4 giugno scorso, dopo le modifiche introdotte dal Parlamento Europeo al testo originario proposto dalla Commissione nell’aprile 2023.
Le prossime riunioni tecniche e politiche si svolgeranno dopo l’imminente insediamento della Presidenza danese, la quale nel suo programma ha inserito il varo della legislazione entro la fine del 2025, obiettivo condiviso anche dal Commissario europeo alla salute Oliver Varhelyi.
Qui di seguito esamineremo i principali cambiamenti introdotti dal Consiglio. In particolare, il modello “tripla A” (Access; Affordability; Availability) suggerito dalla Commissione subisce importanti perdite, alcune delle quali per la verità accolte con sollievo anche da diverse autorità regolatorie, che avevano ammonito circa i rischi della complessità di talune delle proposte provenienti dall’organo esecutivo dell’Unione.
Regulatory Data Protection (RDP)/ Market Exclusivity (ME) periods (Access/Affordability)
Il sistema di incentivi alla ricerca farmaceutica nell’Unione, in vigore dal 2004, è il cosiddetto “8+2+1” (8 anni RDP, durante il quale è precluso ad un’impresa genericista il riferimento al dossier presentato dal titolare della autorizzazione all’immissione in commercio; 2 anni ME, in cui il prodotto generico non può essere commercializzato pur essendo registrato; 1 anno aggiuntivo di RDP per una nuova indicazione terapeutica significativa).
L’approccio modulare proposto dalla Commissione nel 2023, nel tentativo di stimolare nuovi investimenti in ricerca e di accelerare l’ingresso di farmaci generici sul mercato, era così concepito: 6 anni di protezione standard; + 0,5 anni se il prodotto soddisfi un Unmet Medical Need (UMN); + 0,5 anni per studi clinici comparativi; + 2 anni qualora il prodotto sia lanciato in tutta l’UE nei primi 2 anni dopo l’approvazione; + 1 anno per una nuova indicazione terapeutica con significativo beneficio clinico (purché ottenuta nei primi 8 anni di RDP). Il Parlamento aveva gia’ aumentato a 7,5 anni la protezione standard RDP, introducendo pero’ un tetto di RDP pari a 8,5 anni.
Con grande pragmatismo il Consiglio invece riporta la RDP “fissa” agli attuali 8 anni, limitando l’approccio modulare alla sola ME: riduce ad 1 (oggi 2) gli anni di ME standard; aggiunge 1 altro anno di ME per una nuova indicazione terapeutica significativa approvata durante i primi 8 anni di RDP; ed 1 ulteriore anno di ME qualora: (1) il prodotto soddisfi un UMN; oppure (2) limitatamente ai farmaci a base di una nuova sostanza attiva, siano soddisfatte tre condizioni cumulative:
- al momento della domanda iniziale il titolare dell’AIC abbia effettuato studi clinici comparativi a supporto della domanda di AIC;
- gli studi clinici sull’efficacia siano stati condotti in più di uno Stato membro dell’UE;
- la domanda di AIC sia stata presentata all’autorità competente nell’UE non oltre 90 giorni dopo la presentazione della domanda per la prima AIC al di fuori dell’UE.
Come si vede, il totale degli anni di protezione (11) resta invariato con questo sistema “8+1+1+1” rispetto agli “8+2+1” attuali, anche se vengono addossati al titolare dell’AIC nuovi e più stringenti requisiti introdotti per usufruire dei periodi aggiuntivi di ME. Nel sistema proposto dal Parlamento gli anni complessivi erano 11,5 (7.5+1+2+1); e nella proposta originaria della Commissione addirittura 12 (6+2+0,5+0,5+1+2). Inoltre, sia il Parlamento sia il Consiglio hanno bocciato i 2 anni aggiuntivi di RDP proposti dalla Commissione per premiare il lancio del prodotto in tutti gli Stati membri, obiettivo francamente non realistico, anche se politicamente seducente sotto il profilo dell’accesso dei pazienti alle nuove terapie.
Il Consiglio ha poi accolto il suggerimento di alcuni esperti regolatori in merito al concetto di UMN, svincolandolo dalla soddisfazione di parametri quantitativi difficilmente dimostrabili (cioè le percentuali di residua morbilità o mortalità dopo il lancio di un farmaco) e confermando invece che un UMN può essere soddisfatto anche quando il medicinale apporti solo un miglioramento clinicamente rilevante in efficacia; oppure un miglioramento in sicurezza, a parità di efficacia, rispetto a trattamenti già autorizzati nell’Unione; e ciò in linea con le aspettative delle associazioni di pazienti e medici, ma anche con le prescrizioni della Corte di Giustizia UE (si veda in particolare la sentenza del 4 ottobre 2024 nel caso C-23722, para. 74).
Per i farmaci orfani, i cambiamenti rispetto al testo di partenza sono ancora più radicali:
- viene confermata la ME standard attuale di 10 anni (contro i 9 suggeriti da Commissione e Parlamento), limitando a 5 la RDP per le c.d. “domande bibliografiche”, basata su dati pubblicati in letteratura (contro i 3 proposti dalla Commissione ed i 4 dal Parlamento);
- viene soppresso il concetto di high unmet medical need (HUMN), che avrebbe garantito 1 anno (secondo la Commissione) o 2 anni (secondo il Parlamento) di ME aggiuntiva; per le prime due nuove indicazioni orfane, approvate entro i primi 8 anni dalla prima AIC per il medesimo medicinale orfano, viene riconosciuto un periodo aggiuntivo di ME pari ad 1 anno per ciascuna, portando quindi a 12 anni il totale di massima protezione di mercato (contro il massimo di 13 anni proposto dalla Commissione, confermato sostanzialmente dal Parlamento). Viene quindi sostenuta la proposta di non premiare con ulteriori periodi decennali di ME ciascuna nuova indicazione orfana per lo stesso medicinale (c.d. global orphan marketing authorisation), per evitare contenziosi come il caso Shire, Case C- 359/18 P, sentenza del 29 luglio 2019. Va detto che il concetto di HUMN aveva suscitato forti perplessita’ anche da parte di molte autorità regolatorie, essendo basato sul vaghissimo concetto di “eccezionale avanzamento terapeutico” che l’Agenzia Europea del Farmaco avrebbe dovuto definire con proprie linee guida. Il settore orfano sembra quindi uscire rafforzato dal recente dibattito consiliare.
Altri incentivi alla ricerca: i “transferable exclusivity vouchers” (TEV) (Affordability)
Fra gli incentivi alla ricerca farmaceutica spicca il TEV, una sorta di bonus di 12 mesi aggiuntivi di RDP, concesso a chi abbia sviluppato un antibiotico innovativo secondo linee guida stabilite da EMA: del bonus potrebbe beneficiare un altro prodotto ancora soggetto a RDP intestato al medesimo titolare, oppure esso potrà essere trasferito a terzi, a titolo oneroso. Si tratta della misura più avversata da ben 14 Stati membri, che ancor prima della sua rivelazione da parte della Commissione ne avevano denunciato in un non-paper il potenziale impatto devastante sulla spesa pubblica per farmaci nella UE. Invece, secondo l’impact assessment preliminare alla pubblicazione del pacchetto legislativo nell’aprile 2023, la maggiore spesa derivante dai TEV non solo sarebbe stata sostenibile dagli Stati membri, ma avrebbe più che compensato la maggiore spesa per ospedalizzazione e altri costi indotti, derivante dall’inerzia delle autorità dinanzi all’evidenza di resistenze antimicrobiche sempre più pervicaci. Nell’aprile 2025 uno studio di Charles Rivers Associates ha addirittura rivisto al ribasso l’eccesso di spesa previsto dalla Commissione. Il Consiglio ha dunque salvato l’istituto del TEV ma ha introdotto ulteriori paletti, stabilendo che possano essere concessi solo un massimo di 5 TEV: (a) per antibiotici a base di nuove sostanze attive contro organismi resistenti a più farmaci, che causino infezioni severe o pericolo di vita; (b) a condizione che il bonus RDP di 1 anno si applichi solo in relazione ad un altro prodotto registrato centralmente al quinto anno della sua RDP ordinaria, e purchè il suo fatturato negli ultimi 5 anni non abbia ecceduto i 490 milioni di Euro; (c) il richiedente l’AIC per il nuovo antibiotico ne abbia richiesto l’approvazione in Europa entro 90 giorni dalla richiesta presentata in altri Paesi del mondo.
Il dibattito sul TEV non sembra archiviato con la proposta consiliare: sono infatti allo studio ulteriori proposte per incentivare la produzione di nuovi antibiotici, sopprimendo il TEV e svuotando ulteriormente di contenuto la proposta originaria della Commissione.
Le carenze di medicinali nell’Unione (Availability)
Sul tema degli shortages, specie in presenze di nuove pandemie, il Consiglio ha ulteriormente alleggerito le richieste avanzate dalla Commissione all’industria. In particolare, un nuovo articolo (56a) è stato aggiunto alla direttiva, conferendo agli Stati membri il potere di obbligare il titolare dell’AIC, entro 12 mesi dalla sua concessione, a presentare domanda di prezzo e rimborso ed a rendere disponibile il prodotto in quantità sufficienti a coprire le esigenze dei pazienti nello Stato membro che ne abbia fatto richiesta. Tuttavia, la norma che avrebbe consentito sanzioni pecuniarie in caso di violazione di quest’obbligo è stata soppressa e sostituita dalla decadenza della ME del prodotto, ma solo nel territorio dello Stato membro richiedente. Infine, l’obbligo per le imprese farmaceutiche di presentare piani di prevenzione delle carenze di medicinali si applicherà solo in relazione alla lista dei c.d. “medicinali critici”, attualmente oggetto di acerbe discussioni, che molto difficilmente vedrà la luce entro la fine del 2025, nonostante le richieste in tal senso del Commissario alla Salute.
Prime valutazioni
Sembra che i timori legati all’evoluzione del quadro politico internazionale, dopo l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti, abbiano condizionato in modo decisivo le discussioni in sede consiliare, inducendo gli Stati membri ad un atteggiamento di grande prudenza rispetto ai cambiamenti proposti dalla Commissione due anni fa. Dinanzi alla congerie di misure già attuate, annunciate o in fase di avanzato concepimento da parte della nuova amministrazione Trump (dazi sui prodotti farmaceutici; intenzione di rinegoziare i prezzi dei farmaci rimborsati dai sistemi assicurativi statunitensi, introducendo una sorta di “clausola della nazione più favorita”; ripensamento generale sull’efficacia e sicurezza di nuovi e vecchi vaccini), il Consiglio guidato dalla presidenza polacca ha sterzato decisamente verso il mantenimento dello status quo, al preciso scopo di non destabilizzare oltre misura la competitività delle imprese operanti nell’Unione. In tal modo, sia i c.d. Stati “frugali” sia quelli più a favore della protezione degli investimenti in ricerca e sviluppo hanno operato una convergenza verso il centro, deviando in modo significativo sia dalle proposte della Commissione sia dal compromesso raggiunto in Parlamento nell’aprile 2024. I testi approvati il 4 giugno scorso sono apparsi scontentare un pò tutti, ma in tempi di real-politik l’architettura centrale dei due documenti sembra essere almeno ad oggi l’unica con qualche ragionevole possibilità di successo.
La nuova presidenza danese impiegherà certamente i suoi massimi sforzi per far approvare i testi finali entro dicembre 2025, considerato anche che il Consiglio ha ampliato da 18 a 36 mesi il periodo transitorio per la piena applicazione delle nuove regole.
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*Stefano Marino – Senior Consultant, DLA Piper