Lavoro

L'assistenza domiciliare ai pazienti è riconosciuta solo se l'infermiere dimostra di averla realmente resa

Nel caso concreto è stata ravvisata una carenza di prova dell'espletamento da parte del ricorrente dell'attività di assistenza al di fuori dell'orario di lavoro

di Giampaolo Piagnerelli

Il lavoratore subordinato non può pretendere una retribuzione extra per lavori svolti fuori dalla sede lavorativa e fuori dall'orario di lavoro a meno che non sia espressamente previsto dal contratto di lavoro e ci siano delle attestazioni che certifichino l'attività praticata. E' il caso di un infermiere che pretendeva una remunerazione a parte per le prestazioni rese al domicilio dei pazienti senza fornire però alcuna attestazione del lavoro svolto. Venendo ai fatti la Corte d'appello - riformando la sentenza di primo grado - ha respinto l'istanza presentata da un dipendente con mansioni di infermiere presso la divisione di anestesia e rianimazione del presidio ospedaliero di Maddaloni (Caserta) per il pagamento delle prestazioni eseguite presso il domicilio dei pazienti.

Chiarimenti della Corte. In particolare - chiarisce la Cassazione - con l'ordinanza n. 16425/22 la Corte territoriale, a differenza di quanto sostenuto dal giudice di primo grado, attraverso la disamina degli atti datoriali condotta alla luce dei parametri di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, ha sostenuto che il diritto al pagamento delle prestazioni domiciliari compete solo se esse sono state eseguite fuori dell'orario di lavoro. Quanto al ricorso dell'infermiere la Cassazione ha puntualizzato come la Corte territoriale non abbia omesso in alcun modo la valutazione di un fatto decisivo ai fini della decisione, "atteso che ha dato atto del progetto autorizzato dell'Asl per lo svolgimento di attività di assistenza domiciliare, avendo piuttosto incentrato il rigetto, come più volte evidenziato, sulla carenza di prova dell'espletamento da parte del ricorrente dell'attività di assistenza al di fuori dell'orario di lavoro".

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