Ascensore per disabili, l’unico limite è la sicurezza dell’edificio
La Cassazione, sentenza n. 26702 depositata oggi, ha accolto il ricorso dei richiedenti affermando che se l’assemblea non decide si può comunque andare avanti
L’“accessibilità” della propria abitazione diventa un valore “essenziale” nei condomini privati, ragion per cui l’installazione di un ascensore (o montascale) per disabili (se fatto a spese proprie) trova come unico limite la “stabilità” e la “sicurezza” dell’edificio. Nulla contano dunque le ragioni estetiche e neppure la riduzione della utilizzabilità delle parti comuni per gli altri condomini. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 26702 deposita oggi, accogliendo con rinvio il ricorso dei richiedenti e rendendo l’accesso agli edifici un diritto pienamente esigibile, non più subordinato al consenso dei vicini.
La Corte d’appello, su richiesta di un condomino, aveva annullato la delibera che ratificava l’installazione dell’impianto nella tromba delle scale in quanto “pregiudizievole per la fruizione degli spazi comuni” dal momento che riduceva la larghezza delle rampe (di 80 - 100 cm), oltre i limiti del regolamento comunale, e del D.M. 236/1989, con “pregiudizio della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’andito occupati all’impianto di ascensore”. Aggiungendo il prodursi di un “effetto paradossale” e cioè, come indicato dal consulente tecnico, la creazione di una “insormontabile barriera architettonica” per i disabili con sedia a rotelle, impossibilitati a fruire di un impianto con porta di accesso di soli 60cm.
Per la II Sezione civile l’installazione di un ascensore o di una piattaforma elevatrice per l’eliminazione delle barriere architettoniche, idonei, anche se non a eliminare del tutto, quantomeno ad “attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione” (Cass. n. 6129 del 2017), “deve valutarsi alla stregua dell’art. 1102 c.c. secondo il criterio del pari uso, che conferisce a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri”. Non si rientra dunque nelle innovazioni previste dall’articolo 1120 cc.
Inoltre, prosegue la sentenza, non è richiesta alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea. È dunque erronea, prosegue la decisione, l’affermazione della giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’ordinamento richiede sempre la deliberazione del condominio, anche per l’eliminazione di barriere architettoniche per le persone con disabilità (o altri soggetti fragili) e realizzato a proprie spese. Tali innovazioni – aggiunge la Corte - non sono mai “voluttuarie” e sono vietate solo se possono “recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato”. Inoltre, se il condominio non decide entro tre mesi dalla richiesta, gli interessati possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili.
E sebbene per la validità delle delibere condominiali si debba guardare alla legge del tempo, tuttavia la novella (dell’art. 2 L. 13/1989 modificato dal Dl n. 76/2020, convertito dalla L. n. 120 del 2020) introdotta in corso di giudizio, “incide sulla legittimità di modifiche dirette ad eliminare le barriere architettoniche, non potendo dichiararsi illegittime o disporsi la riduzione in pristino di opere ed interventi che siano comunque consentiti alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione”.
La sentenza impugnata va dunque cassata, dovendosi valutare unicamente se l’innovazione sia comunque idonea, anche se non a eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione e se possa recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.
“L’accessibilità – conclude la Cassazione -, e cioè la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia, è divenuta “una qualitas essenziale degli edifici privati”, quale conseguenza dell’affermarsi, nella coscienza sociale, del dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone disabili, “anche in deroga alle norme sul condominio negli edifici”, sulla scorta anche di quanto stabilito dalla Corte costituzionale (n. 167 del 1999).
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di Giovanni Comandé - Professore ordinario di Diritto comparato presso l'Università Sant'Anna di Pisa