Penale

Carcere duro, non viola il diritto al mantenimento dei legami familiari la rigida cadenza mensile dei colloqui

La finalità del regime di impedire illegittimi scambi di informazioni non può consentire il ravvicinamento degli incontri

di Paola Rossi

Il regime del carcere duro prevede colloqui di persona o telefonici, ma a cadenza prestabilita che l'amministrazione penitenziaria può legittimamente fare ricorrere circa ogni 30 giorni. Ed è legittimo che il detenuto sottoposto al cosiddetto "41 bis" dell'ordinamento penitenziario si veda negare il ravvicinamento di tali incontri anche se la richiesta si fonda sulle difficoltà dei congiunti a recarsi al penitenziario o alla sede dove effettuare i colloqui.

La Cassazione penale - con la sentenza n. 22298/2023 - accoglie il ricorso del ministero della Giustizia contro la decisione del magistrato di sorveglianza che acconsentiva al ravvicinamento dei colloqui ponendone uno a fine mese e quello successivo all'inizio del mese seguente.

In realtà, come conferma la Cassazione, l'amministrazione penitenziaria oltre ad avere un potere autorganizzativo deve rispettare la finalità preminente del regime del carcere duro che è quella di scongiurare il rischio di passaggio di notizie e informazioni in occasione dei colloqui tra familiari e il parente ristretto.

In particolare la Cassazione fa notare che il comma 2 quater dell'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario consentiva al Dap di fissare in circolare che la cadenza degli incontri sia pressoché mensile, rectius "ogni 30 giorni". Secondo i giudici di legittimità la disposizione del regime del carcere duro sulla cadenza dei colloqui tra detenuti e familiari è fondamentalmente giustificata dalla necessità di isolare affiliati ad associazioni a delinquere individuate rispetto alla vita della consorteria cui appartenevano prima di essere ristretti in carcere. Ma soprattutto va ritenuto legittima la rigidità della cadenza mensile che il giudice di sorveglianza è tenuto a riaffermare senza possibilità di intravedere una lesione di un diritto soggettivo del detenuto.
Infatti, una volta garantito il diritto soggettivo al mantenimento dei legami familiari attraverso degli incontri prefissati, l'amministrazione penitenziaria ha diritto a prevedere la tempistica di tali momenti. E la previsione di tale cadenza degrada in capo al detenuto a interesse legittimo raffrontata alle necessità organizzative dell'amministrazione penitenziaria e alle finalità dello specifico regime carcerario.

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