Lavoro

Casse professionali, prescrizione decennale se il credito non è liquido ed esigibile

Lo ha deciso la Cassazione, sentenza n. 2025, con riguardo al contributo di solidarietà

di Francesco Machina Grifeo

In materia di previdenza obbligatoria – nel caso quella gestita dalla Cassa dei commercialisti - la prescrizione quinquennale (art 2948, n. 4, c.c. e art. 129 del r.d.l. n. 1827 del 1935) richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato. Ragion per cui ove sia contestato l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale (art. 2946 c.c.). Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3900/2025, in una causa che verteva sulla richiesta di restituzione delle trattenute operate sulla pensione dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti a titolo di contributo di solidarietà.

Su tale specifica questione , la Corte ha poi ribadito che «gli enti previdenziali privatizzati […] non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore».

Tornando alla questione della prescrizione che la Cassa riteneva quinquennale e non decennale, la Corte ha poi accolto il quinto motivo di ricorso dove, in subordine, si chiedeva di accertare la prescrizione ultradecennale per una porzione del periodo, quello precedente al 26 luglio 2014.

Per la Suprema corte il motivo è fondato. La sentenza impugnata – affermano i giudici - ha confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva fatto decorrere la prescrizione dalla data di deposito del ricorso e cioè dal 26/06/2009 e non dalla data della sua notifica e cioè dal 26/07/2009. Secondo l’orientamento maggioritario, tuttavia, “perché si produca l’effetto interruttivo della prescrizione è necessario che il debitore abbia conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) dell’atto giudiziale o stragiudiziale del creditore, sicché tale effetto, in ipotesi di domanda proposta nelle forme del processo del lavoro, non si realizza con il deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice adito, ma con la notificazione dell’atto al convenuto”.

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