Società

La Cassazione precisa ulteriormente i limiti alla possibilità di delega dei poteri gestori ai terzi

Delega illegittima se concede facoltà "indiretta" di amministrazione della società, deroghe solo per specifici e limitati atti, compiti o attività

di Antonio Martini, Alessandro Botti e Ilaria Canepa*

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha precisato i limiti entro i quali l'amministratore di società per azioni può procedere con la delega di poteri a soggetti che non rivestono tale qualifica, con l'enunciazione del seguente principio di diritto: «all'amministratore di una società per azioni non è consentito delegare a un terzo poteri che, per vastità dell'oggetto, entità economica, assenza di precise prescrizione preventive, di procedure di verifiche in costanza di mandato, facciano assumere al delegato la gestione dell'impresa e/o il potere di compiere le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale, di esclusiva spettanza degli amministratori».

La vicenda che ha interessato il giudizio della Corte può essere sintetizzata come segue.

La CONSOB, esercitando i propri poteri di vigilanza, ha contestato a tre sindaci talune violazioni dell'obbligo di vigilanza per non avere mosso rilievi riguardo alcune condotte poste in essere dalla società nel cui collegio sindacale sedevano. I sanzionati hanno adito la Corte d'Appello di Perugia che ha ritenuto fondate le loro doglianze per un solo profilo, quello concernente le dimissioni dell'ex vice presidente del consiglio di amministrazione, nonché amministratore esecutivo della società. Una volta dimessosi, infatti, il consiglio di amministrazione gli aveva attribuito - tramite procura - un ampio catalogo di poteri gestori (tra cui il potere di stipulare, per conto della società, contratti di appalto e di vendita di impianti fotovoltaici fino a un importo massimo di 12 milioni di euro per singola operazione).

Secondo la Corte d'Appello, il potere degli amministratori di attribuire poteri a terzi per lo svolgimento gestionale non incontrerebbe limiti legali, «purché naturalmente l'organo amministrativo mantenga i poteri di controllo e di revoca del mandatario secondo […] la disciplina del mandato». In altre parole, secondo il giudice del merito, si tratterebbe di scelte gestionali la cui adeguatezza è di competenza esclusiva dell'assemblea dei soci e, comunque, insindacabile dalla CONSOB.

La Corte di Cassazione non ha accolto questa impostazione in quanto, attraverso un'attenta analisi della fattispecie concreta, ha ritenuto che la procura speciale rilasciata dal presidente del consiglio di amministrazione al terzo (ex amministratore esecutivo) era di «imponente larghezza» (considerato, inter alia, che i contratti di appalto e di vendita di impianti fotovoltaici costituivano la massima parte del fatturato della società) e, quindi, che tramite la stessa l'amministratore sebbene, «formalmente dimessosi, per la porta, dalla carica sociale, per la finestra, aveva [invece] conservato ampi poteri, tipici dell'amministratore delegato».

Passando in rassegna le norme codicistiche rilevanti (tra le altre, artt. 2380-bis, 2381, 2383, 2384 c.c.), la Corte di Cassazione ha ritenuto che possa delinearsi un ordinamento che non ammette deroghe quanto all'esclusività della competenza gestoria in capo agli amministratori (che infatti sono espressione diretta dell'assemblea dei soci e del confronto tra maggioranza e minoranza), la quale può semmai essere derogata per specifici e limitati atti, compiti o attività, purché la delega non conceda un indiretto potere di amministrare la società.
Nel caso di specie, infatti, la procura speciale nemmeno indicava la durata del mandato; ecco perché la Corte la ha qualificata come, « procura abdicativa, attraverso la quale viene aggirato anche il dovere di astensione in presenza di conflitto d'interesse».

In sintesi, la Suprema Corte, sulla scorta di un pregevole ed articolato percorso argomentativo di notabile spettro, che ha coinvolto anche l'analisi di disposizioni di carattere costituzionale (come l'art. 47 Cost.), ha fatto proprie le argomentazioni della ricorrente, secondo cui la decisione oggetto di contestazione finisce per svuotare illegittimamente il modello organizzativo della società per azioni, omettendo di attribuire rilevanza al dato qualitativo e quantitativo dei poteri conferiti con la procura al terzo non amministratore.

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*A cura degli Avv.ti Antonio Martini, Alessandro Botti e Ilaria Canepa, Studio CBA

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