Penale

Società di capitali, socio non legittimato a ricorrere contro il sequestro preventivo

Lo ha confermato la Cassazione con la sentenza n. 16970 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

È inammissibile il ricorso del socio di una società di capitali contro il sequestro cautelare della Srl e del relativo compendio aziendale. Lo ha confermato la Cassazione, con la sentenza n. 16970 depositata oggi, affermando che in un simile caso manca l’interesse concreto a impugnare, non vantando il socio un diritto alla restituzione del “bene”.

Confermata dunque l’ordinanza del Tribunale di Lecce che aveva respinto l’istanza di riesame della misura presentata dal titolare del 16% delle quote sociali. Il sequestro era stato disposto perché gli indagati avrebbero commesso il reato di associazione di stampo mafioso anche attraverso la fittizia intestazione della società.

Per la Terza sezione penale dunque “il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprietà di una società, attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro”.

In tema di legittimazione al riesame reale, spiega la Corte, vengono in rilievo sia le norme generali in materia di impugnazione (in particolare gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), Cpp) che quelle specifiche in materia di impugnazioni delle misure cautelari reali, che, indicando tre categorie di “legittimati” («l’imputato …, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione…»), individuano il genus di persone che avrebbero astratto interesse alla proposizione del riesame o dell’appello.

In altri termini, l’art. 322 Cpp individua le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre gli artt. 568, co. 4, e 591, comma 1, lettera a), Cpp impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale, posto che l’impugnazione è inammissibile quando è proposta da chi non è legittimato o, pur essendolo, non ha interesse.

E allora tornando al caso concreto, la Cassazione osserva che il ricorrente non è il legale rappresentante dell’azienda, e dunque la restituzione non potrebbe mai essere disposta in suo favore. L’insieme dei beni aziendali di una società di capitali, come una Srl, infatti, appartiene alla società che è soggetto munito di autonomia giuridica distinta dalle persone fisiche e/o giuridiche dei soci che compongono la compagine sociale. Dunque, non il socio, ma la società, rappresentata dal suo organo amministrativo, è titolare del patrimonio sociale e dei beni che ne fanno parte.

In definitiva, per la Suprema corte avendo il ricorrente agito in proprio quale socio e non essendo comunque l’attuale legale rappresentante della S.r.l., “è carente di interesse in ordine all’annullamento del decreto di sequestro preventivo”. E questo perché, ripete la decisione, l’interesse tutelato è volto alla reintegrazione patrimoniale di chi abbia subito l’imposizione del vincolo. Mentre, nel caso specifico, anche in caso di accoglimento, il compendio aziendale andrebbe restituito alla società S.r.l. e non già al ricorrente, con la conseguenza che manca l’interesse al gravame.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©