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Azzeramento dei bond Credit Swiss, perchè in Europa non può accadere

La Direttiva BRRD, in vigore dal 2016, prevede lo strumento del bail-in che consente alle autorità di disporre, al ricorrere di determinate condizioni, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca

di Andrea Sganzerla

Le sorprese riservateci in questi giorni dall'affair Credit Swiss e, più in generale, dal sistema bancario svizzero vanno dall'acquisizione da parte di UBS per 3 mld di franchi, ovvero al di sotto della capitalizzazione di borsa del titolo C.S. già pesantemente penalizzato, all'eccezionale velocità di intervento della Banca Centrale Svizzera che tuttavia ha dato precedenza agli interessi degli azionisti della banca, rispetto agli interessi degli obbligazionisti. Il nocciolo del problema è proprio questo:

si è trattato di una mossa politicamente discutibile – vedi la presa di distanza della BCE - ma legittima oppure, come sostengono gli obbligazionisti, di una operazione illecita?

I fatti sono chiari: per salvare Credit Swiss la Banca centrale svizzera ha previsto che tutti i Bond AT1 (Additional Tier 1) per un valore di circa 16 miliardi fossero azzerati nel più ampio quadro dell'acquisizione da parte di UBS per soli (n.d.r.) 3 mld.

Da un punto di vista di diritto l'operazione di azzeramento in sé appare del tutto lecita dal momento che questi strumenti finanziari sono i più rischiosi, come del resto puntualmente riportato nel prospetto informativo rilasciato dal Credit Swiss al momento della loro sottoscrizione dove infatti vengono definiti high trigger e per tale ragione remunerati con un tasso di oltre il 7% annuo. Sono obbligazioni ad alto rischio che hanno una funzione di ammortizzatore nel caso in cui, come in effetti è accaduto, il capitale della banca dovesse scendere al di sotto di una certa soglia, possono infatti essere convertite in azioni o cancellate.

Tutto lecito quindi? Sì se consideriamo l'operazione in sé, meno se la inquadriamo in un contesto più ampio che vede un evidente paradosso: a fronte della perdita totale del capitale da parte degli obbligazionisti, per l'obbiettivo default della banca, gli azionisti riceveranno invece circa 3 mld di franchi grazie al concambio studiato per la conversione delle azioni CS in azioni UBS.

Il punto è questo: si tratta – è vero- di obbligazioni ad alto rischio, ma sono pur sempre obbligazioni ovvero di titoli di credito che rappresentano la somma data a mutuo alla società dal creditore stesso e che vengono di norma rimborsati in precedenza all'eventuale rimborso del residuo capitale che potrà essere diviso tra gli azionisti dopo aver corrisposto quanto dovuto ai creditori sociali, quali sono gli obbligazionisti. Questo fondamentale principio del diritto vale anche per il diritto svizzero ed è per tale ragione che gli obbligazionisti hanno impugnato la decisione di azzerare il valore dei loro bond sovvertendo le regole che prevedono prima il pagamento di quello che possiamo definire un credito "privilegiato" (quello obbligazionario) rispetto al successivo e meramente eventuale pagamento di un credito "chirografario" (quello azionario).

La conseguente inevitabile domanda che tanti si sono posti: ma nell'Unione Europea sarebbe potuto accadere?

La Direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) in vigore dal 2016 prevede lo strumento del bail-in (salvataggio interno, da contrapporre al bail-out, salvataggio esterno) È uno strumento che consente alle autorità di disporre, al ricorrere di determinate condizioni, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca.

Il bail-in segue una precisa gerarchia: chi investe in strumenti finanziari più rischiosi si accolla le perdite prima degli altri in quest'ordine: prima pagano già azionisti della banca in crisi, poi i detentori di obbligazioni subordinate, poi i creditori chirografari (quelli privi di garanzie), poi le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di conti correnti in quella banca per un importo superiore a 100.000 €, infine il Fondo Interbancario di garanzia dei depositi che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti al di sotto dei 100.000 € protetti dallo stesso Fondo.

Si può quindi affermare in tutta tranquillità che quanto accaduto in Svizzera non può accadere nel resto d'Europa da dove i capitali un tempo non lontano migravano verso la Confederazione Elvetica

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