Società

Concordato liquidatorio semplificato, obbligo di disclosure su azioni revocatorie, risarcitorie e restitutorie

Il Tribunale può invitare l’imprenditore a chiarire l’esistenza di presupposti per esperire le azioni nell’alternativa alla liquidazione fallimentare

di Giuseppe Acciaro e Alessandro Turchi


Nella valutazione della ritualità della proposta di concordato liquidatorio semplificato, sotto il profilo della sussistenza della buona fede nelle trattative, il Tribunale può invitare l’imprenditore a chiarire l’esistenza di presupposti per l’esperimento di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell’alternativa fallimentare, prescrivendo all’esperto di pronunciarsi in proposito. Così, con uno dei primi provvedimenti sul nuovo istituto concorsuale, si è espresso il Tribunale di Ivrea con decreto del 27 maggio 2022 (si veda anche il precedente articolo «Crisi d’impresa, piena disclosure nel concordato»).

Il concordato liquidatorio semplificato

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta una significativa novità nel nostro ordinamento concorsuale, introdotta dal decreto legge 118/2021 e trasposta nel Codice della crisi dal decreto di recepimento della Direttiva Insolvency (decreto legislativo 83/2022). L’istituto si pone come possibile sbocco non contrattuale del percorso di composizione negoziata della crisi che si è concluso con esito negativo delle trattative tra l’imprenditore e le parti interessate.

Tra le condizioni di ammissibilità, oltre alla sussistenza di buona fede e correttezza nelle trattative, il legislatore prevede che la proposta non debba arrecare pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa fallimentare. L’assenza di pregiudizio è assicurata se il trattamento proposto ai creditori non è meno conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare.

Ne discende che la valutazione d8i convenienza debba incentrarsi sul raffronto tra il presumibile ricavato realizzabile in attuazione della proposta di concordato semplificato con quello conseguibile nell’alternativa liquidazione fallimentare. A tal fine, entrano in gioco anche le utilità che si possono attendere da eventuali azioni revocatorie e di responsabilità esperibili nel corso della procedura fallimentare.

Il caso

Nel caso esaminato dal Tribunale di Ivrea, l’imprenditore ha presentato proposta di concordato semplificato, basata sull’alienazione di un ramo d’azienda a un’altra impresa (già individuata nell’attuale affittuaria, che ha anche presentato un impegno irrevocabile all’acquisto dello stesso), l’alienazione degli altri assets aziendali, l’incasso dei crediti e l’apporto di finanza esterna. Queste ultime risorse sono volte al soddisfacimento dei creditori chirografari nella misura dell’1,6 per cento.

Ammissione, buona fede e disclosure

I giudici ritengono che, per verificare la sussistenza della correttezza e della buona fede nelle trattative con i creditori durante il percorso della composizione negoziata, occorre accertarsi che questi siano stati effettivamente posti nelle condizioni di valutare la convenienza della proposta rispetto all’alternativa fallimentare, in cui una parte consistente, ancorché aleatoria e ipotetica, dell’attivo può derivare da eventuali azioni teoricamente esperibili nella procedura fallimentare.

Nel caso in esame, l’imprenditore non ha fornito una adeguata disclosure sulla fattibilità di tali azioni. Pertanto, il Tribunale invita l’imprenditore a chiarire se sussistano i presupposti per esperire azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell’alternativa fallimentare.

I giudici, in particolare, da un lato, prescrivono che l’esperto, nel valutare con proprio parere i presumibili risultati della liquidazione, si pronunci sull’esperibilità di tali azioni e, dall’altro, nominano l’ausiliario per vagliare e verificare i risultati della liquidazione stessa.

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