Civile

Crediti professionali, da quando decorrono gli interessi di mora

La Cassazione, ordinanza n. 19421 depositata oggi, chiarisce si parte dalla proposizione della domanda giudiziale o dalla richiesta stragiudiziale

di Francesco Machina Grifeo

In relazione ai crediti professionali per l’attività di avvocato, gli interessi ex articolo 1224 cod. civ. decorrono dalla data di messa in mora, che coincide con la proposizione della domanda giudiziale o con la richiesta stragiudiziale di adempimento, anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all’esito del procedimento di cui all’articolo 14 Dlgs 150/2011. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 19421 depositata oggi, accogliendo sotto questo profilo il ricorso di due legali per l’assistenza svolta nei confronti di una società.

Il Tribunale di Bergamo aveva invece condannato la società, contumace, al pagamento della somma richiesta (10.248,99), compresi gli accessori di legge, oltre gli interessi legali da calcolarsi a far data dalla domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle spese di lite. I legali avevano contestato l’erronea applicazione degli interessi legali in luogo di quelli moratori, oltreché della decorrenza degli stessi dalla data della domanda e non dalla messa in mora, avvenuta con diverse richieste stragiudiziali.

Per la II Sezione civile la domanda è fondata. La disciplina contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, spiega la Corte, si applica anche ai contratti d’opera professionale, sebbene la spettanza degli interessi moratori non sia automatica, dovendosi verificare, ai fini del relativo riconoscimento, che, come prescritto dall’articolo 3 del menzionato Dlgs, il ritardo nel pagamento non sia stato determinato dalla impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore.

Non conta dunque la successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata in misura inferiore rispetto a quanto richiesto. Il Tribunale avrebbe dunque dovuto riconoscere gli interessi previsti dal Dlgs n. 231 del 2002; anche alla luce degli atti stragiudiziali di costituzione in mora e le successive diffide.

La Cassazione ha invece bocciato il secondo motivo relativo alla rivalutazione del credito. Per le ricorrenti siccome il tribunale non si era pronunciato sulla richiesta di rivalutazione monetaria del credito (oltre agli interessi), non essendoci stata contestazione sulla parcella, la rivalutazione (e gli interessi moratori) dovevano scattare automaticamente dalla scadenza del termine di pagamento, senza necessità di messa in mora. Per la Cassazione, però, ciò è escluso: la mora non decorre automaticamente, neanche in presenza di un credito illiquido. Resta necessario l’atto di costituzione in mora, che produce effetti solo sulla parte di credito riconosciuta o accertata.

“La liquidità del debito – si legge nella decisione - non è condizione necessaria della costituzione in mora, con la conseguenza che, in caso di contestazione dell’entità del credito, l’atto di costituzione in mora produce i suoi effetti tipici, con riguardo agli interessi moratori, limitatamente alla parte del credito riconosciuta” (n. 33198/2024).

In sostanza, spiega la Corte, considerato che non opera il principio romanistico in illiquidis non fit mora, la mora del debitore va esclusa “solo quando questi si sia trovato nell’assoluta impossibilità, alla stregua dell’ordinaria diligenza, di quantificare la prestazione dovuta, ma non anche quando, pur a fronte di un credito ancora illiquido, sia data al debitore la possibilità di compierne una stima, anche sulla scorta, nel caso di crediti professionali, delle tariffe ed in relazione ad attività certe nell’avvenuto espletamento e nella qualificazione, con la conseguenza che va ravvisata la colpa del debitore in presenza di una condotta ingiustificatamente dilatoria, come ad esempio, nel caso in cui la contestazione giudiziale del credito sia radicale ovvero riguardi elementi essenziali del rapporto, ancorché le prove confortino la loro esistenza”. Ciò comporta che, “sussistendo in siffatte situazioni il ritardo colpevole ad adempiere, siccome derivante dalla condotta ingiustificatamente dilatoria del debitore, devono essere riconosciuti gli interessi moratori a decorrere dalla domanda, sia pure limitatamente alla parte di credito non contestata ovvero a quella che risulterà all’esito dell’accertamento giudiziale” (n. 24973/2022).

Si conferma quindi che, in materia di compensi professionali, la mora non scatta ex lege, ma richiede una condotta omissiva colpevole del debitore e una puntuale costituzione in mora, soprattutto nei casi in cui il credito sia stato oggetto di contestazione.

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