Penale

Decreto 231, atti da tradurre al legale rappresentante

L’ufficio Gip di Milano: vanno assicurate le medesime garanzie della persona fisica. Quando la società è di diritto estero ma attiva in Italia. Annullato l’atto di contestazione

di Giovanni Negri

Anche alle società, indagate sulla base del decreto 231, devono essere assicurate le medesime garanzie processuali della persona fisica. Ne va del principio costituzionale del giusto processo. Per questo tutti gli atti processuali, se la società è di diritto estero, devono essere tradotti nella lingua del rappresentante legale. Lo sottolinea l’Ufficio Gip del tribunale di Milano con provvedimento del 25 maggio 2022.

Nel caso esaminato, una società con sede legale in Olanda e sede secondaria a Milano, era indagata , con relativa richiesta di rinvio a giudizio, per il reato di corruzione. La difesa dell’ente aveva sollevato eccezione di nullità a causa della mancata traduzione dell’atto di contestazione nella lingua conosciuta dal rappresentante legale, cittadino straniero.

Per il Gip «rappresenta primaria garanzia riconosciuta all’imputato nell’ambito del procedimento penale, in ossequio al dettato costituzionale e alla normativa sovranazionale, la messa a conoscenza , in favore del medesimo, qualora cittadino straniero, degli atti principali del procedimento nella lingua da lui riconosciuta». La persona giuridica deve pertanto essere messa nelle condizioni di esercitare tutte le facoltà previste dall’ordinamento per la propria difesa.

Già, ma quale lingua utilizzare? Esclusa la possibilità di attribuire alla società una lingua madre o una lingua parlata, come già affermato dalla Cassazione, al Gip pare «inevitabile» fare riferimento alla lingua conosciuta dal rappresentante legale o comunque dal preposto alla rappresentanza italiana. Depone in questo senso l’intero sistema della prima notificazione alla persona giuridica responsabile da reato , come risulta dalle disposizioni del decreto 231 del 2001 e dei Codici di procedura, centrato proprio sulla messa a conoscenza dell’atto a favore del rappresentante legale perchè possa esercitare tutte le prerogative riconosciute dalla legge dopo un esame puntuale del contenuto.

A nulla è servito al pubblico ministero opporre invece l’effettiva conoscenza della lingua italiana da parte della società estera, testimoniata dalla effettiva partecipazione alla gara d’appalto oggetto dell’imputazione, redatto il modello indirizzato alla prevenzione dei reati, operato con efficacia nel mercato commerciale italiano. Per il Gip infatti il rappresentante legale della società può comunque assicurarne l’operatività, attraverso il ricorso a collaboratori , malgrado l’assenza di conoscenze linguistiche tali da potergli permettere di comprendere il contenuto anche a elevato tasso tecnico degli atti processuali.

Di conseguenza , l’atto di contestazione dell’illecito amministrativo viene giudicato nullo da parte del Gip, con la conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero.

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