Divieto di gold plating nel segno della semplificazione
E’ imposto al governo, quale criterio direttivo di base, il rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
L'articolo 32 citato elenca, infatti, i principi e i criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea.
Il divieto di “gold plating” - Tra gli altri, mette conto per il suo rilievo di essere richiamato il principio per cui gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse. Principio questo che poi la legge delega riprende e detta espressamente, quale invero primo criterio direttivo specifico alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 1, in termini di «divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, come definiti dall'articolo 14, commi 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246 ».
Si tratta del cosiddetto divieto di “gold plating” secondo cui, nel recepimento delle nuove direttive, è necessario procedere a una revisione e a una semplificazione della disciplina nazionale anche al fine di eliminare le regole più restrittive rispetto a quelle europee, non giustificate dalla tutela di interessi pubblici. La Commissione europea definisce il recepimento gold plating come « quella tecnica...che va al di là di quanto richiesto dalla normativa europea pur mantenendosi entro la legalità. Gli Stati membri hanno ampia discrezionalità in sede di attuazione delle direttive comunitarie. Essi possono aumentare gli obblighi di comunicazione, aggiungere i requisiti procedurali, o applicare regimi sanzionatori più rigorosi. Se non è illegale, il gold plating è di solito presentata come una cattiva pratica, perché impone costi che avrebbero potuto essere evitati ». La lettera a) in esame fa dunque riferimento all'articolo 14, commi 24-ter e 24-quater, della legge 246/2005, che definisce tali livelli.
Costituisce così livello di regolazione superiore a quello minimo richiesto dalle direttive l'introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l'attuazione delle direttive o ancora l'estensione dell'ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari e così l'introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l'attuazione delle direttive. In maniera logicamente complementare, il comma 24-quater impone all'amministrazione di dare conto delle circostanze eccezionali in relazione alle quali si rende necessario il superamento del livello minimo di regolazione europea.