Debiti senza patrimonio: è legittimo l’avvio della procedura di liquidazione controllata con aiuti esterni?
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale conferma che la liquidazione controllata può essere aperta anche senza patrimonio, se sorretta da un apporto esterno certo, tracciabile e irrevocabile
La liquidazione controllata, disciplinata dagli artt. 268 ss. del D.lgs. 14/2019 (Codice della crisi e dell’insolvenza, di seguito CCII), rappresenta la procedura destinata ai debitori civili e professionisti non fallibili, finalizzata alla liquidazione del patrimonio del debitore e alla sua esdebitazione.
Negli ultimi anni è emerso un tema centrale: è possibile aprire la procedura anche in assenza di beni, grazie a finanziamenti o apporti esterni provenienti da terzi?
L’attivo e il principio dell’art. 2740 c.c.
Il principio secondo cui “il debitore risponde delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” (art. 2740 c.c.) non implica necessariamente la presenza di un patrimonio iniziale. L’art. 268 CCII, nel disciplinare i presupposti di accesso alla liquidazione controllata, non richiede un attivo immediatamente disponibile, ma ammette anche l’esistenza di beni futuri o di apporti esterni, purché destinati in modo vincolato alla procedura.
La funzione dell’istituto resta quella di garantire la soddisfazione, anche parziale, dei creditori e di consentire al debitore meritevole la liberazione dai debiti residui (art. 278 CCII).
Evoluzione della giurisprudenza in tema di liquidazione controllata senza attivo
Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha mostrato una crescente apertura verso l’ammissibilità della liquidazione controllata anche in assenza di un patrimonio attivo, purché vi sia un apporto esterno che presenti caratteristiche di concretezza, tracciabilità e irrevocabilità.
Un primo segnale in tal senso proviene dal Tribunale di Nola, che, con decreto del 12 dicembre 2023, ha accolto un’istanza fondata su un contributo familiare vincolato alle spese procedurali. Il giudice ha ritenuto tale apporto sufficiente a soddisfare la condizione del minimo attivo richiesto per l’apertura della procedura.
Sulla stessa linea si pone la Corte d’Appello di Torino, la quale, con sentenza del 27 agosto 2024, ha affermato che anche la presenza di un solo credito, o la prospettiva di redditi futuri, può legittimare l’apertura della procedura, a condizione che l’attivo atteso sia “serio e verificabile”.
Di particolare rilievo è la sentenza n. 100 del 4 agosto 2025, ancora del Tribunale di Nola, che ha enunciato un principio chiaro: la liquidazione controllata può essere avviata anche in totale assenza di beni, se un terzo si impegna a mettere a disposizione – con vincolo irrevocabile – somme destinate al pagamento dei costi della procedura e, almeno in parte, al soddisfacimento dei creditori. La pronuncia ha riscosso ampi consensi in dottrina, che l’ha qualificata come un punto di svolta, soprattutto per l’enfasi posta sul valore solidaristico dell’istituto e sull’importanza di una verifica rigorosa circa la provenienza e la tracciabilità dell’apporto esterno.
A conferma di questo orientamento, si segnalano anche le Linee guida del Tribunale di Spoleto (2025) e il Vademecum ODCEC Perugia (2024), che considerano legittimo l’intervento di terzi quando destinato esclusivamente alla soddisfazione della massa creditoria, purché formalizzato tramite atto scritto o deposito vincolato.
Caratteri e qualificazione dell’apporto esterno nella liquidazione controllata
All’interno delle procedure di liquidazione controllata, l’apporto esterno assume un ruolo sempre più centrale, specialmente nei casi in cui il debitore risulti privo di patrimonio. La prassi operativa ha consolidato una distinzione tra due differenti tipologie di intervento economico da parte di terzi:
1. Apporto integrativo, destinato ad alimentare la massa attiva disponibile per i creditori. In quanto parte del patrimonio liquidabile, tale somma viene sottoposta a riparto secondo le regole ordinarie della procedura.
2. Apporto strumentale, finalizzato esclusivamente alla copertura dei costi procedurali e dei compensi del liquidatore. Non essendo destinato al soddisfacimento diretto dei creditori, non entra nella massa attiva, ma ne consente l’effettivo funzionamento.
Indipendentemente dalla finalità, l’apporto esterno deve rispondere a specifici requisiti sostanziali e formali: tracciabilità, irrevocabilità e liceità della provenienza. A tal fine, è necessario fornire una prova documentale dell’effettiva disponibilità delle somme, mediante strumenti come depositi vincolati, atti formali di impegno oppure fideiussioni irrevocabili.
Spetta all’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) verificare e attestare la correttezza dell’apporto, nonché la sua coerenza con le finalità della procedura. Tale attività di controllo è essenziale per garantire la trasparenza e, soprattutto, il rispetto della par condicio creditorum
Rischi e limiti applicativi
Il principale rischio consiste nell’uso distorto dell’apporto esterno per favorire il debitore o taluni creditori. Per evitare ciò, la giurisprudenza impone trasparenza e irrevocabilità del contributo, pena l’esclusione dall’attivo o il rigetto dell’istanza.
La sentenza del Tribunale di Nola 100/2025 sottolinea inoltre che l’intervento del terzo deve essere “neutro e funzionale al buon esito della procedura”, escludendo qualsiasi vincolo restitutorio o condizione sospensiva.
Indicazioni operative per la domanda
L’istanza di apertura dovrebbe contenere:
• relazione OCC con stima dei debiti e attestazione della meritevolezza;
• contratto di apporto esterno o dichiarazione unilaterale vincolata alla procedura;
• prova del deposito o della fideiussione;
• richiesta di ammissione dell’apporto alla massa attiva.
• È consigliabile prevedere una clausola di subordinazione, che consenta al liquidatore di verificarne la validità e l’effettiva disponibilità.
Conclusioni
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale conferma che la liquidazione controllata può essere aperta anche senza patrimonio, se sorretta da un apporto esterno certo, tracciabile e irrevocabile.
L’orientamento inaugurato dal Tribunale di Nola n. 100/2025 e consolidato dalle pronunce coeve rappresenta un passo decisivo verso una lettura “inclusiva” della procedura, coerente con la funzione sociale dell’esdebitazione e con i principi di efficienza e tutela dei creditori.
Resta auspicabile un intervento ministeriale o un protocollo nazionale che definisca criteri uniformi per la valutazione degli apporti esterni e per la loro contabilizzazione all’interno della procedura.
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*Dott. Comm. Alfredo Cerabino, Studio Cerabino