Caduta sulla Scalinata di Trinità dei Monti, il Comune di Roma non risarcisce
Per la Cassazione (ordinanza n. 29760 depositata oggi) la natura non modificabile del bene monumentale richiede adeguata attenzione nello scendere
Guai a cadere sulla storica Scalinata di Trinità dei Monti a Roma. La natura monumentale, e i conseguenti vincoli manutentivi, richiedono - nello scendere lo scalone settecentesco - quel quid di attenzione in più che può far perdere il diritto al risarcimento. Con questa motivazione, la Cassazione, ordinanza n. 29760 depositata oggi, ha definitivamente bocciato la richiesta di danni per quasi 130mila euro (per omessa custodia) avanzata nei confronti del comune di Roma.
Nell’ormai lontano 2014, scendendo lungo la prima rampa, la ricorrente era caduta rovinosamente, a suo dire a causa dei gradini disconnessi e consumati, lussandosi il gomito sinistro. Dopo l’intervento chirurgico erano comunque residuati postumi permanenti del 22% oltre a 6 mesi di inabilità. Secondo la donna che portava scarpe basse, la scala non subiva interventi da vent’anni ed era scivolosa, nonostante l’assenza di pioggia.
Il comune si era difeso sostenendo che il bene monumentale e vincolato veniva pulito solo mediante acqua a pressione e in orari notturni. Inoltre, il sinistro era avvenuto in condizioni di buona visibilità e su un manufatto sottoposto a continua usura per il calpestio giornaliero, sicché l’attrice aveva posto in essere una condotta incauta integrante il “caso fortuito”. Prima il Tribunale e poi la Corte di appello hanno ritenuto valide le argomentazioni e rigettato le richieste. Contro queste decisioni la donna ha proposto ricorso in Cassazione.
La Terza sezione civile, per prima cosa, ricorda il principio generale in materia. “Quanto più la situazione di possibile danno – si legge - è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”.
E allora, prosegue la decisione, “attesa la naturale staticità” di una “scalinata monumentale, ontologicamente priva di un dinamismo proprio …, nell’interazione tra essa ed un suo fruitore assume un ruolo pregnante la condotta di quest’ultimo”. Sicché va attribuita “determinante rilevanza” alle “condizioni specifiche della cosa” da valutare “in rapporto alle cautele normalmente attese”. Ma su questo fronte nulla è stato allegato: non le foto del punto di caduta, né l’indicazione dei gradini precisi. Inoltre, la donna aveva dichiarato di essere già scesa per la scalinata, che il tempo era bello e che non aveva nessuno davanti.
Nel negare il risarcimento, la Cassazione torna a evidenziare un passaggio della Corte d’appello, in ordine alla mancata prova del nesso causale, e cioè: “le caratteristiche, la natura e la conformazione di una scalinata ben nota - tanto più ai cittadini romani - per la sua rilevanza artistica, storica e turistica e di per sé non intrinsecamente pericolosa”.
Correttamente, dunque, conclude la decisione, la corte di merito ha ritenuto che la condotta della danneggiata aveva integrato un’ipotesi di caso fortuito, basando la propria argomentazione: sia sulla prevedibilità e superabilità, con l’adozione di normali cautele, delle condizioni dei gradini, trattandosi di bene monumentale antico e noto per la propria irregolarità; sia sulla circostanza che il tempo era bello, non aveva piovuto, e la visuale era piena.







