Caporalato, esigenza cautelare della detenzione sussiste in caso di spregiudicato sfruttamento
I connotati della condotta possono ben giustificare la restrizione in carcere nella fase delle indagini poiché il trattamento privo di qualsiasi rispetto, non solo in termini retributivi, depone per l’influenzabilità dei testimoni
Sì alle esigenze cautelari nei confronti di chi sfrutta i lavoratori stranieri irregolari che proprio in ragione della loro condizione sono influenzabili nel’ambito di rapporti di forza quali il caporalato essendo sussistente il rischio di inquinamento probatorio.
Così la Cassazione penale - con la sentenza n. 24298/2025 - ha confermato i presupposti della misura cautelare personale della detenzione per l’imputato ex articolo 603 bis del Codice penale del reato di intermediazione illecita e sfruttamento di lavoratori. Il ricorrente era accusato di sfruttare stranieri indiani privi del permesso di soggiorno, sottopagati, impiegati ben oltre il normale orario di lavoro per gli agricoli, privati dei dovuti riposi e permessi, non formati e lasciati esposti a ogni pericolo vista l’assenza di qualsiasi requisito in ambito di sicurezza lavoro.
Riguardo alla paga questa veniva corrisposta in misura di 5,50 euro all’ora mentre gli importi minimi previsti per gli operai agricoli nella provincia era superiore a 7 euro per contratti a tempo indeterminato e di 10, 25 euro nel caso di tempo determinato. Inoltre, non venivano pagate le ore di straordinario, i giorni festivi così come le domeniche lavorate in particolare nei periodi di maggiore lavoro (dalla primavera sino all’autunno).
Mancava poi il rispetto dei tempi di pausa oltre alla sostanziale violazione della normativa sull’orario di lavoro, considerato che i braccianti lavoravano otto ore al giorno per sei giorni, quindi per 48 ore settimanali, a fronte delle 39 previste per la categoria.
Ulteriori illegalità dimostravano la sostanziale mancanza di umanità e rispetto del datore di lavoro e la conseguente sottomissione alle sue imposizioni dei braccianti oggetto dei rapporti di caporalato. Da cui deriva il rischio di inquinamento probatorio per la prevedibile ipotesi in cui il capo avrebbe potuto sottoporre a indebite pressioni i lavoratori, che ormai avevano assunto il ruolo di testimoni nella vicenda. E a tal proposito i giudici rilevano - come indice di attualità del pericolo -la circostanza che uno degli stranieri irregolari avesse già se non ritrattato, ammorbidito, le accuse verso il ricorrente. In effetti, i prestatori d’opera - oltre al ricatto economico - erano stati privati anche delle condizioni minime di salubrità del luogo di lavoro: l’assenza di bagni (i lavoratori hanno dichiarato che alcune toilette erano presenti nel pressi del magazzino, ma erano sprovvisti di servizi igienici quando lavoravano nel campi) e di luoghi per il cambio di vestiti e di docce o rubinetti per lavarsi.
Con riguardo allo sfruttamento della situazione di bisogno dei lavoratori, si è attribuito rilievo al fatto che si trattava di indiani senza permesso di soggiorno bisognosi di lavorare, che erano stati assunti a seguito di un colloquio, senza che nulla fosse precisato con riferimento alle modalità di lavoro, agli orari e alla paga, ritenuto ulteriore indice della condotta di approfittamento.