Professione e Mercato

Avvocati: basta la sola presenza in udienza per far scattare il compenso nella fase decisoria

La Cassazione ritiene che anche senza scritto conclusionale, la sola presenza dell'avvocato in udienza fa scattare il compenso professionale per la fase decisoria

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di Marina Crisafi

Basta la sola presenza in udienza dell'avvocato per far scattare il compenso professionale nella fase decisoria. Lo ha affermato la quinta sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 28881/2022, rigettando il ricorso di un avvocato che aveva chiesto non fosse dovuto il compenso per l'attività svolta nella fase decisoria del giudizio dal collega di controparte.

La vicenda
La vicenda ha inizio con l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso a favore di un legale da parte dell'ex cliente. L'uomo contestava il compenso dovuto per l'attività professionale svolta in suo favore in un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Entrambi i giudici di merito però ritenevano infondate le sue doglianze e corretta, invece, la liquidazione degli onorari e delle competenze richiesti dall'avvocato e, atteso l'integrale rigetto dell'appello, l'uomo veniva condannato al rimborso delle spese del grado, tra cui quelle per la fase introduttiva, di studio e decisionale.

Il ricorso
A ricorrere in Cassazione è l'avvocato denunciando la violazione dell'articolo 4 comma 5, lettera d) del Dm n. 55/2014, quanto alla liquidazione delle spese del giudizio di appello.
In particolare, deduce la professionista che nessun compenso andava riconosciuto alla controparte per la fase decisoria in quanto, come si ricava dall'indice del fascicolo telematico del procedimento di appello, la difesa dell'appellato non ha depositato alcuno scritto conclusionale, così che si palesa ingiustificata la decisione di liquidare i compensi anche per la fase decisoria.

La decisione
Per gli Ermellini, tuttavia, il motivo è privo di fondamento.
Come si ricava proprio dal disposto di cui all'articolo 4 comma 5, lettera d) del Dm n. 55/2014, spiegano dal Palazzaccio, "ai fini del riconoscimento dei compensi per la fase decisionale, rientrano svariate attività e precisamente: le precisazioni delle conclusioni e l'esame di quelle delle altre parti, le memorie, illustrative o conclusionali anche in replica, compreso il loro deposito ed esame, la discussione orale, sia in camera di consiglio che in udienza pubblica, le note illustrative accessorie a quest'ultima, la redazione e il deposito delle note spese, l'esame e la registrazione o pubblicazione del provvedimento conclusivo del giudizio, comprese le richieste di copie al cancelliere, il ritiro del fascicolo, l'iscrizione di ipoteca giudiziale del provvedimento conclusivo stesso".
In ogni caso, il giudice, nella liquidazione della fase, prosegue il Collegio, "tiene conto, di tutte le attività successive alla decisione e che non rientrano, in particolare, nella fase di cui alla lettera e)".
Nel caso di specie, risulta che all'udienza di conclusioni aveva partecipato un avvocato per delega del difensore dell'appellato, e tale presenza "consente di ritenere maturati i presupposti anche per la liquazione dei compensi per la fase decisionale".
Il ricorso pertanto è rigettato.

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