Civile

Obblighi alimentari all'estero, specifica investitura per il Ministero come sostituto processuale del creditore

Tale investitura deriva, chiarisce la Suprema corte, dalla volontà manifestata dal creditore mediante la presentazione della richiesta alla autorità speditrice, ma può richiedere anche una espressa autorizzazione dell'istante

di Mario Finocchiaro

In tema riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari la mera designazione del Ministero dell'interno come organismo abilitato a esercitare la funzione di istituzione intermediaria, compiuta dallo Stato italiano ai sensi dell'art. 2 della Convenzione internazionale per il riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari, firmata a New York il 20 giugno 1956 (e resa esecutiva in Italia con legge n. 338 del 1958) non è sufficiente a legittimare la proposizione, da parte del Ministero degli Interni, della domanda giudiziale nei confronti del debitore degli alimenti stessi, occorrendo una specifica investitura, idonea ad abilitare il Ministero ad agire in qualità di sostituto processuale del creditore. Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza 1° settembre 2022 n. 25854. Tale investitura deriva, prosegue la Suprema corte, normalmente, dalla volontà manifestata dal creditore mediante la presentazione della richiesta alla autorità speditrice, ma può richiedere, se necessario, anche una espressa autorizzazione dell'istante.
Deriva da quanto precede, pertanto, che la produzione in giudizio della richiesta presentata dal titolare del credito deve ritenersi essenziale ai fini della verifica della legittimazione del Ministero, il quale è tenuto ad allegare e provare la identità dell'istante e, se necessario, anche il conferimento della autorizzazione eventualmente prescritta.
In applicazione del principio che precede, la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice d'appello che aveva ritenuto che l'onere di contestare specificamente l'assenza di una valida richiesta indirizzata al Ministero da parte dell'avente diritto incombesse al debitore e che la mancata contestazione in primo grado da parte sua, dovesse far ritenere la questione ormai incontestata.

Il Ministero dell'interno quale istituzione intermediaria
Sulla questione specifica, per utili riferimenti, e, in particolare, nel senso che il Ministero dell'interno, quale istituzione intermediaria ai sensi della convenzione di New York del 20 giugno 1956 sul riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari, allorquando chiede la delibazione di sentenze straniere recanti la condanna di alimenti a favore di minori agisce con propria legittimazione come portatore di un interesse proprio di natura pubblicistica ed il relativo potere di azione è svincolato dal rilascio della procura da parte del soggetto creditore degli alimenti, restando subordinato solo alla richiesta avanzata dalle autorità speditrici, Cassazione, sentenza 11 marzo 1996 n. 1992, in Giustizia civile, 1996, I, p. 2974, secondo cui la procura del creditore alimentare all'autorità intermediaria, prevista solo in via eventuale dall'art. 3 n. 3 della suddetta convenzione, non conferisce alla detta istituzione nessun potere rappresentativo ulteriore ed è riconducibile alla categoria dei meri atti di impulso. Pressoché in termini, altresì, Cassazione, sentenza 4 maggio 1994 n. 4327, in Foro italiano, 1995, I, c. 221, con nota di De Santis F., La posizione processuale dell'istituzione intermediaria nella convenzione di New York sul riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari.
Per il rilievo che il Ministero degli Interni, quale istituzione intermediaria ai sensi della convenzione di New York del 20 giugno 1956 sul riconoscimento all'estero degli obblighi alimentari, allorquando chiede la delibazione di sentenze straniere recanti condanna agli alimenti a favore di minori, agisce con propria legittimazione come portatore di un interesse proprio di natura pubblicistica e il relativo potere di azione e svincolato dal rilascio della procura da parte del soggetto creditore degli alimenti, restando subordinato solo alla richiesta avanzata dalle autorità speditrici, cui va rivolta la domanda dal creditore degli alimenti, e quindi insensibile agli eventuali vizi afferenti la procura rilasciata dal suddetto creditore, cassazione, sentenza 17 luglio 1980 n. 4648, in foro italiano, 1981, i, c. 2800 nonché cassazione, sentenza 18 ottobre 1974 n. 4346, in diritto di famiglia, 1975, p 392, ove la precisazione che il potere di azione del Ministero degli Interni, svincolato dal conferimento di un mandato da parte del creditore di alimenti, è solo subordinato, nel suo esercizio, alla richiesta avanzata dalle singole autorità speditrici, cui la domanda deve essere rivolta dal creditore e la firma del pubblico ufficiale straniero che autentica la sottoscrizione di quest'ultima domanda non è soggetta all'obbligo della legalizzazione, secondo il disposto dell' art 9 della convenzione dell' Aja 15 aprile 1958.

Apparentemente in termini diversi, rispetto alla pronunzia in rassegna, nel senso che le disposizioni della legge 23 marzo 1958 n 338, le quali, in attuazione della convenzione di New York del 20 giugno 1956, abilitano l'amministrazione dell'interno ad agire per la declaratoria di efficacia in Italia di sentenze straniere in materia di obblighi alimentari in favore di minori, manifestamente non si pongono in contrasto con il principio costituzionale dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, sotto il profilo che introdurrebbero una tutela giurisdizionale gratuita in favore di alcuni soggetti, atteso che l'indicato potere di agire non si ricollega ad un mandato conferito da parte del creditore di prestazioni alimentari, né e rivolto alla tutela degli interessi privatistici di quest'ultimo, ma trae origine dall'esigenza di tutelare le finalità pubbliche perseguite in materia dallo stato, Cassazione, sentenza 6 ottobre 1977 n. 4254, in Riv. dir. intern. priv e proc., 1978, p. 779.

Sempre in argomento si è precisato, altresì, che con riguardo a delibazione di sentenza straniera, il Ministero dell'interno, quale istituzione intermediaria per il recupero degli alimenti (di cui agli artt. 2 e 6 della Convenzione di New York del 20 giugno 1956, ratificata con legge 23 marzo 1958, n. 338), non è portatore esclusivamente di una posizione soggettiva propria, legata all'interesse di natura pubblicistica per la tutela dei minori ed il rispetto degli impegni internazionali, ma agisce come sostituto processuale, ex art. 181 Cpc, del titolare del diritto agli alimenti, con la conseguenza che, ai fini della prescrizione del diritto alla delibazione, di cui è titolare il terzo, deve assumersi come termine iniziale quello operante nei riguardi del soggetto processualmente sostituito, e cioè il passaggio in giudicato della sentenza straniera, mentre resta irrilevante che il tardivo esercizio del diritto da parte dell'istituzione intermediaria sia derivato dal ritardo della richiesta dell'autorità speditrice (di cui agli artt. 2, 4 e 5 della citata Convenzione), Cassazione, sentenza 17 ottobre 1989 n. 4165, in Giustizia civile, 1990, I, p. 363.

In termini generali, per l'affermazione - ricorrente in sede di legittimità - che il difetto di legitimatio ad causam, attiva e passiva, riguardando la regolarità del contraddittorio, è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, Cassazione, ordinanza 9 febbraio 2021 n. 3136, in Foro italiano, 2021, I, c. 822, nonché Cassazione, sentenza 24 dicembre 2020 n. 29565, secondo cui la legitimatio ad causam i ricollega al principio dettato dall'art. 81 Cpc, secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, e, trattandosi di materia attinente al contraddittorio e mirandosi a prevenire una sentenza inutiliter data, comporta la verifica, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo (col solo limite della formazione del giudicato interno), in via preliminare al merito, della coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta. Sostanzialmente conforme, Cassazione, ordinanza 6 dicembre 2018 n. 31574

Sempre nella stessa ottica, si è precisato:
- il soggetto che proponga ricorso per cassazione in qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado del giudizio, deve non soltanto allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del dante causa, ma deve altresì fornirne la prova, la cui mancanza, attenendo alla regolare costituzione del contraddittorio nella fase d'impugnazione, è rilevabile anche d'ufficio, ed ha per conseguenza la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, Cassazione, ordinanza 26 settembre 2019, n. 24050;
- in relazione ai rapporti di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativi a dipendenti di amministrazioni statali, in cui queste ultime cumulino, rispetto al lavoratore interessato, la posizione di assicurante e assicuratore, la proposizione da parte del lavoratore delle domande per conseguire le prestazioni assicurative nei confronti dell'Inail, invece che nei confronti dell'amministrazione pubblica, dà luogo al vizio di difetto di legittimazione passiva ad causam, rilevabile d'ufficio e denunciabile per la prima volta in cassazione, e non ad una semplice ipotesi di possibile contestazione della titolarità passiva del rapporto, Cassazione, sentenza 14 settembre 2017 n. 21325;
- la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto, secondo la prospettazione della parte, mentre l'effettiva titolarità del rapporto controverso, attenendo al merito, rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio dei soggetti in lite; ne consegue che il difetto di legitimatio ad causam, riguardando la regolarità del contraddittorio, costituisce un error in procedendo ed è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, Cassazione, sentenza 27 marzo 2017 n. 7776, in Vita notarile, 2016, p. 792.
Nel senso che il principio di non contestazione mira a selezionare i fatti pacifici e a separarli da quelli controversi, per i quali soltanto si pone l'esigenza dell'istruzione probatoria, operando in un ambito soggettivamente ed oggettivamente dominato dalla disponibilità delle parti, al quale resta estranea la legitimatio ad causam, che attiene al contraddittorio e deve essere verificata anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, con il solo limite del giudicato interno, Cassazione, sentenza 20 ottobre 2015 n. 21176.
Analogamente, per l'affermazione che in tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole del processo, la negazione della legittimazione attiva del ricorrente, di cui il ministero convenuto escluda l'assunzione della qualità di parte nel giudizio presupposto, non integra un fatto per il quale opera il principio di non contestazione, di cui all'art. 115, comma 1, Cpc, ma un'eccezione processuale in senso ampio attinente al contraddittorio, la cui fondatezza va valutata anche d'ufficio dal giudice attraverso lo specifico esame degli atti di quel giudizio acquisiti al procedimento camerale, Cassazione, sentenza 5 maggio 2015 n. 8969.

Nello stesso ordine di idee, deve ritenersi che la rilevata tardività della contestazione del difetto di legittimazione passiva si pone in contrasto con i principi che valorizzano la possibilità, sia per il rilievo di carenza di legittimazione passiva, che per quello relativo alla deduzione di carenza di titolarità passiva del rapporto, di sollevare in ogni fase del giudizio la relativa eccezione, e con la possibilità di valutare un contegno di non contestazione solo con riguardo alla titolarità attiva o passiva del rapporto, Cassazione, ordinanza 1° settembre 2021 n. 23701, in lanuovaproceduracivile.com, 2021.

In un'ottica parzialmente diversa, rispetto alle massime da ultimo ricordate (entrambe ricordate in motivazione, nella pronunzia in rassegna) e, in particolare per l'affermazione che il difetto di legittimazione attiva ad instare per la dichiarazione di fallimento è tardivamente eccepito qualora, ancorché conosciuto (se del caso in conseguenza dell'approvazione dello stato passivo), non sia stato tempestivamente sollevato con il reclamo ex art. 18 l.fall., ma affidato a successive note, né tale difetto è rilevabile d'ufficio qualora sussista una anteriore statuizione implicita del tribunale fallimentare su cui si sia formato il giudicato interno (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza della corte d'appello che aveva ravvisato siffatta statuizione implicita sulla legitimatio ad causam dei creditori, altresì osservando che la relativa questione non era stata neppure oggetto di contestazione), Cassazione, ordinanza 2 ottobre 2020, n. 21144
Sempre in argomento, nel senso che la verifica, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, della legitimatio ad causam, in quanto essa si ricollega al principio dettato dall'art. 81 c.p.c., secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, trattandosi di materia attinente al contraddittorio, mirante a prevenire una sentenza inutiliter data, incontra il limite della formazione del giudicato interno sulla questione, purché espresso, cioè formatosi su rapporti tra «questioni di merito» dedotte in giudizio e, dunque, tra le plurime domande od eccezioni di merito, e non implicito, cioè formatosi sui rapporti tra «questioni di merito» e «questioni pregiudiziali» o «preliminari di rito o merito», sulle quali il giudice non abbia pronunziato esplicitamente, sussistendo tra esse una mera presupposizione logico-giuridica, Cassazione, ordinanza 2 ottobre 2018 n. 23947, in lanuovaproceduracivile.com, 2018.

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