Lavoro

Legittimo il licenziamento basato sul report dell’agenzia di investigazione

L’agenzia esterna può controllare i comportamenti illeciti del lavoratore, suscettibili di rilievo penale o, comunque, idonei a raggirare il datore di lavoro e a ledere il patrimonio aziendale

di Giampaolo Piagnerelli

In tema di controlli a distanza dell’attività dei lavoratori, rientra nei poteri del datore di lavoro avvalersi di agenzie investigative, ove l’attività di indagine sia esercitata in luoghi pubblici e non sia diretta a verificare le modalità di adempimento dell’obbligazione lavorativa bensì ad accertare comportamenti illeciti del lavoratore, suscettibili di rilievo penale o, comunque, idonei a raggirare il datore di lavoro e a ledere il patrimonio aziendale ovvero l’immagine e la reputazione dell’azienda all’esterno”. Questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione con la sentenza n. 30821/25.

La vicenda

Venendo ai fatti la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della domanda del lavoratore ricorrente intesa all’accertamento della illegittimità/nullità del licenziamento per giusta causa intimatogli da un Consorzio pugliese sulla base di contestazione che ascriveva al dipendente di avere, in tre occasioni, durante il turno di guardia, fermato l’autovettura e stazionato all’interno di essa laddove dal rapporto di servizio redatto dal ricorrente medesimo risultava invece che nella stessa fascia oraria il lavoratore si era recato in località differenti. Inoltre la Corte di merito, ha convenuto con il giudice di prime cure sulla legittimità dell’attività investigativa posta in essere dall’agenzia a tal fine incaricata dal Consorzio in quanto il “controllo” era diretto all’accertamento di condotte illecite diverse dal mero inadempimento della prestazione lavorativa e sul fatto che le condotte ascritte avevano trovato riscontro nel compendio probatorio e in particolare nella deposizione testimoniale resa dagli investigatori dell’agenzia incaricata.

Le conclusioni della Cassazione

In conclusione la Corte di cassazione, in linea con i giudici di merito, ha confermato, anche alla luce di precedenti disciplinari per fatti analoghi sanzionati con misura conservativa, la sussistenza della giusta causa di licenziamento e ha escluso il dedotto carattere ritorsivo della condotta datoriale.

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