Società

Ai fini della qualificazione come holding rilevano solo i finanziamenti alle partecipate dirette

E’ il principio affermato dall’Agenzia delle Entrate in una recente risposta a interpello, non pubblicata, che ha permesso di chiarire una questione che fino ad oggi aveva ingenerato rilevanti dubbi

di Martina Bettarini, Andrea Merolle*

I finanziamenti erogati nei confronti delle “partecipate indirette” non rientrano nel novero degli “elementi patrimoniali” relativi ai rapporti intercorrenti con le partecipate e, perciò, non rilevano ai fini del test di prevalenza di cui al comma 3 dell’art. 162-bis del TUIR e, quindi, ai fini della qualificazione come holding industriale di una società di gestione di portafogli finanziari. È questo il principio affermato dall’Agenzia delle Entrate in una recente risposta a interpello, non pubblicata, che ha permesso di chiarire una questione che fino ad oggi aveva ingenerato rilevanti dubbi.

Stante la formulazione letterale del comma 3 dell’art. 162-bis del TUIR, il quale stabilisce che “l’esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste, quando, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi, unitariamente considerati, sia superiore al 50 per cento del totale dell’attivo patrimoniale”, e l’assenza di specifici chiarimenti sul punto da parte della prassi amministrativa, fino ad ora erano stati sollevati dubbi in merito all’inclusione tra gli “altri elementi patrimoniali intercorrenti” dei finanziamenti infragruppo concessi, non ad una società direttamente controllata dalla società erogante, bensì ad una società da quest’ultima indirettamente partecipata.

È, infatti, vero che è fuori dubbio che i finanziamenti erogati dalla controllante in favore di una sua partecipata diretta – a prescindere dal carattere, occasionale o meno, della sua concessione – rientrino tra gli “elementi patrimoniali” che, per espressa disposizione normativa, devono essere computati al numeratore del rapporto tra (i) valore delle partecipazioni ed elementi patrimoniali ad esse connessi e (ii) totale dell’attivo patrimoniale.

Ma non altrettanto può dirsi in merito ai finanziamenti erogati dalla partecipante in favore, non di una delle società direttamente partecipata, bensì di una società partecipata indirettamente.

Da un lato, invero, il dato letterale del menzionato comma 3 dell’art. 162-bis del TUIR, laddove stabilisce testualmente che nel numeratore del rapporto rilevante ai fini del calcolo deve essere incluso “l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi”, pur non individuando chiaramente i soggetti con cui tali “elementi patrimoniali” devono intercorrere sembra riferirsi esclusivamente alle partecipate dirette.

Dall’altro lato, tuttavia, in assenza di un chiarimento ufficiale della prassi amministrativa, alcune considerazioni potevano far concludere per la conclusione opposta. Era stato, non solo, rilevato che interpretare la disposizione recata dal comma 3 dell’art. 162-bis del TUIR nel senso che non rilevano i finanziamenti erogati nei confronti delle controllate indirette, avrebbe potuto condurre ad arbitraggi atteso che, in linea teorica, i contribuenti avrebbero potuto “manipolare” il test di prevalenza mediante scelte di convenienza, ma, anche, che non poteva ignorarsi che la normativa di riferimento recata dall’art. 10 del d.lgs. 141/2010, nell’individuare i rapporti che devono essere oggetto di comunicazione all’anagrafe tributaria per i soggetti che, superato il test di prevalenza, si qualificano come holding industriali, facesse genericamente riferimento ai finanziamenti, senza distinguere a seconda dei soggetti beneficiari degli stessi.

I dubbi sopra riepilogati possono ritenersi definitivamente sciolti a fronte della presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate in una recente risposta ad interpello non pubblicata in cui tale ente ha condiviso l’interpretazione normativa proposta dal contribuente e, privilegiando il criterio ermeneutico “letterale, ha confermato che nel numeratore del test di prevalenza non devono essere inclusi i finanziamenti erogati in favori di società controllate indirettamente dalla società che si sottopone al suddetto test.

La fattispecie oggetto dell’interpello riguardava una società di diritto italiano, ivi residente ai fini fiscali, titolare, oltreché di partecipazioni dirette e indirette in diverse società, di un diritto di credito vantato nei confronti di una sua società partecipata indiretta, assegnato alla società istante, unitamente alla partecipazione della controllata indiretta percettrice del finanziamento, da una sua controllata diretta all’esito di una complessa operazione di riorganizzazione e successiva dismissione delle principali partecipazioni societarie detenute da quest’ultima. La società istante, ad esito della detta riorganizzazione, essendo dedita al re-investimento speculativo, nell’interesse proprio, della liquidità assegnatale nell’ambito dell’operazione e qualificandosi perciò come società di gestione di portafogli finanziari, rappresentava all’Agenzia delle Entrate che avrebbe iscritto i titoli acquisiti mediante il reimpiego delle proprie risorse nell’attivo circolante, escludendoli quindi dal test di prevalenza di cui all’art. 162-bis del TUIR, chiedendo invece lumi circa il trattamento da riservare ai fini del detto test al credito infragruppo assegnatole e sostenendo che privilegiando l’interpretazione letterale del comma 3 dell’art. 162-bis del TUIR ai fini del test di prevalenza assumerebbero rilevanza i soli “elementi patrimoniali” intercorrenti con controllate dirette, ossia imprese di cui la società la cui qualificazione come holding è oggetto di verifica, non solo, detiene le partecipazioni ma, anche, le ha iscritte nel proprio bilancio.

Nella risposta ad interpello non pubblicata l’Agenzia delle Entrate, condividendo la posizione interpretativa della società istante, ha espressamente affermato che “in base al tenore delle disposizioni riguardanti il test di prevalenza di cui al comma 3 dell’articolo 162bis (’’[...] l’ammontare complessivo delle partecipazioni in detti soggetti e altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi [...]’’ enfasi aggiunte), si ritiene che tra gli ’’altri elementi patrimoniali’’ in questione non rientrino i finanziamenti erogati nei confronti delle ’’partecipate indirette’’ poiché la norma intende riferirsi con i ’’medesimi’’ alle sole partecipate dirette, iscritte nel bilancio della società”, così definitivamente sciogliendo il dubbio circa l’esclusione degli elementi patrimoniali intercorrenti con le partecipate indirette dal novero di quelli da includere nel numerato del test di cui all’art. 162-bis del TUIR.

Ebbene, le conclusioni a cui è giunta l’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello non pubblicata risultano pienamente condivisibili oltreché fondate sotto il profilo giuridico. È tuttavia da notare che l’Agenzia delle Entrate non si è pronunciata in merito al fatto che la scelta di attribuire valore all’interpretazione letterale della disposizione recata dal comma 3 dell’art. 162-bis del TUIR, e quindi di escludere dal novero degli elementi rilevanti ai fini del test di prevalenza i finanziamenti erogati nei confronti delle società controllate indirette, potrebbe, in linea di principio, consentire arbitraggi ai contribuenti. Non è però chiaro se ciò sia frutto di una scelta ponderata dell’Amministrazione finanziaria o se, al contrario, il silenzio sul punto derivi dal fatto che la società istante aveva specificato e chiarito come nel proprio caso di specie la concessione del finanziamento che ha dato origine al credito, poi assegnatole, trovasse giustificazione in più che fondate e valide ragioni extra-fiscali e, soprattutto, in ragioni del tutto autonome rispetto ai potenziali effetti derivanti dall’iscrizione nel bilancio del detto credito sui risultati del test di prevalenza.

Sul punto, sarebbe auspicabile un ulteriore chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate volto ad escludere che la scelta di effettuare un finanziamento infra-gruppo in favore di una proprio controllata indiretta, anziché di una controllata diretta, possa integrare una fattispecie di abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis della legge 212/2000.

Ciò, tuttavia, sembra da escludere prima facie per almeno due ordini di motivi. In primo luogo, in quanto è lo stesso comma 4 dell’art. 10-bis della legge 212/2000 ad ammettere che resta ferma la libertà di scelta del contribuente … tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. Al riguardo l’atto di indirizzo del MEF del 27 febbraio 2025 ha chiarito che “attraverso quest’ultima disposizione, il legislatore chiarisce che il risparmio d’imposta deve essere considerato sempre legittimo … quando derivi da un’operazione alternativa ad un’altra, parimenti legittima, ma comportante un diverso e (più ridotto) carico fiscale”. In secondo luogo, in quanto secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l’Agenzia delle Entrate non può mai sindacare le scelte imprenditoriali di una società (tra le altre, Cass., n. 20055/2014).

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*Martina Bettarini (Partner), Andrea Merolle (Partner), Giordano / Merolle legal.tax

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