Contraddittorio non perfezionato: si discute ancora
La vexata quaestio del diritto al contraddittorio preventivo è tutt’altro che risolta; ne è riprova la sentenza 30/03/2018 della Ctp di Vicenza (presidente e relatore Tomaselli), la quale, a più di due anni dalla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione (la 24823/2015), che aveva attenuato il principio stabilito, un anno prima, dalla sentenza 19667/14, ha sanzionato la mancata attivazione, annullando l’accertamento.
La questione
La vicenda trae origine da un controllo incrociato, in esito al quale l’agenzia delle Entrate aveva contestato, a una Srl, l’indebita deduzione di costi, ritenuti inesistenti.
In sede di ricorso, la società formulava una serie di contestazioni, tra le quali, appunto, la mancata convocazione preventiva, dal momento che l’ufficio aveva proceduto direttamente alla notifica dell’atto.
L’Agenzia si era costituita in giudizio, sostenendo che, in casi come questo, non vi sarebbe l’obbligo di redigere un Pvc e, a monte, che non esisterebbe alcun obbligo generalizzato al contraddittorio.
La sentenza
La commissione, ripercorrendo, con un ampio excursus, i precedenti – sia normativi che giurisprudenziali - di matrice comunitaria, ha incentrato il proprio iter argomentativo sulla lesione dei diritti costituzionali, che deriverebbe dal mancato coinvolgimento del contribuente alla formazione della pretesa. In particolare, i giudici hanno posto l’accento sui profili partecipativi contenuti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantiscono, a ciascun cittadino, il diritto a essere ascoltato prima che venga adottato, nei suoi confronti, un provvedimento anche solo potenzialmente lesivo.
Il collegio, quindi, ha ricordato la celebre sentenza Sopropè, con cui la Corte di giustizia ha stabilito che il diritto al contraddittorio forma parte integrante del diritto di difesa e, al contempo, fornisce una concreta esplicazione della garanzia a una buona amministrazione.
Sulla scorta di questi precedenti, i giudici hanno evidenziato che la norma statutaria, contenuta nell’articolo 12, settimo comma, della legge 212/2000, consente di dare attuazione, nel nostro ordinamento, ai principi comunitari e, pertanto, permette al cittadino-contribuente di poter esplicitare le proprie ragioni.
In questa cornice, la Ctp ha rilevato che la società ricorrente, se opportunamente preavvisata dall’ufficio finanziario, avrebbe potuto controdedurre già nella fase procedimentale, prevenendo, se del caso, l’emissione dell’accertamento.
Il riferimento - operato dai giudici - a quanto era stato effettivamente dedotto in giudizio, sembra ottemperare alla clausola ostativa contenuta nella sentenza 24823/15, con la quale le Sezioni unite hanno imposto la dimostrazione delle ragioni che si sarebbero rappresentate in caso di attivazione del contraddittorio, pena l’irricevibilità della domanda.
Questo del contraddittorio continua a formare argomento delle pronunce di legittimità: la Cassazione, da ultimo, ha ribadito che l’obbligo non sussiste, in caso di tributi non armonizzati, solo per gli accertamenti a tavolino e, cioè, per quelli derivanti da verifiche effettuate presso la sede degli uffici, in base alle notizie acquisite da altre pubbliche amministrazioni, da terzi ovvero dallo stesso contribuente, mediante questionari o colloqui (ordinanza 998/2018).
Ctp di Vicenza, sentenza 30/03/2018